Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12544 del 17/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 17/06/2016, (ud. 18/03/2016, dep. 17/06/2016), n.12544

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in Roma, via, presso lo

studio dell’avv., rappresentato e difeso dall’avv. per procura

speciale in calce al ricorso che dichiara di voler ricevere le

comunicazioni relative al processo al fax n. e alla p.e.c.;

– ricorrente –

nei confronti di:

Sa.Ta., elettivamente domiciliato in Roma, via, presso lo

studio dell’avv., rappresentato e difeso dall’avv., giusta procura

speciale a margine del controricorso che dichiara di voler ricevere

le comunicazioni relative al processo al fax n. e alla p.e.c.;

– controricorrente –

avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Aosta il 26 agosto 2014

nel procedimento n. 1088/14;

Rilevato che in data 25 gennaio 2016 è stata depositata relazione ex

art. 380 bis c.p.c. che qui si riporta.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

1. I coniugi S.A. e Sa.Ta. si sono separati consensualmente il 5 marzo 2014 e la separazione è stata omologata dal Tribunale di Aosta il 25 marzo 2014. Nel verbale di separazione le parti hanno previsto che l’immobile di proprietà comune sito in Chatillon via Tornafol 15 b, venisse venduto dalla Sa. allo S. al prezzo di 99.500 Euro di cui Euro 10.000 in sede di sottoscrizione del verbale di separazione e la differenza contestualmente all’erogazione di mutuo bancario e comunque entro il termine essenziale di 40 giorni dalla omologazione della separazione.

Dopo aver pagato la somma di 10.000 Euro S. ha omesso di pagare il saldo del prezzo anche dopo la ritardata concessione del mutuo.

2. Sa.Ta. ha provveduto pertanto a notificare allo S. il verbale di separazione e il pedissequo decreto di omologa e contestualmente a intimare con atto di precetto del 9 luglio 2014 il pagamento della somma di 85.104,83 Euro.

3. S.A. ha proposto opposizione al precetto per inesistenza/insussistenza del titolo, di cui ha chiesto la sospensione, inaudita altera parte, dell’efficacia esecutiva.

Il Giudice dell’opposizione ha sospeso con ordinanza del 23 luglio 2014 l’efficacia esecutiva del titolo.

4. Sa.Ta. ha proposto reclamo avverso l’ordinanza e il Tribunale di Aosta, all’udienza del 26 agosto 2014, ha revocato l’ordinanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo e ha condannato S.A. al pagamento delle spese processuali. Ha rilevato il Tribunale che le statuizioni contenute nel verbale di separazione omologato costituiscono titolo esecutivo tant’è che la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 2818 c.c. nella parte in cui non prevede che il verbale di separazione consensuale omologato costituisca titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.

5. Ricorre per cassazione S.A. avverso il provvedimento di revoca emesso dal Tribunale di Aosta deducendo: “Inammissibile e illegittima applicazione del rimedio del reclamo -Impugnativa ordinanza del giudice del merito – Infondatezza dei motivi e presupposti oggetto del reclamo – Spese legali – Violazione o falsa applicazione di norme di diritto – Omessa e comunque insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia –

Art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5. Il ricorrente in sostanza deduce che lo strumento del reclamo esperito dalla controparte e accolto dal Tribunale di Aosta è contrario ai principi cardine del codice di rito e come tale non può essere ritenuto legittimo.

6. Si difende con controricorso Sa.Ta. ed eccepisce l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso sotto vari profili.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

Che:

7. Le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente sono fondate. In primo luogo deve ribadirsi che è inammissibile, sia nel regime dell’art. 624 c.p.c. come riformato dalla L. 24 febbraio 2006, n. 52, quanto in quello successivo di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, il ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., avverso l’ordinanza che abbia provveduto sulla sospensione dell’esecuzione, nell’ambito di un’opposizione proposta ai sensi degli artt. 615, 617 e 619 c.p.c., nonchè avverso l’ordinanza emessa in sede di reclamo che abbia confermato o revocato la sospensione o l’abbia concessa, trattandosi nel primo caso di provvedimento soggetto a reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., ed in entrambi i casi di provvedimenti non definitivi, in quanto suscettibili di ridiscussione nell’ambito del giudizio di opposizione (Cass. lavoro, n. 1176 del 22 gennaio 2015).

8. Inoltre il ricorso è privo dell’esposizione dei fatti di causa, prescritta ai sensi del combinato disposto dell’art. 371 c.p.c., comma 3 e art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e come tale non rende possibile, nel contesto dell’impugnazione, rinvenire gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalla parti, senza necessità di ricorso ad altre fonti (Cass. civ. sez. 3, n. 18483 del 21 settembre 2015).

9. Il ricorso omette poi l’indicazione delle norme di diritto che ritiene violate o falsamente applicate e ciò lo rende inammissibile perchè quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbono ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. sez. 6^-5, ord. n. 635 del 15 gennaio 2015).

10. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

La Corte condivide la relazione sopra riportata e pertanto ritiene che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 3.600 Euro di cui Euro 200 per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 18 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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