Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12535 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/05/2021, (ud. 10/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12535

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –

Dott. CAPOZZI Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25077-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

D.G.G.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2337/13/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BARI, depositata il 20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE

CAPOZZI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti di una sentenza CTR Puglia, di rigetto dell’appello proposto avverso una sentenza CTP Bari, di accoglimento del ricorso del contribuente D.G.G., titolare di una ditta individuale di intonacatura e stuccatura, avverso un avviso di accertamento IRPEF ed IRAP 2009; entrambi i giudici di merito avevano accolto il ricorso del contribuente, ritenendo che la ripresa a tassazione fatta dall’ufficio di costi per importo complessivo di Euro 41.635,00, non fosse stata adeguatamente motivata.

Diritto

CONSIDERATO

che:

il ricorso è affidato a due motivi;

che, con il primo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione e falsa applicazione D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. c), e art. 42, comma 2; D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6, comma 3, art. 109 TUIR, e art. 2697 e ss. c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto l’attività di accertamento era stata legittimamente svolta dall’ufficio ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973 art. 39, comma 1; l’Agenzia delle entrate ben poteva rideterminare il reddito d’impresa ed il volume di affari del contribuente sulla base di notizie e dati comunque acquisiti, con facoltà di avvalersi anche di presunzioni gravi, precise e concordanti, pur in presenza di scritture contabili formalmente corrette, in quanto, anche in tali ipotesi, era consentito all’ufficio di dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere maggiori ricavi o minori costi sulla base di presunzioni semplici, purchè gravi, precise e concordanti;

nella specie, la ripresa a tassazione aveva avuto ad oggetto l’importo di sei fatture, irritualmente portate in detrazione dal contribuente, siccome riferite a contratti di subappalto privi del consenso del committente; siccome prive di data certa, lacunose e generiche; inoltre i relativi pagamenti esibiti non rispondevano all’importo di ciascuna fattura ed erano in parte avvenuti nel 2010, si che fondatamente era stata contestata l’insussistenza del requisito dell’inerenza dei relativi costi all’attività d’impresa svolta, richiesta dall’art. 109 TUIR, comma 5; peraltro, i riscontri, eseguiti sulle ditte che avevano emesso le fatture in contestazione, erano stati negativi, essendo emerso che i titolari di due ditte (la ditta D.G.M. e la ditta C.G. Intonaci di P.C.S.) erano evasori totali e che un’altra ditta aveva dichiarato redditi incompatibili con gli importi delle fatture emesse;

che, con il secondo motivo di ricorso, l’Agenzia delle entrate lamenta violazione art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4, e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per essere la motivazione della sentenza impugnata apparente ed inesistente, non consentendo essa di individuare la ratio decidendi della pronuncia; invero la CTR aveva genericamente affermato che tutti i costi contestati dall’ufficio erano stati documentati dal contribuente, senza alcuna specifica confutazione dei molteplici e precisi indizi addotti dall’ufficio per ritenere indeducibili i costi portati dalle 6 fatture contestate;

che il contribuente D.G.G. non si è costituito; che per evidenti motivi di priorità logico-giuridica appare opportuno esaminare preliminarmente il secondo motivo di ricorso, con il quale l’Agenzia delle entrate ha lamentato carenza di motivazione della sentenza impugnata;

che detto motivo di ricorso è fondato;

che, invero, la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 4294 del 2018; Cass. n. 107 del 2015; Cass. n. 13977 del 2019) è concorde nel ritenere che, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza d’appello ben può essere redatta “per relationem” rispetto alla sentenza di primo grado, purchè essa resti autosufficiente e cioè faccia propri i contenuti mutuati dalla sentenza di primo grado e li renda oggetto di autonoma valutazione critica, in modo da consentire la verifica della sua congruenza logico-giuridica; è dunque richiesto che la motivazione non si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento, ma la rielabori con modalità autonome, onde consentire l’individuazione delle ragioni poste a fondamento della decisione;

che, nella specie, la motivazione della sentenza impugnata è affidata alle seguenti parole: “rileva il collegio, concordemente a quanto sostenuto dalla commissione provinciale, che le riprese a tassazione si appalesano prive di sufficiente ed incontrovertibile motivazione, non avendo peraltro l’ufficio posto in dubbio lo svolgimento di attività d’impresa da parte del contribuente anche sul territorio su cui insiste l’immobile in oggetto utilizzato quale foresteria. Anche la documentazione bancaria afferente ai pagamenti effettuati con riferimento alle fatture riprese a tassazione si appalesa sufficiente a confutare la presunzione di assenza di certezza e determinabilità operata dall’ufficio. Contratto e fatture ed ogni costo sostenuto dal D.G. venivano documentati ed allegati al ricorso introduttivo, apparendo le motivazioni d’appello sul punto generiche e prive di riscontro. L’avviso di accertamento risulta privo di adeguata motivazione; non sussistono a carico del contribuente presunzioni gravi, precise e concordanti; il contribuente ha fornito dati attendibili circa la deducibilità dei costi”;

che le parole sopra riportate non costituiscono un adeguato ragionamento valutativo riferibile alla sentenza di primo grado; con esse invero non risultano esaminate le plurime e specifiche censure formulate in appello dall’Agenzia delle entrate per escludere la sussistenza del requisito dell’inerenza dei costi riportati dalle 6 fatture portate in detrazione dal contribuente rispetto all’attività d’impresa svolta, ex art. 109 TUIR, comma 5; invero l’Agenzia delle entrate ha rilevato:

– che le sei fatture anzidette erano riferite a contratti di subappalto, per i quali non era stato esibito il richiesto consenso del committente;

– che dette fatture erano prive di data certa, oltre ad essere lacunose e generiche nella descrizione dei lavori eseguiti;

-che i relativi pagamenti esibiti non rispondevano all’importo di ciascuna fattura ed erano in parte avvenuti nel 2010 e quindi in epoca successiva rispetto all’annualità esaminata (2009);

-che i riscontri eseguiti dall’ufficio sulle ditte che avevano emesso le anzidette sei fatture contestate erano stati negativi, essendo emerso che i titolari di due ditte (la ditta D.G.M. e la ditta C.G. Intonaci di P.C.S.) erano evasori totali e che un’altra ditta aveva dichiarato redditi incompatibili con gli importi delle fatture emesse;

che, pertanto, è da ritenere che la motivazione della sentenza impugnata sia affetta dalle gravi anomalie lamentate, con conseguente sua collocazione al di sotto del c.d. “minimo costituzionale”, inteso come contenuto minimo che deve avere la motivazione, quale componente essenziale ed indefettibile delle sentenze;

che, pertanto, assorbito il primo motivo, va accolto quello in esame; la sentenza impugnata va cassata e gli atti rimessi alla CTR della Puglia in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte, assorbito il primo motivo, accoglie il secondo motivo di ricorso, con riferimento al quale cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 10 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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