Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12530 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. I, 24/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 24/06/2020), n.12530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. r.g. 11398/2019 proposto da:

B.C. (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

Marta Di Tullio, presso il cui studio è elettivamente domiciliato

in Roma, Via Faà Di Bruno n. 15;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro, rappresentato e difeso, ex

lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici in

Roma, Via dei Portoghesi n. 12 è elettivamente domiciliato;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia, depositata in

data 27.10.2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/2/2020 dal Consigliere Dott. Amatore Roberto.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Perugia ha rigettato l’appello proposto da B.C., cittadino del GAMBIA, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa in data 24.10.2017 dal Tribunale di Perugia, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: 1) di provenire dal Gambia; 2) e di essere stato costretto ad abbandonare il suo paese, perchè denunciato da un amico per la sua omosessualità.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, posto che il racconto non era credibile in ragione della natura non circostanziata del narrato e perchè, comunque, non era emerso che le autorità gambiane avessero instaurato un procedimento penale per il reato di omosessualità commesso dal richiedente; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c, del D.Lgs. n. 251 del 2007, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito allo stato di provenienza del richiedente (Gambia), collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, in quanto il Gambia è, ora, una nazione avviata su un percorso democratico volto alla protezione dei diritti fondamentali dei cittadini.

2. La sentenza, pubblicata il 27.10.2018, è stata impugnata da B.C. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, cui il Ministero dell’Interno ha resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della normativa in materia di protezione internazionale, per il mancato riconoscimento dello status di rifugiato e delle ulteriori forme di protezione internazionale ed umanitaria, in riferimento alla situazione interna del Gambia.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, in relazione al diniego della reclamata protezione internazionale e alle valutazioni in ordine alla credibilità del richiedente.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, e art. 4, in relazione al diniego di protezione sussidiaria.

4. Con il quarto mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1 Già il primo motivo è inammissibile in ragione della sua evidente genericità di formulazione e perchè si compone solo di valutazioni di merito in ordine al giudizio sulla pericolosità interna del Gambia, stato di provenienza del richiedente, giudizio quest’ultimo che è inibito alla corte di legittimità.

5.2 Il secondo motivo è anch’esso inammissibile.

Si impugna da parte del ricorrente la valutazione negativa espressa dalla corte di merito in ordine al profilo della sua credibilità, declinando sul punto vizio di violazione di legge.

5.2.1 E’ necessario ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa;

l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).

5.2.2 Orbene, osserva la Corte come, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretenda, ora, un’inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perchè non dedotto nel senso sopra chiarito e perchè comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità.

5.3 I terzo motivo è inammissibile per come formulato.

Il motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, – è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna del Gambia, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato che nel Gambia non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

5.4 I quarto motivo, declinato in relazione al diniego della richiesta di protezione umanitaria è invece inammissibile in ragione della sua evidente genericità di formulazione, non avendo la doglianza neanche individuato e censurato la ratio decidendi della motivazione impugnata.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.200 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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