Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12530 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/05/2010, (ud. 19/02/2010, dep. 21/05/2010), n.12530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. LA TERZA Maura – Consigliere –

Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2950-2009 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, presso la

CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. CHIRILLO

ANTONIO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE in persona del

Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA

CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati FABIANI

GIUSEPPE, PATRIZIA TADRIS, EMANUELE DE ROSE, giusta procura speciale

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 873/2007 della CORTE D’APPELLO di REGGIO

CALABRIA del 18.12.07, depositata il 15/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/02/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO LAMORGESE;

udito per la ricorrente l’Avvocato Rocco Agostino (per delega avv.

Antonio Chirillo) che si riporta agli scritti, chiedendo la

trattazione del ricorso in pubblica udienza.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI che nulla

osserva rispetto alla relazione scritta.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 15 gennaio 2008 la Corte di appello di Reggio Calabria ha confermato la decisione di primo grado che aveva rigettato la domanda avanzata da B.A. nei confronti dell’INPS, e diretta al riconoscimento del diritto all’indennità per astensione obbligatoria in relazione al parto avvenuto il (OMISSIS), in base all’affermata decadenza ai sensi del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 3. Il giudice del gravame ha osservato che la domanda amministrativa per la suddetta indennità, presentata dall’interessata il 28 ottobre 1992, era rimasta senza esito, e che il ricorso in via amministrativa proposto il 4 gennaio 1994 era tardivo, e pur essendo rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria, non valeva però a spostare in avanti il termine per agire in giudizio, con la conseguenza che si era già verificata la decadenza ex art. 47 (come modificato dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384), allorchè il 29 dicembre 1994 la B. aveva depositato il ricorso all’Autorità Giudiziaria.

Per la cassazione della sentenza la soccombente ha proposto ricorso con un motivo.

L’INPS ha resistito con controricorso.

Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione del ricorso in camera di consiglio, è stata redatta relazione ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., poi ritualmente notificata alle parti e comunicata al Procuratore Generale.

Alla relazione ha replicato la ricorrente con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 del 1970, art. 47, commi 2 e 3 (come sostituito dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4 convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1992, n. 438), degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., nonchè vizio di motivazione.

Addebita alla sentenza impugnata di non avere considerato la sospensione, adottata in via cautelativa dall’INPS e comunicata con nota del 29 giugno 1993, della definizione della domanda amministrativa dell’indennità di maternità, sospensione che era stata poi annullata e sostituita con altra successiva del 6 dicembre 1993. La sentenza impugnata è quindi incorsa nel vizio “di omessa corrispondenza tra chiesto e pronunciato, poichè non si è posto il problema degli effetti che la mancanza di decisione INPS sulla domanda, sotto il piano processuale e sostanziale, doveva avere”.

Prima all’esame delle censure, si deve rilevare la tempestività della notificazione del ricorso nei confronti dell’INPS, unico intimato (erroneamente nella relazione è stato indicato in luogo dell’Istituto il Ministero), in quanto eseguita il 15 gennaio 2009 cioè entro l’anno della pubblicazione della sentenza, avvenuta il 15 gennaio 2008 (la diversa indicazione di tale ultima data riportata dall’ufficiale giudiziario nella relata della notificazione del ricorso è dovuta ad una svista se l’atto, in base alla data apposta in calce, è stato redatto il 14 gennaio 2009 e la sua consegna all’ufficiale giudiziario per la notificazione è avvenuta il medesimo giorno 14 gennaio 2009).

Deve essere disattesa pure l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’INPS, risultando adempiute le prescrizioni dettate dall’art. 366 bis cod. proc. civ. ed a nulla rilevando che nello stesso motivo siano denunciati errori di diritto e vizi di motivazione (v. per utili riferimenti Cass. sez. unite 31 marzo 2009 n. 7770).

Il ricorso, sebbene ammissibile, è tuttavia infondato.

Come già rilevato da questa Corte in analoga fattispecie, in controversia concernente l’indennità di maternità per astensione facoltativa (cfr. Cass. 6 marzo 2005 n. 6231), l’iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli non interferisce nè sul dies a quo, nè sulla decorrenza del termine di decadenza cosiddetto sostanziale, previsto dal D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47 come sostituito dal D.L. 19 settembre 1992, n. 384, art. 4 convertito, con modificazioni, nella L. 14 novembre 1992, n. 438, per la proposizione dell’azione giudiziaria volta al riconoscimento del diritto alla prestazione (v. pure Cass. 26 agosto 2003 n. 12498, Cass. 10 gennaio 2008 n. 276).

Si è sottolineato (cfr. da ultimo, in motivazione, Cass. 1 marzo 2010 n. 4896) che tale decadenza ha una sua propria, autonoma disciplina nel citato D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, il quale impone l’esperimento dell’azione giudiziaria entro termini determinati (nella specie, di un anno, trattandosi di prestazione previdenziale a carico della gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti, di cui alla L. n. 88 del 1989, art. 24) e posti in stretto collegamento con i termini del procedimento amministrativo (compresa la fase eventualmente contenziosa) che segue alla istanza dell’assicurato; così che l’inizio del relativo decorso è legislativamente ancorato alla data di comunicazione della decisione del ricorso amministrativo pronunziata dai competenti organi dell’Istituto, ovvero alla data di scadenza del termine stabilito per la pronunzia della predetta decisione, ovvero ancora (per il caso di ricorso amministrativo tardivo o di sua mancata proposizione) alla data di scadenza dei termini prescritti per l’esaurimento del procedimento amministrativo, computati a decorrere dalla data di presentazione della richiesta di prestazione.

E attesa la natura di ordine pubblico della decadenza in questione, restano irrilevanti ai fini del decorso dei relativi termini (così come precisato da Cass. sez. unite 29 maggio 2009 n. 12718) i comportamenti assunti dalle parti, tra i quali rientrano gli atti interlocutori dell’Istituto previdenziale (lettere dell’Istituto con richiesta di ulteriori documenti o comunicazioni circa il futuro pagamento della prestazione o, più in generale, in ordine all’esame della pratica amministrativa, ovvero circa il differimento del pagamento della prestazione per l’asserita necessità di ulteriori accertamenti sulla legittimità dell’erogazione, età), atti e comportamenti che possono legittimare, semmai, azioni risarcitorie ove integranti condotte lesive dei canoni di correttezza e buona fede.

Nè l’omissione nel provvedimento delle indicazioni prescritte dal citato D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, comma 5 costituisce ostacolo al decorso del termine decadenziale (v. la già citata Cass. sez. unite 12718/09).

Il ricorso va perciò rigettato.

La B., sebbene soccombente, resta esonerata dal pagamento delle spese del presente giudizio, ai sensi dell’art. 152 disp. att. cod. proc. civ., nel testo anteriore a quello di cui al D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, modifica qui non applicabile ratione temporis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

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