Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12530 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. II, 08/06/2011, (ud. 06/04/2011, dep. 08/06/2011), n.12530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

F.T.N.A. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA A DEL CASTAGNO 34, presso lo studio

dell’avvocato BELTRANI SERGIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

RUSSO DE LUCA BRUNO;

– ricorrenti –

contro

C.L. C.F. (OMISSIS), C.M. C.F.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA LUIGI

LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato MANCA BITTI DANIELE,

rappresentati e difesi dagli avvocati GRITTI LUIGI, PODAVITTE

ANTONELLA;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 421/2005 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/05/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/04/2011 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;

udito l’Avvocato Manca Bitti Daniele con delega depositata in udienza

dell’Avv. Gritti Luigi difensore dei resistenti che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 27-9-1991 C.M. e C.L. convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia T.N.A.F. chiedendo la risoluzione del contratto stipulato tra le parti con il quale gli esponenti avevano venduto al convenuto per il prezzo di L. 170.000.000 un immobile composto di due appartamenti (di cui uno locato) ed un garage sito in (OMISSIS), deducendo che il F., pur essendo stato invitato ad adempiere a norma dell’art. 1454 c.c., non aveva rispettato i termini di pagamento pattuiti.

Il convenuto costituendosi in giudizio chiedeva la reiezione della domanda eccependo che l’inadempimento contrattuale era imputabile alle controparti, posto che l’appartamento locato era stato liberato soltanto nell’agosto 1987 invece che nel marzo di quello stesso anno come pattuito; inoltre deduceva che, pur avendo versato l’importo di lire 128.000.000, non era riuscito ad ottenere dai venditori nè la consegna del predetto appartamento, nè la fissazione della data per la stipula del rogito notarile.

Il Tribunale adito con sentenza n. 2424/1995, confermata poi dalla Corte di Appello di Brescia con sentenza n. 407/1999 passata in giudicato, accoglieva la domanda proposta dai C. respingendo tutte le eccezioni sollevate dal convenuto.

Con atto di citazione notificato il 1-7-2003 il F. conveniva in giudizio dinanzi alla suddetta Corte territoriale C.M. e C.L. chiedendo revocarsi la sentenza da ultimo citata ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 3; al riguardo assumeva che in data 26-6-2003 il Comune di (OMISSIS), in riscontro ad una richiesta dell’esponente del 10-6-2003, aveva attestato che “per quanto risulta agli atti, a far data dal 21-2-2003 non è stato rilasciato alcun certificato di abitabilità/agilità relativamente all’immobile di cui alla concessione edilizia n. 9/03 del 21-2-2003”; egli sosteneva la decisività di tale documento ai fini del giudizio che lo aveva visto soccombente, perchè dimostrava che l’immobile oggetto della vendita poi dichiarata risolta per inadempimento del F. non era in regola con le norme urbanistiche, ed aggiungeva che, se fosse stato a conoscenza di tale circostanza, avrebbe potuto opporre “in limine” l’inadempimento delle controparti.

M. e C.L. si costituivano in giudizio chiedendo il rigetto della domanda.

La Corte di Appello di Brescia con sentenza del 19-5-2005 ha rigettato la domanda di revocazione.

Per la cassazione di tale sentenza il F. ha proposto un ricorso basato su di un unico motivo cui M. e C.L. hanno resistito con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo formulato il ricorrente censura la sentenza impugnata per aver anzitutto rilevato che la domanda di revocazione era basata su di una eccezione mai proposta nel precedente grado di giudizio alterando così sia il “petitum” che la “causa petendi” di tale giudizio; in realtà non vi era stata alcuna modifica del “petitum”, posto che era stato eccepito anche nel precedente giudizio un inadempimento contrattuale delle controparti, e che vi era stata soltanto una parziale ammissibile modifica della “causa petendi” conseguente all’emergere di un nuovo documento.

Il ricorrente poi sostiene l’irrilevanza dell’affermazione della Corte territoriale secondo cui il documento in questione non preesisteva al giudizio ma era stato formato successivamente ad esso su richiesta dello stesso esponente; infatti quest’ultimo, una volta venuto a conoscenza della dichiarazione del Comune di (OMISSIS) in ordine alla mancata agibilità o abitabilità dell’immobile per cui è causa, si era attivato per far valere giudiziariamente tale circostanza.

Infine il ricorrente assume che, contrariamente al convincimento della sentenza impugnata, nessuna negligenza era ad esso imputabile per non aver avuto conoscenza in precedenza della condizione di irregolarità sotto il profilo edilizio dell’immobile suddetto.

La censura è infondata.

La Corte territoriale ha rilevato che il F. pretendeva la revocazione della sentenza passata in giudicato sulla base di una eccezione mai proposta nel precedente grado di giudizio alterandone così inammissibilmente sia il “petitum” che la “causa petendi”; ha aggiunto che il documento posto a fondamento della revocazione non preesisteva al giudizio, ma era stato formato su richiesta dello stesso F. del 10-6-2003 solo in data 23-6-2003, ed ha infine affermato che non era chiara la causa di forza maggiore che aveva impedito all’attuale ricorrente di procurarsi, durante l’originario giudizio, un certificato che attestasse la pretesa inagibilità/inabitabilità dell’immobile e far valere quindi tale circostanza come eccezione di inadempimento; per tale ragioni ha pertanto respinto la domanda di revocazione.

Il convincimento espresso dalla sentenza impugnata è pienamente condivisibile in quanto conforme ai principi di diritto che regolano la revocazione ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 3.

Sotto un primo profilo, infatti, è indubitabile che in sede di domanda di revocazione il F., deducendo per la prima volta la inagibilità o la inabitabilità dell’immobile acquistato, abbia introdotto una circostanza di fatto che ha radicalmente mutato il “thema decidendum”; in proposito è stato affermato da questa stessa Corte che in tema di revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 3 i documenti il cui rinvenimento consente tale tipo di impugnazione debbono fornire la prova, non potuta fornire nel giudizio conclusosi con la sentenza impugnata, del fondamento di domande ed eccezioni in quel giudizio già formulate, mentre non possono essere presi in considerazione, per il generale divieto di “jus novorum”, ove siano dedotti a fondamento di domande ed eccezioni che non abbiano fatto parte del “thema decidendum” dibattuto nel giudizio stesso (Cass. 11- 11-2002 n. 15801).

Del pari correttamente il giudice di appello ha ritenuto infondata la domanda di revocazione perchè basata su di un documento non preesistente al giudizio, costituendo orientamento consolidato di questa Corte che il presupposto della domanda di revocazione di cui all’art. 395 c.p.c., n. 3 è che il documento decisivo, non potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, preesista alla sentenza impugnata (Cass. 18-5-1996 n. 4610; Cass. S.U. 25-7-2007 n. 16402).

Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per spese e di Euro 3000,00 per onorari di avvocato.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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