Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12529 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. I, 24/06/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 24/06/2020), n.12529

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Presidente –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 11385/2019 r.g. proposto da:

H.S. (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Marta Di

Tullio, presso il cui studio è elettivamente domiciliato in Roma,

Via Faà Di Bruno n. 15;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– resistente –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Perugia, depositata in

data 21.2.2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/2/2020 dal Consigliere Dott. Amatore Roberto.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

CHE:

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Perugia ha rigettato l’appello proposto da H.S., cittadino del Pakistan, nei confronti del Ministero dell’Interno, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Perugia, con la quale erano state respinte le domande di protezione internazionale ed umanitaria avanzate dal richiedente.

La Corte di merito ha ricordato, in primo luogo, la vicenda personale del richiedente asilo, secondo quanto riferito da quest’ultimo; egli ha infatti narrato: di provenire dal distretto di MIRPUR AZAD KASHIMIR e di essere stato costretto a lasciare il paese per le persecuzioni subite da un potente personaggio locale.

La Corte territoriale ha, poi, ritenuto che: a) non erano fondate le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, sub art. 14, lett. a e b, trattandosi di una vicenda personale di carattere familiare, che non rientrava nei presupposti applicativi richiesti dalla normativa disciplinante la protezione internazionale e sussidiaria e non essendo, dunque, rintracciabili atti di persecuzione in danno del richiedente; b) non era fondata neanche la domanda di protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, in ragione dell’assenza di un rischio-paese riferito al distretto di MIRPUR AZAD KASHIMIR di provenienza del richiedente, collegato ad un conflitto armato generalizzato; c) non poteva accordarsi tutela neanche sotto il profilo della richiesta protezione umanitaria, sempre in ragione della natura privata delle violenze subite.

2. La sentenza, pubblicata il 21.2.2019, è stata impugnata da H.S. con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

CHE:

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della normativa in materia di protezione internazionale, per il mancato riconoscimento dello status di rifugiato.

2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5 in relazione al diniego della reclamata protezione internazionale e alle valutazioni in ordine alla credibilità del richiedente.

3. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c, e art. 4, in relazione al diniego di protezione sussidiaria.

4. Con il quarto mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 5, comma 6.

5. Il ricorso è inammissibile.

5.1 Già il primo motivo è inammissibile in ragione della sua evidente genericità di formulazione e perchè non aggredisce la ratio decidendi della motivazione impugnata, in punto di diniego della reclamata protezione internazionale, e cioè la non riconducibilità della vicenda narrata nel paradigma applicativo della normativa dettata in materia di riconoscimento dello status di rifugiato, non essendo stati rintracciati dalla corte di merito atti di persecuzione in danno del richiedente.

5.2 Il secondo motivo è anch’esso inammissibile.

Si impugna da parte del ricorrente la valutazione negativa espressa dalla corte di merito in ordine al profilo della sua credibilità, declinando sul punto vizio di violazione di legge.

5.2.1 E’ necessario ricordare che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa;

l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019). Più precisamente, la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c). Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito (cfr. sempre, Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019).

5.2.2 Orbene, osserva la Corte come, sotto l’egida formale del vizio di violazione di legge, la parte ricorrente pretenda, ora, un’inammissibile rivalutazione del contenuto delle dichiarazioni rilasciate dal ricorrente e del giudizio di complessiva attendibilità di quest’ultimo, profilo che è irricevibile in questo giudizio di legittimità perchè non dedotto nel senso sopra chiarito e perchè comunque rivolto ad uno scrutinio di merito delle dichiarazioni che invece è inibito al giudice di legittimità.

5.3 Il terzo motivo è inammissibile per come formulato.

Il motivo – articolato in relazione al diniego della reclamata protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c, – è inammissibile perchè volto a sollecitare questa Corte ad una rivalutazione delle fonti informative per accreditare, in questo giudizio di legittimità, un diverso apprezzamento della situazione di pericolosità interna del Pakistan ed in particolare del distretto di MIRPUR AZAD KASHIMIR, giudizio quest’ultimo inibito alla corte di legittimità ed invece rimesso alla cognizione esclusiva dei giudici del merito, la cui motivazione è stata articolata – sul punto qui in discussione – in modo adeguato e scevro da criticità argomentative, avendo specificato che nella provincia pakistana sopra ricordata non si assiste ad un conflitto armato generalizzato, tale da integrare il pericolo di danno protetto dalla norma sopra ricordata.

5.4 Il quarto motivo, declinato in relazione al diniego della richiesta di protezione umanitaria è invece inammissibile in ragione della sua evidente genericità di formulazione, non avendo la doglianza neanche individuato e censurato la ratio decidendi della motivazione impugnata.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Per quanto dovuto a titolo di doppio contributo, si ritiene di aderire all’orientamento già espresso da questa Corte con la sentenza n. 9660-2019.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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