Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12528 del 17/06/2016

Cassazione civile sez. III, 17/06/2016, (ud. 09/03/2016, dep. 17/06/2016), n.12528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18424-2013 proposto da:

T. PETROLI SRL (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore dott. T.R., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE, 1, presso lo studio

dell’avvocato ANTONIO VOLANTI, che la rappresenta e difende giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

W.T. SPA in persona del legale rappresentante p.t. sig.

T.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SESTO RUFO 23,

presso lo studio dell’avvocato BRUNO TAVERNITI, che la rappresenta

e difende unitamente agli avvocati MARCO SPAGNUOLO, LUCIO VALERIO

MOSCARINI giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5726/2012 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 15/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2016 dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI;

udito l’Avvocato ANTONIO VOLANTI;

udito l’Avvocato BRUNO TAVERNITI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO GIANFRANCO che ha concluso per l’inammissibilità in

subordine per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza dell’8-17 luglio 2009 il Tribunale di Frosinone, in accoglimento di domande proposte da T. Petroli Srl nei confronti di W.T. S.p.A., dichiarava risolti contratti di fornitura di serbatoi stipulati tra i suddetti per grave inadempimento della convenuta e condannava quest’ultima a risarcire i conseguenti danni subiti dall’attrice, quantificati in 380.473,80 Euro, oltre a interessi, rivalutazione e spese.

Avendo W.T. S.p.A. proposto appello contro tale sentenza, la Corte d’appello di Roma, con sentenza del 9 ottobre-15 novembre 2012, in parziale riforma, riduceva l’importo dei danni a 147.190,22 Euro, oltre a interessi e rivalutazione.

2. Ha presentato ricorso T. Petroli Srl, sulla base di un unico motivo – poi illustrato anche con memoria depositata ex art. 378 c.p.c. – denunciante, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1218 e 1223 c.c., violazione dei principi sul risarcimento del danno patrimoniale da Inadempimento contrattuale e omessa valutazione di prove decisive, per non avere ritenuto il giudice d’appello sussistente il danno da lucro cessante.

W.T. S.p.A. si è difesa con controricorso, e ha depositato anche memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso è inammissibile.

Va premesso che il giudice d’appello ha ritenuto che il gravame fosse fondato, tra le voci di danno contestate, a proposito del danno derivante dalla mancata entrata in funzione dell’opificio realizzato dall’appellata per il periodo corrispondente ai ritardi originati dalla necessità di realizzare e collocare dei nuovi serbatoi. La corte territoriale ha infatti osservato che, dovendo essere il lucro cessante conseguenza immediata e diretta dell’inadempimento ex art. 1223 c.c., l’attore ne avrebbe dovuto provare gli elementi costitutivi, non risultando sufficiente desumerlo, come aveva fatto il giudice di prime cure sulla scorta di una consulenza tecnica, dalla mera differenza tra utili anteriori e posteriori all’inadempimento contrattuale. Al contrario, la corte ha ritenuto sussistenti elementi indiziari nel senso che l’appellato aveva, durante l’attesa dei serbatoi, approfittato di altre occasioni di guadagno, per cui non era incorso in alcun danno qualificabile come lucro cessante.

Come si è visto, il ricorrente appone al suo unico motivo una rubrica idonea a classificarlo nella fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; ma l’effettivo contenuto della doglianza si risolve, in verità, in una valutazione del compendio probatorio alternativa a quella effettuata, nell’espletamento della cognizione di merito che gli è riservata, dal giudice d’appello, ovvero in un inammissibile perseguimento di un terzo grado di merito mediante una valutazione degli esiti probatori da parte del giudice di legittimità, valutazione che sarebbe appunto ineludibile per accertare la fondatezza di un motivo così conformato.

Dopo avere infatti asserito che la corte territoriale avrebbe violato l’art. 1223 c.c. in relazione all’art. 1218 c.c., immediatamente la ricorrente si sposta su un piano direttamente fattuale, adducendo che tale violazione consisterebbe nel non avere ritenuto provato il danno da lucro cessante: non si tratta, quindi, di una violazione di un principio di diritto, bensì di una valutazione del compendio probatorio che ad avviso della ricorrente sarebbe non condivisibile.

La ricorrente sviluppa poi questa immediata impostazione fattuale sostenendo che la corte territoriale avrebbe dovuto avvalersi della prova presuntiva nel senso che i serbatoi sarebbero stati necessariamente utilizzati per attività di deposito e che la loro non disponibilità aveva pertanto cagionato, nel caso in esame, un pregiudizio, indicando come “prova decisiva” una testimonianza (la testimonianza di F.F., direttore generale di Agip Petroli all’epoca dei fatti) e richiamando come elemento favorevole nel senso del lucro cessante anche la posizione che avrebbe assunto lo stesso consulente di parte della W.T. S.p.A., e infine negando che vi fossero state le altre occasioni di guadagno che aveva ritenuto invece sussistenti il giudice d’appello.

Ciò conduce, ictu oculi, il ricorso alla inammissibilità, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione a controparte delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.

Sussistono ex D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello cit. articolo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere a controparte le spese processuali, liquidate in un totale di Euro 10.200, di cui Euro 200 per esborsi, oltre gli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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