Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12527 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. III, 21/05/2010, (ud. 04/02/2010, dep. 21/05/2010), n.12527

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SENESE Salvatore – Presidente –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, LUNGOTEVERE FLAMINIO 46, presso lo studio dell’avvocato GREZ

GIANMARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato BASSANO PAOLO giusta

delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M. TRENTADUE S.R.L. (OMISSIS) in persona del suo legale

rappresentante Sig. S.R., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA XX SETTEMBRE 3, presso lo studio dell’avvocato SASSANI

BRUNO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato CATTANI

GIOVANNI giusta delega in calce al contro ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1042/2004 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 9/3/2004, depositata il 28/06/2004,

R.G.N. 124/A/2002;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/02/2010 dal Consigliere Dott. CHIARINI Maria Margherita;

udite l’Avvocato MICHELE SPROVIERI per delega dell’Avvocato BRUNO

SASSANI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.F., titolare della ditta Immobiliare Piemme, avendo espletato attivita’ di mediazione nell’interesse della s.p.a.

Elia Berti, la conveniva, nel settembre del 1996, dinanzi al Tribunale di Lucca chiedendone la condanna al pagamento della provvigione per le trattative da questa intrattenute, per effetto di detta attivita’, con la Vignale Immobiliare per venderle un’area di 28.000 mq. di proprieta’ della s.p.a. Elia Berti. Specificava che per il compenso, il 23 febbraio 1994 detta societa’ si era, in via transattiva, obbligata a corrispondergli l’1% del prezzo del terreno qualora venisse acquistato dalla Vignale o da qualunque altro soggetto che lo destinasse alla realizzazione di un centro Coop. Poiche’ la Vignale aveva concluso un preliminare per l’acquisto e dal quale poi era receduta perdendo la caparra di L. 500 milioni, chiedeva o l’annullamento, per raggiro, della transazione ove a tale momento il contratto con la Vignale fosse stato gia’ concluso; o la risoluzione per grave inadempimento di detta transazione ai sensi dell’art. 1453 c.c. per malafede ove il preliminare fosse stato concluso successivamente, e la condanna della societa’ Elia Berti a pagargli la provvigione nella misura del 2% “del valore della transazione secondo gli accordi intervenuti”, o nella misura dell’1%, ovvero in percentuale alla caparra di L. 500 milioni.

Il Tribunale rigettava la domanda.

Con sentenza del 28 giugno 2004 la Corte di appello di Firenze rigettava l’appello del P. sulle seguenti considerazioni:

1) era pacifico che non si era conclusa la vendita del complesso immobiliare della societa’ Berti e che era stato concluso un altro accordo, non andato a buon fine, per la cessione alla Vignale dell’intero capitale della Berti, ceduto poi ad altra societa’, non collegata alla Vignale; 2) pertanto il primo giudice aveva escluso la fattispecie di cui all’art. 1755 c.c. perche’ la societa’ Berti, con la cessione delle quote, non aveva trasferito alcunche’, ma era rimasta titolare dei beni, avendo soltanto consentito al mutamento della compagine sociale, affare diverso da quello previsto a seguito dell’attivita’ svolta dal P.; 3) anche a voler ritenere fondata la tesi di costui ; secondo la quale i soci della Berti avevano promesso in vendita alla Vignale Immobiliare il 100% delle proprie quote, scorporate tutte le attivita’ e passivita’ diverse dagli immobili per la cui compravendita egli si era attivato, si’ che oggetto reale della promessa cessione erano gli immobili, simulata dalla cessione di quote per fini fiscali, comunque il contratto non era intercorso con la societa’ Berti, ne’ era provato che i soci di essa avevano incaricato il P. per la cessione delle azioni;

4) la scrittura del (OMISSIS) non era agli atti perche’ mancava il fascicolo del P. che il suo difensore si era riservato di depositare senza poi provvedere; comunque oggetto di essa era il terreno, non la cessione delle azioni, in relazione alla quale nessun valore confessorio poteva attribuirsi a la comparsa conclusionale avversaria la’ dove ammette che se avesse avuto esecuzione l’accordo preliminare del (OMISSIS) della vendita delle azioni della Berti alla Vignale, il P. avrebbe avuto diritto alla provvigione.

Ricorre per Cassazione P.F. cui resiste la M. Trentadue s.r.l. incorporante la Elia Berti & F. s.p.a.. Le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo il ricorrente deduce:

“Violazione e falsa applicazione dell’art. 1754 c.c., dell’art. 1755 c.c., comma 1, e dell’art. 1757 c.c., comma 2. Insufficiente e contraddittoria motivazione sulla applicabilita’ dei principi di diritto esposti nell’atto di appello che rappresentano punto decisivo della controversia”.

E’ incontestato che il P. aveva avuto l’incarico di promuovere la vendita di un complesso immobiliare della Berti e che dopo aver messo in contatto gli amministratori di essa con la societa’ Vignale: fu estromesso dalle trattative e per questo egli non aveva saputo che l’affare si era perfezionato attraverso la promessa di vendita, in data (OMISSIS), delle azioni della Berti alla Vignale Immobiliare, di cui ebbe contezza soltanto in corso di causa. Quindi egli non ha mai chiesto di provare di aver procurato questo diverso contratto, ma la Corte di merito doveva valutare se, per le modalita’ con cui questo era avvenuto, aveva realizzato, sotto il profilo economico, lo stesso risultato perseguito con l’incarico affidato al P.. Percio’ la Corte di merito, che al riguardo ha escluso che l’affare sia riconducibile all’attivita’ del P. perche’ tra le parti che stipularono questo diverso contratto non vi era la societa’ Berti, ha violato il principio di diritto secondo il quale per la provvigione e’ sufficiente l’identita’ dell’affare proposto con quello concluso, non esclusa dalla circostanza che nella stipulazione conclusiva altro soggetto sostituisca quello originario, che rimane debitore della provvigione, purche’ vi sia continuita’ con questo e sempre che vi sia un collegamento con l’attivita’ del mediatore tra le parti originarie, e questo perche’ il concetto di affare va inteso in senso estensivo di modo da essere riferibile a tutte le situazioni in cui l’affare intermediato si risolva in un’ utilita’ patrimoniale prodotta da strumenti giuridici. Infatti la Cassazione ha ravvisato il contratto intermediato in un caso in cui l’incarico di promuovere una vendita immobiliare sia poi stato sostituito da una cessione di azioni della societa’ immobiliare. E poiche’, come risulta dal contratto del luglio 1993, la cessione delle quote sociali della Berti alla Vignale fu uno strumento per cederle, con economia fiscale, i fabbricati ed i terreni considerati nella premessa di tale scrittura e specificati nei patti contrattuali, da utilizzare a fini commerciali, previo scorporo delle passivita’ ed attivita’, tranne il valore del bene immobile e del terreno – art. 1C del contratto – che percio’ era il vero oggetto della cessione alla Vignale Immobiliare, sussiste il diritto alla provvigione, essendovi anche la continuita’ tra il soggetto che partecipa alle trattative e quello che ne prende il posto in sede di stipula negoziale. L’affare con la Vignale fu poi concluso nel novembre 1993 allorche’ questa ritenne perfezionata la promessa di compravendita, dei cui poi recedette nel marzo 1995, fatto che non impedisce il diritto al compenso ai sensi dell’art. 1757 c.c., tanto piu’ che i soci cedenti incamerarono L. 500 milioni.

E’ dunque irrilevante che dopo la risoluzione del rapporto i soci della societa’ Berti abbiano ceduto le quote alla Mercatone Uno Services e alla Partecipazioni Generali s.r.l..

Il motivo e’ fondato.

Per principio consolidato di questa Corte l’affare – da intendersi nel senso di qualsiasi operazione economica generatrice di un rapporto obbligatorio – deve ritenersi concluso, per effetto della “messa in relazione” da parte del mediatore, quando si costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna delle parti di esso ad agire per la esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno, si’ che al fine di riconoscere al mediatore i diritto alla provvigione, e’ sufficiente che la sua attivita’ costituisca l’antecedente necessario per pervenire, anche attraverso fasi e atti strumentali, alla conclusione dell’affare, e pur se le parti originarie sostituiscano se’ ad altri nell’operazione conclusiva, ovvero una parte sia receduta dal preliminare (Cass. 15161 e 20549/2004, 8126/2009).

Pertanto, incontestato che il P. abbia messo in relazione la societa’ Berti e la societa’ Vignale e accertato – punto 1 della motivazione della sentenza impugnata, riassunta in narrativa – dai giudici di appello che e’ stato concluso un accordo tra dette parti, ancorche’ avente ad oggetto la cessione dell’intero capitale sociale della Berti — ma con esclusione delle passivita’ attivita’, ad eccezione in relazione a queste, del valore del bene immobile e del terreno – e’ sorto il diritto del P. alla mediazione non costituendo fatti impeditivi al suo riconoscimento ne’ il successivo recesso della Vignale, ne’ la circostanza che l’affare sia poi stato definitivamente concluso con altro soggetto.

2.- Con il secondo motivo il ricorrente deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. Omessa e/o insufficiente e contraddittoria motivazione circa le evidenze processuali e circa la rilevanza dell'”atto di transazione del (OMISSIS) che rappresentano punto decisivo della controversia”.

La transazione con cui la Berti si obbligava a pagare la provvigione al P. qualora si fosse venduto il complesso immobiliare destinato a realizzare un centro commerciale, significa che detta societa’ sapeva che l’affare si poteva realizzare mediante la cessione delle quote sociali avendo gia’ stipulato il preliminare, concluso in tal senso, sette mesi prima e poiche’ i contratti, ai sensi dell’art. 1366 c.c. devono interpretarsi secondo buona fede, significa che almeno l’1%” di provvigione doveva esser corrisposto al P..

Con il terzo motivo il medesimo deduce: “Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. Insufficiente e contraddittoria motivazione circa la rilevanza delle ammissioni contenute nella comparsa conclusionale in appello dell’appellante incidentale in merito al contenuto obbligatorio dell’atto di transazione del (OMISSIS), costituente punto decisivo della controversia”.

La Berti, riconoscendo il contenuto della transazione, aveva ammesso che essa avrebbe avuto esecuzione purche’ avesse trovato esecuzione l’accordo con la Vignale del luglio 1993, ancorche’ su basi diverse da quelle iniziali, e cioe’ mediante la cessione di quote e non piu’ mediante la vendita immobiliare. Ma ai sensi dell’art. 1757 c.c. il recesso della Vignale non fa venir meno il diritto alla provvigione.

Tali ammissioni del difensore costituiscono elementi indiziari, da valutare unitamente al comportamento extraprocessuale di accordo transattivo dopo la stipula del preliminare per la cessione delle quote.

3.- Con il quarto motivo il P. deduce: “Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 132 c.p.c. Omessa motivazione e pronuncia sulla domanda incidentale di annullamento ex art. 1439 c.c. o di risoluzione ex art. 1453 c.c. della scrittura del (OMISSIS) con la quale la misura della provvigione veniva riconosciuta in ragione dell’1% e sulle domande subordinate di riconoscerla in ipotesi nella misura dell’1% del valore della transazione secondo gli accordi transattivi intervenuti ovvero ancora, in ultima ipotesi, di riconoscerla in misura percentuale all’entita’ della caparra versata in L. 500 milioni”.

La societa’ Berti in tale scrittura non comunico’ che la Vignale fin dal novembre 1993 aveva rinunciato alla condizione sospensiva scritta nel luglio 1993 ed aveva percio’ perfezionato il preliminare di cessione delle quote cosi’ concludendosi l’affare avviato mediante la mediazione, e quindi sussistono i presupposti per l’annullamento della transazione con cui il P. rinunciava a meta’ provvigione contro il riconoscimento di essa se in futuro l’affare fosse concluso in quanto la reticenza configura il dolo; in ogni caso dovra’ esser dichiarata la risoluzione ai sensi dell’art. 1453 c.c. perche’ la Berti, pur avendo incamerato la caparra, ha disconosciuto l’obbligo di pagare la provvigione, che pertanto gli spetta nella misura del 2% del prezzo L. 12 miliardi della compravendita oltre L. 60 milioni per ogni mese dal primo aprile 1993 al 13 luglio 1993, e cosi’ per un totale di L. 12.240.000.000 e cioe’ L. 293.440.000 piu’ Iva, o L. 146.720.000, o, in via subordinata, sull’importo della caparra.

I motivi sono assorbiti dall’accoglimento del primo motivo.

Pertanto il ricorso va accolto e la causa rinviata per nuovo esame alla luce dei principi innanzi esposti. Il giudice di rinvio provvedera’ altresi’ a liquidare le spese, anche del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Cosi’ deciso in Roma, il 4 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

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