Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12526 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. II, 21/05/2010, (ud. 20/04/2010, dep. 21/05/2010), n.12526

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

REG LOMBARDIA in persona del Presidente pro tempore della Giunta

Regionale F.R., elettivamente domiciliato in ROMA,

LARGO MESSICO 7, presso lo studio dell’avvocato TEDESCHINI FEDERICO,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati GALLONETTO

SABRINA, VIVONE PIO DARIO;

– ricorrente –

contro

COMILAT SCARL in persona del legale rappresentante pro tempore

B.E. anche in proprio, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DI VILLA GRAZIOLI 5, presso lo studio dell’avvocato

TONACHELLA AMEDEO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato TOMASELLI FABRIZIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1485/2004 del TRIBUNALE di BRESCIA, depositata

il 17/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/04/2010 dal Consigliere Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio;

udito l’Avvocato CONTICIANI Paola con delega depositata in udienza

dell’Avvocato TEDESCHINI Federico, difensore del ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La societa’ cooperativa a r. l. Comilat in persona del suo legale rappresentante B.E. e quest’ultimo in proprio proponevano opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento n. (OMISSIS) della Regione Lombardia per illecito amministrativo in materia di applicazione de regime delle quote latte di cui alla L. n. 468 del 1992 per il periodo 1998/1999 con irrogazione della sanzione amministrativa di Euro 15.000,00 per violazione della L. 26 novembre 1992, n. 468, art. 5, commi 3 e 4 non essendo stato rispettato, in relazione all’acquisto di latte dai produttori, “obbligo di effettuare sul prezzo del latte la trattenuta supplementare o di acquisire idonee forme di garanzia nei confronti dei produttori i quali avevano consegnato latte in eccesso rispetto alle quote ai medesimi assegnate.

La Regione Lombardia, costituitasi, chiedeva il rigetto dell’opposizione sostenendone l’infondatezza.

Con sentenza 3/2/2005 il tribunale di Brescia accoglieva l’opposizione osservando: che la disciplina nazionale (L. n. 468 del 1992, art. 5) non era in contrasto con la disciplina comunitaria come affermato nella giurisprudenza di legittimita’ (sentenza 1236/2002);

che la sanzione amministrativa era stata irrogata per la violazione dell’obbligo di effettuare la trattenuta o di prestare le dovute garanzie e di cui alla citata normativa nazionale; che i detti obblighi trovavano il loro presupposto nell’effettiva debenza del prelievo supplementare da parte del produttore del latte non rispettoso della quota di latte assegnatagli; che nella specie non vi era prova di tale debenza; che peraltro andava condivisa la giurisprudenza secondo la quale era da ritenere illegittimo il prelievo supplementare nel caso di pubblicazione tardiva dei bollettini di cui alla L. n. 468 del 1992, art. 4.

La cassazione della sentenza del tribunale di Brescia e’ stata chiesta dalla Regione Lombardia con ricorso affidato ad un solo motivo. Hanno resistito con controricorso la societa’ cooperativa Comilat in persona del suo legale rappresentante B.E. e quest’ultimo di persona.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico articolato motivo di ricorso – contenente piu’ censure con riferimento ai singoli argomenti posti a base dell’impugnata sentenza – la Regione Lombardia denuncia violazione della L. n. 468 del 1992, artt. 5 e 11, e del D.P.R. n. 569 del 1993, art. 12.

Il motivo e’ in parte infondato ed in parte inammissibile.

Occorre premettere che, come sopra riportato nella parte narrativa che precede, il tribunale ha accolto l’opposizione proposta dalla societa’ cooperativa Comilat per le seguenti due distinte ed autonome ragioni ciascuna idonea a reggere la decisione impugnata: a) in difetto di prova della debenza del prelievo supplementare da parte del produttore del latte non rispettoso della quota di latte assegnatagli, viene meno l’obbligo a carico degli acquirenti di trattenere il prelievo supplementare sul prezzo del latte; b) e’ illegittimo il prelievo supplementare nel caso di pubblicazione tardiva dei bollettini di cui alla L. n. 468 del 1992, art. 4.

Avverso l’argomentazione di cui al punto sub b) la ricorrente ha dedotto di aver inviato le comunicazioni “nel maggio 1998, a campagna appena iniziata, e quindi in tempo utile per effettuare la trattenuta o ricorrere a forme alternative di garanzia”. La regione Lombardia ha poi asserito che “in ogni caso, per come e’ nato e si e’ sviluppato il sistema delle quote latte, la quota attribuita a ciascun produttore e’ da considerasi storica e come tale conosciuta sia dal produttore che dall’acquirente prima della comunicazione della stessa per la singola annata lattiero casearia”.

Cio’ posto va rilevato che delle dette tesi difensive articolate dalla Regione nel ricorso non vi e’ alcun cenno nella sentenza impugnata per cui incombeva alla ricorrente specificare non solo di allegare l’avvenuta deduzione di tali tesi nel corso del giudizio di opposizione, ma anche di anche di indicare in quale atto del precedente giudizio lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare “ex actis” la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminarne il merito.

La tesi esposta dalla ricorrente con la parte della censura in esame – relativa alla asserita erroneita’ della sentenza impugnata con riferimento al punto sub b) – non e’ quindi deducibile in questa sede di legittimita’ perche’ introduce per la prima volta un autonomo e diverso sistema difensivo che postula indagini e valutazioni non compiute dal giudice di appello perche’ non richieste.

La rilevata infondatezza della censura avente ad oggetto la seconda delle sopra riportate due distinte ragioni poste a base della sentenza impugnata – rende ultroneo l’esame della censura relativa all’altra ragione.

Soccorre al riguardo il noto principio secondo cui se una sentenza e’ sorretta da una molteplicita’ di ragioni giuridiche, tra loro indipendenti, e’ necessario non solo che ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura ma anche che il ricorso sia accolto nella sua interezza, affinche’ si realizzi lo scopo dell’impugnazione, la quale e’ intesa alla cassazione della sentenza, cioe’ di tutte le ragioni che autonomamente la sorreggano. Basta infatti che una sola di esse sia valida a giustificare la decisione per rendere l’impugnazione inerente alle altre inammissibile per carenza di interesse posto che anche la sua eventuale fondatezza non varrebbe a scalfire la pronuncia di cui si chiede l’annullamento. E’ pertanto sufficiente che sia respinta la censura relativa ad una delle predette ragioni – come appunto nel caso di specie – perche’ il ricorso (o un su capo autonomo) debba essere respinto nella sua interezza, con l’ulteriore conseguenza che i motivi di doglianza relativi alle altre ragioni divengono inammissibili per difetto di interesse all’impugnazione.

Sussistono giusti motivi – in considerazione, tra l’altro, della natura delle questioni trattate – che inducono a compensare tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e compensa per intero tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 20 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

 

 

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