Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12525 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12525 Anno 2015
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA

sul ricorso 23094-2008 proposto da:
IMPRESUB MARINE DIVING CONTRACTOR SRL in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA LARGO SOMALIA 67, presso lo

studio dell’avvocato

RITA GRADARA, rappresentato e

difeso dagli avvocati GASPARE FALSITTA, SILVIA
2015

PANSIERI giusta delega in calce;
– ricorrente –

10 1 1

contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente
PORTOGHESI

12,

domiciliato

in ROMA VIA DEI

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 17/06/2015

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente avverso la sentenza n. 37/2007 della COMM.TRIE.REG.
di TRENTO, depositata il 10/07/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

dal

Consigliere Dott. MARIO

CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato SAVINO delega
Avvocato PANSIERI che ha chiesto raccoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che
si riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RICCARDO FUZIO che ha concluso per
raccoglimento per quanto di ragione dei motivi 3 0 ,
4° e 6°.

udienza del 11/03/2015

hlz”-

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La IMPRESUB MARINE DIVING CONTRACTOR srl. (IDMC) ha proposto ricorso dinanzi alla CTP di Trenta
avverso la cartella con la quale le era stato richiesto il pagamento della somma di curo 540.419,47, oltre
sanzioni per euro 162.125,84, per mancato riconoscimento credito di imposta esposto in dichiarazione;
nello specifico la società, nella dichiarazione redditi dell’anno 2000, atteso che nella formazione dei reddito
complessivo concorrevano redditi prodotti all’estero (per la precisione: redditi prodotti in Egitto dalla filiale
egiziana della società ricorrente) e che le relative imposte erano state ivi pagate a titolo definitivo, aveva

portato in detrazione dall’IRPEG -ai sensi dell’art. 15 (ora 165) TUIR- il detto importo; in esito poi a controllo
formale ex art. 36 ter dpr 600/73, nel corso del quale la società aveva esibito la documentazione
giustificativa (in lingua araba, con traduzione giurata in lingua italiana), l’Agenzia delle Entrate di Trento,
ritenuta la documentazione insufficiente per carenza di ufficialità e per carenza probatoria, aveva
provveduto ad iscrivere a ruolo i detti importi, con conseguente emissione della relativa cartella.
L’adita CTP, ritenuta provata la sussistenza dei credito di imposta e la definitività delle imposte pagate, ha
accolto il ricorso; al riguardo la CTP ha, tra l’altro, evidenziato che dalfesibita documentazione (e, in
particolare, dal verbale di riunione della commissione di revisione interna in seconda seduta del 31-5-2000
e dal certificato ispettorato imposte delle società per azioni del Cairo dei 2-10-2004) risultava che, in esito
a controversia con l’Amministrazione egiziana relativa ai redditi dichiarati negli anni 1994 1998, erano stati

concordemente definiti gli imponibili per i detti anni e che, effettuato il conteggio delle imposte dovute
sino all’anno 2001, le stesse risultavano pagate.
Con sentenza depositata il 10 luglio 2007 la Commissione Tributaria di secondo grado di Trento, richiesta
(ed ottenuta) ulteriore documentazione, ha accolto l’appello principale dell’Ufficio e rigettato quello
incidentale delta società; in particolare la Commissione, nell’accogliere l’appello principale, ha precisato che
la riferita documentazione, rilasciata in modo formalmente corretto, non consentiva tuttavia di precisare
“l’ammontare dei redditi definitivamente accertati sino all’anno 2001” e “l’ammontare dell’imposta pagata
e quando la stessa sia stata definitivamente pagata”, sicché si era reso necessario richiedere ulteriore
documentazione; neanche siffatta documentazione consentiva tuttavia di ritenere con certezza il reddito
dichiarato e le imposte pagate nella misura indicata; nello specifico, infatti, le traduzioni delle note relative
alle sei rate pagate dalla società con assegni per gli anni dal 1994 al 1998 non riportavano “la legalizzazione
della firma del traduttore; rectius, la certificazione di asseverazione della traduzione giurata non era
sottoscritta dal funzionario di cancelleria del Consolato d’Italia”, mentre le copie degli atti relativi alla
dichiarazione fiscale per l’anno 2000 non attestavano la definitività delle imposte pagate e la sussistenza
dei presupposti di cui all’art. 15 (ora 165) TUIR; la Commissione, inoltre, nel rigettare l’appello incidentale
della società, ha ritenuto che non vi era stata alcuna violazione né dello Statuto del contribuente, in quanto
la società era stata previamente informata dell’azione di rettifica della dichiarazione dei redditi, né dell’art.

1..

A.,

- 36 ter dpr 600/73, essendosi l’Ufficio limitato (come previsto da detta norma) a determinare lo spettante
Credito di imposta in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni ed ai documenti richiesti al contribuente (dei
quali aveva solo valutato l’attendibilità), sicchè non vi era necessità di emettere un avviso di accertamento.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per Cessazione la società, affidato ad otto motivi; ha resistito
l’Agenzia con controricorso; la società ha presentato anche memoria ex art. 378 cpc.

Con il primo motivo la società, denunziando -ex art. 360, comma 1, n. 3 cpc- violazione dell’art. 36 ter dpr
600/73, ha sostenuto che con la procedura di liquidazione dell’art.. 36 ter l’Ufficio poteva effettuare le sole
rettifiche che emergevano ictu °culi (cioè con immediata evidenza), mentre le rettifiche quali quella di
specie, per la natura delle contestazioni elevate dall’Ufficio (mancanza di ufficialità della documentazione),
richiedevano una valutazione giuridica in merito a questioni di non immediata soluzione, e quindi
richiedevano la più articolata procedura di emissione di un avviso di accertamento.
Il motivo è infondato.
L’Ufficio, invero, come previsto dall’art. 36 ter, comma 2, dpr 600/73, ha proceduto ad un mero controllo
formale della dichiarazione, disconoscendo un credito di imposta in quest’ultima esposto, previo esame
della documentazione in precedenza al riguardo richiesta; così operando, si è attenuto alla procedura di cui
alla detta disposizione, non potendosi dubitare che l’art. 36 ter, comma 2, dpr 600/73, nel momento in cui
prevede la possibilità per l’Ufficio di escludere (in base agli stessi documenti richiesti ai contribuenti) le
detrazioni di imposta non spettanti, consenta anche all’Ufficio l’esame estrinseco di detta documentazione
e la conseguente valutazione in termini di attendibilità, come avvenuto nella fattispecie; è vero, infatti, che
l’attività di cui all’art. 36 ter, pur non strettamente liquidatoria come quella di cui all’art. 36 bis, si deve
esaurire nell’esame testuale dei dati della dichiarazione raffrontati con documentazione (anche) esterna a
questa, senza profili di tipo valutativo o interpretativo (Cass. 17631/2014), ma ciò non può precludere
all’Amministrazione di esaminare oggettivamente detta documentazione e, in esito,

di ritenerla

insufficiente per carenza di forma e/o contenuto (nella specie: perché priva di ufficialità da parte
dell’Amministrazione Finanziaria egiziana e non attestante la definitività delle imposte pagate all’estero).
Con il secondo motivo la società, denunziando —ex art. 360, comma 1, n. 3 cpc- violazione dell’art. 7 d.Igs
546/92 e 123 cpc, ha sostenuto che la CTR, a fronte della circostanza (non imputabile alla società) che la
certificazione di asseverazione della traduzione giurata (pur corroborata dal timbro ufficiale della
Repubblica ‘Italiana) non era sottoscritta dal funzionano di cancelleria del Consolato d’Italia, avrebbe
dovuto, nell’esercizio dei poteri istruttori del detto art 7, disporre una CTU o procedere ex art. 123 cpc all
nomina di un traduttore.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il terzo motivo la società, denunziando -ex art. 350, comma 1, n. 3 cpc- violazione dell’art. 2697 cc, ha
sostenuto che con la produzione della traduzione giurata (pur incompleta per la mancata sottoscrizione del
funzionario di cancelleria: circostanza questa non imputabile ad essa società ma riguardante l’operato di un
funzionario pubblico) aveva provato ì fatti che costituivano il fondamento del proprio diritto ed aveva
quindi assolto all’onere della prova a suo carico.
Con 11 quarto motivo la società, denunziando -ex art. 360, comma 1, n. 3 cpc- violazione dell’art. 10 L

contribuente ed Amministrazione, atteso che quest’ultima, se riteneva inattendibile la traduzione prodotta
dal contribuente, avrebbe dovuto contrapporre una diversa traduzione.
Con il quinto motivo la società, denunziando -ex art. 360, comma 1, n. 3 cpc- violazione dell’art. 33 dpr
445/2000, ha sostenuto che la certificazione della traduzione giurata era stata resa direttamente da un
console onorario della Repubblica Italiana, sicchè, ai sensi della su menzionata disposizione (in base alla
quale le firme apposte dalle rappresentanze consolari italiane non sono soggette a legalizzazione), la
certificazione della traduzione giurata era da ritenersi valida anche se eseguita mediante apposizione del
solo timbro del consolato.
Con il sesto motivo la società, denunziando —ex art. 360, comma 1, n. 5 epe- contradditoria motivazione
circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ha sostenuto che la Commissione di secondo grado
aveva ritenuto attendibili alcune traduzioni e non attendibili altre, pur essendo state le stesse eseguite da
un medesimo traduttore.

Il secondo, terzo e quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono fondati,
con conseguente assorbimento del quinto e sesto.
E’ vero, infatti, che il principio della obbligatorietà della lingua italiana, previsto dall’art. 122 cod. proc. civ.,

si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non anche ai documenti esibiti dalle parti, sicchè, quando
siffatti documenti risultino redatti in lingua straniera, il giudice stesso, ai sensi dell’art. 123 cod. proc. civ.
(applicabile anche al processo tributario, stante il generale rinvio di cui all’art. 1 d.lgs 546/92), ha solo
facoltà, e non obbligo, di procedere alla nomina di un traduttore; a siffatta nomina può infatti farsi a meno
allorché le medesime parti siano concordi sul significato delle espressioni contenute nel documento
prodotto owero quando tale documento sia accompagnato da una traduzione che, allegata dalla parte e
ritenuta idonea dai giudice, non sia stata oggetto di specifiche contestazioni della parte avversa (in senso
conforme, Cass. 27593/2006; 13249/2011; 4416/201; 6093/2013); a contrario, tuttavia, va ritenuto che, al
di fuori di queste ipotesi, e in particolare quando (come nel caso di specie) il Giudice reputa inidonea la
traduzione giurata allegata da una parte, lo stesso non può, in mancanza peraltro di specifiche
contestazioni della parte avversa (nella specie non evidenziate), decidere la causa ritenendo d’ufficio come

212/2000, ha sostenuto che non era stato rispettato il principio della collaborazione e della buona fede tra

nn acquisiti agli atti i documenti redatti in lingua straniera, ma ha l’obbligo di procedere alla nomina di un
traduttore; tanto a maggior ragione nella fattispecie in esame, nella quale va rilevato che, da una parte, il
contribuente si è attivato fornendo all’Amministrazione i documenti richiesti (seppur redatti in lingua
straniera) e la traduzione degli stessi (seppur formalmente incompleta), mentre, dall’altra,
l’Amministrazione, nonostante la riscontrata mancata sottoscrizione del funzionario di cancelleria del
Consolato d’Italia sia circostanza riguardante l’operato di un funzionario pubblico, ha impostato la sua
difesa su tale rilievo formale, non rispettando in tal modo appieno il principio della collaborazione e della

buona fede tra contribuente ed Amministrazione di cui all’art. 10 L 212/2000.
Con li settimo motivo la società, denunziando —ex art. 360, comma 1, n. 5 cpc- omessa motivazione circa
un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ha sostenuto che la Commissione di secondo grado aveva
ritenuto insufficienti ad attestare il diritto di essa contribuente anche altri documenti prodotti in quanto
non probanti la definitività del pagamento delle imposte all’estero, senza tuttavia considerare il verbale di
riunione della commissione di revisione interna in seconda seduta del 31-5-2000, che aveva definito in via
conciliativa i redditi imponibili della società.
Con l’ottavo motivo la società, denunziando —ex art. 360, comma 1, n. 3 cpc- Violazione dell’art. 15 dpr
917/86, ha sostenuto che la contribuente, con il su menzionato verbale di conciliazione, aveva dimostrato
che le imposte erano state versate a titolo definitivo.
il settimo motivo è fondato, con assorbimento dell’ottavo.
La Commissione di secondo grado, invero, ha ritenuto che le copie degli atti depositate dalla società in

appello non attestavano la definitività delle imposte pagate, senza tuttavia in alcun modo valutare il
verbale di riunione della commissione di revisione interna in seconda seduta del 31-5-2000 (preso, invece,
in specifica considerazione dalla Commissione di primo grado), dal quale risultava che, in esito a
controversia con l’Amministrazione egiziana relativa ai redditi dichiarati negli anni 1994-1998, erano stati
concordemente definiti gli imponibili per i detti anni.
In conclusione, pertanto, va rigettato il primo motivo di ricorso; accolti il secondo, terzo, quarto e settimo;
assorbiti gli altri; per l’effetto va cessata, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata, con rinvio
alla Commissione di secondo grado di Trento, diversa composizione, che provvederà anche alla
regolamentazione delle spese del presente giudizio dì legittimità.
P. q. M.
La Corte, rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il secondo, terzo, quarto e settimo; assorbiti gli altri.
per l’effetto cassa, in relazione ai motivi accolti, la sentenza impugnata, con rinvio alla Commissione di

v
..

ESENTE DA REGISTRAZIONE
AI SENSI DEL D.P.R. 26/4] 1986
N. 13 TAB.
B. – N. 5

MATERIA TRIBUTARLA
secondo grado di Trento, diversa composizione, che prowederà anche alla regolamentazione delle spese
del presente giudizio di legittimità.

Cosi deciso In Roma in data 11-3-2015.

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