Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12523 del 17/06/2016


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Cassazione civile sez. III, 17/06/2016, (ud. 26/02/2016, dep. 17/06/2016), n.12523

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. AMBROSIO Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. DEMARCHI ALBENGO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10618-2014 proposto da:

R.M.S., considerata domiciliata in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato GIGI SANDRI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.D. SERVICE D.M. in persona del suo rappresentante pro

tempore Sig. D.M., in proprio, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LUDOVISI N.35, presso lo studio dell’avvocato MARISA

PAPPALARDO, rappresentati e difesi dall’avvocato ERCOLANI

GIANFRANCO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3467/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/02/2016 dal Consigliere Dott. ANNAMARIA AMBROSIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SOLDI ANNA MARIA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel presente giudizio si controverte dell’esatta individuazione dell’immobile in (OMISSIS) – “terreno in fregio alla via Emilia con sovrastante fabbricato adibito al piano terra a magazzino ed al primo piano ad appartamento – compreso nel lotto 3^ nell’ambito della procedura esecutiva immobiliare n. 8/2000, promossa presso il Tribunale di Voghera da tale M.R. nei confronti dei comproprietari Mo. e oggetto del decreto di trasferimento in favore dell’aggiudicataria R.M.S. in data 17.05.2006.

In base al suddetto decreto R.M.S. intimava precetto di rilascio ai danni di D.M. e dell’Autolavaggio 2001 di D.M. e C. s.n.c. (ora M.D. Service D.M., di seguito anche, brevemente, “Autolavaggio”), i quali si opponevano al precetto e all’esecuzione, assumendo che il mappale 122 C.T. era stato erroneamente indicato nel decreto di trasferimento in favore della R., in quanto già compreso, nell’ambito della medesima espropriazione nel lotto 4^, avente ad oggetto “terreno con soprastante autolavaggio self-service 24 h composto e costituito da n. 3 piste coperte per lavaggio automezzi, n. 1 locale tecnico, colonnine aspiratori, isole di erogazione acqua e vari accessori attinenti l’attività (…)”, di cui si era reso aggiudicatario D.M. e che era stato ad esso trasferito con decreto in data 19.08.2004, trascritto il 24.08.2004.

Con sentenza in data 20.04.2011, il Tribunale di Voghera – decidendo sulle opposizioni a precetto e all’esecuzione proposte da D. M. e dall’Autolavaggio – le accoglieva, qualificandole come opposizione ex art. 615 c.p.c. e, correlativamente respinta l’eccezione di inammissibilità per tardività della contestazione, accertava l’avvenuto trasferimento ed acquisto della proprietà del terreno con soprastante autolavaggio sito in comune di Santa Giulietta e contraddistinto al fl. 6 mapp. 243 catasto urbano e mapp. 480 (ex mapp. 122) e 481 (ex mapp. 220) a favore e in capo a D.M. in forza del decreto di trasferimento emesso dal G.E. del Tribunale di Voghera in data 19.08.2004, trascritto il 24.08.2004.

Avverso la sentenza in data 18.09.2013 della Corte di appello di Milano, che ha confermato quella di primo grado, ricorre R.M. S. articolando tre motivi.

Resistono D.M. e la M.D. Service D.M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte territoriale ha preliminarmente rigettato il motivo di appello con cui l’odierna ricorrente stigmatizzava la qualificazione dell’opposizione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. e predicava la tardività della censura di controparte, osservando che nella specie si discuteva dell’an e non del quomodo dell’esecuzione; ha, quindi, confermato il rilievo di fondatezza nel merito dell’opposizione, per la considerazione che – al di là degli errori intervenuti in sede di espropriazione forzata (quali puntualmente e convincentemente evidenziati dal c.t.u. in sede di opposizione) in ordine ai dati identificativi (profilo del significante) – ciò che rilevava era la natura e l’entità (profilo del significato) dei beni che erano stati oggetto dei due decreti di trasferimento, l’uno successivo all’altro, emessi dal G.E.; detto oggetto – quanto al decreto in data 19.08.2004 in favore del D. relativo al lotto 4^ – era costituito dal fabbricato ad uso autolavaggio (in concreto insistente sul mappale 122, ora 480 e in minima parte sul mappale 220, ora 481) e –

quanto al decreto in data 17.05.2006, in favore della R., relativo al lotto 3^ – era individuato nel fabbricato, caratterizzato dal magazzino al p.t. e da due appartamenti al primo piano, insistente in concreto sul mappale (OMISSIS) ora (OMISSIS).

1.1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione dell’art. 617 c.p.c. e falsa applicazione dell’art. 586 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3). Al riguardo parte ricorrente lamenta che l’opposizione sia stata erroneamente qualificata ai sensi dell’art. 615 c.p.c.; osserva che il D. non si era opposto al decreto di trasferimento in suo favore che comprendeva il mappale 122 qui rivendicato; nè aveva opposto l’ordinanza di vendita relativamente al lotto 3^ poi assegnato alla R.; inoltre il D. e la società dallo stesso rappresentato avevano notificato l’opposizione il ventunesimo giorno (10.10.2006) rispetto alla notifica del decreto di trasferimento e del pedissequo precetto in data 19.09.2006, per cui ogni contestazione sul titolo esecutivo risulterebbe definitivamente preclusa.

1.2. Con il secondo motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 586 c.p.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3). Al riguardo parte ricorrente deduce che l’identificazione del bene ad essa trasferito risultava dall’ordinanza di vendita e che i giudici del merito non avrebbero potuto attribuire valenza ad errori risalenti ad epoca precedente il pignoramento; richiama la giurisprudenza di questa Corte in ragione della quale l’identificazione del bene oggetto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. deve avvenire soprattutto sulla base dei confini catastali e deduce che la Corte di appello, attribuendo valenza significativa alla presenza del fabbricato, ha finito per contravvenire a detta giurisprudenza, peraltro malamente applicando il principio dell’accessione.

1.3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia omesso esame dell’inefficacia degli atti successivi al pignoramento in relazione agli artt. 2919 e 2915 c.c. (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5). Al riguardo parte ricorrente deduce che la Corte di appello, ritenendo che il lotto assegnato al D. doveva comprendere anche il mappale in contestazione perchè su di esso era allocato il fabbricato ad uso lavaggio, ha non solo ribaltato il principio dell’accessione, ma ha anche basato il giudizio su una situazione di fatto arbitraria, dal momento che la costruzione dell’impianto di autolavaggio era successiva al pignoramento, per cui risultava priva di qualsivoglia valenza giuridica e inopponibile all’aggiudicataria, come ai creditori procedenti.

2. Il ricorso è infondato.

2.1. Relativamente alla qualificazione dell’azione, il Collegio integrando la motivazione della decisione impugnata, corretta nella soluzione assunta, ma non altrettanto perspicua nell’iter argomentativo osserva che il decreto di trasferimento ex art. 586 c.p.c. è, indubbiamente, atto esecutivo, proprio della procedura di espropriazione, ma costituisce anche, secondo l’inequivoco dettato del terzo comma della stessa norma, titolo esecutivo per il rilascio.

Orbene, sotto il primo profilo, vale la regola di cui all’art. 2929 c.c., costituente anche alla luce dell’interpretazione autentifica fornita dall’art. 187 bis disp. att. c.p.c., (cfr. Sez. Unite, 28 novembre 2012, n. 21110), una norma di chiusura del sistema volta a far sì che, una volta intervenuta la vendita, possano essere opposte all’aggiudicatario di buona fede solo le nullità che abbiano eventualmente colpito direttamente la vendita stessa; ne consegue che tutto quanto avrebbe invece potuto comportare l’invalidazione della vendita forzata a causa del mancato rispetto di norme occorse durante il processo di espropriazione e che doveva essere fatto valere come opposizione agli atti nell’ambito di quel processo, ma non lo è stato, non può costituire ragione di opposizione alla diversa esecuzione quella per rilascio che l’aggiudicatario minacci sulla base del titolo costituito dal decreto di trasferimento pronunciato in suo favore.

Diversamente è a dirsi quando la censura non riguarda il modo con cui si è svolta l’espropriazione e, correlativamente, l’idoneità del decreto a determinare il trasferimento in favore dell’aggiudicatario, ma impinge sull’area degli effetti propri del medesimo decreto che sia stato notificato come titolo esecutivo per il rilascio. In tal caso, infatti, occorre distinguere tra le ipotesi in cui si facciano valere vizi formali propri del decreto come titolo esecutivo per rilascio (così, ad es. la mancanza dell’ordine di rilascio od il difetto di una spedizione del titolo in forma esecutiva), che costituiscono irregolarità che possono essere denunziate una volta che il decreto sia notificato come titolo esecutivo per il rilascio, ma debbono esserlo con opposizione agli atti, nel termine previsto dall’art. 617 c.p.c. nell’ambito della (minacciata) esecuzione per rilascio; e le ipotesi, costituenti invece materia di opposizione all’esecuzione per rilascio, in cui si discute se il decreto di trasferimento presenti i requisiti per valere come provvedimento di questo tipo e, dunque, abbia anche la forza di titolo esecutivo per il rilascio o se sia giuridicamente inesistente (e non abbia, quindi, quella forza) ovvero, anche, se è proprio l’immobile di cui si chiede il rilascio ad essere stato trasferito con il decreto.

Nel caso di specie la questione che era stata sollevata con l’opposizione era, per l’appunto, se il decreto di trasferimento, posto a fondamento del precetto intimato dall’odierna ricorrente, fosse titolo per il rilascio del mappale 122 (su cui insiste l’impianto di autolavaggio degli odierni resistenti). In altri termini l’oggetto del contendere era rappresentato dalla individuazione dell’oggetto del titolo esecutivo; e questa è materia di opposizione all’esecuzione per rilascio, comportante un’attività di interpretazione del medesimo titolo esecutivo (nella specie, anche in comparazione con l’altro decreto di trasferimento, fatto valere dagli opponenti, rispettivamente quali proprietario e occupante dell’area in contestazione; decreto emesso nella medesima procedura e trascritto prima di quello posto a precetto di rilascio).

2.2. Discende da quanto sopra non primo motivo in punto di qualificazione dell’opposizione e di asserita tardività dell’opposizione, ma anche l’eccentricità delle censure di cui al secondo e al terzo motivo (quest’ultimo, peraltro, palesemente esulante dai canoni di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, secondo l’esegesi delle Sezioni unite, cfr. sentenza 07 aprile 2014, n. 8053), atteso che i giudici del merito non hanno affatto attribuito a titolo di “accessione” il terreno ai titolari dell’autolavaggio (che secondo la tesi della ricorrente le sarebbe stato trasferito, libero dall’impianto in questione), piuttosto hanno interpretato i decreti di trasferimento emessi, rispettivamente, a favore di ognuna delle parti contendenti, cogliendovi il dato “significativo”, piuttosto che nella formale indicazione dei dati catastali, nella descrizione dell’immobile rispettivamente attribuito all’una e all’altra parte.

2.3. Si tratta di attività – quella dell’interpretazione del titolo esecutivo – che è riservata al giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità, se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica e, in effetti, neppure specificamente attinta con i motivi di ricorso.

In particolare non contrasta con quanto sopra il principio affermato nei precedenti di questa Corte (Cass. civ., 27 novembre 1992, n. 12687, Cass. civ., 04 ottobre 1994, n. 8079) richiamato dalla ricorrente, che non appare affatto pertinente (come appare palese ove si considerino, più che la massima ufficiale, i contenuti delle decisione richiamate), atteso che da esso non deriva affatto la priorità del criterio del riferimento ai mappali catastali, quanto piuttosto, la possibilità di identificare il bene trasferito a seguito dell’aggiudicazione e del decreto emesso dal G.E. ai sensi dell’art. 586 c.p.c. (a prescindere dalle particelle con cui è identificato), soprattutto sulla base dei confini catastali del bene indicati in detto decreto e negli atti del procedimento esecutivo.

In conclusione il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo alla stregua dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, seguono la soccombenza.

Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma l quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 7.200,00 (di cui Euro 200,00 per esborsi) oltre accessori come per legge e contributo spese generali. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del cit. D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 giugno 2016

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