Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12521 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 12/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12521

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Presidente –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29347-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

FARINE LAZIALI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA AURORA, 39, presso lo studio

dell’avvocato VITTORIO GIORDANO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIANMARCO DELLABARTOLA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1362/7/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 11/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso l’avviso di accertamento relativo all’aumento – rispetto a quanto proposto dalla parte contribuente mediante DOCFA – della rendita catastale di due silos metallici adibiti allo stoccaggio di foraggi, per i quali era stata proposta nella DOCFA la categoria D/7, confermata dall’Ufficio;

La Commissione Tributaria Regionale del Lazio respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate per non avere l’avviso di accertamento specificato le ragioni alla base dell’aumento della rendita catastale in quanto anche in sede di appello l’amministrazione finanziaria non fornisce alcun oggettivo elemento che giustifichi l’aumento della rendita catastale;

Avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso l’Agenzia delle entrate, affidato ad un unico motivo; la parte contribuente si costituiva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava memoria, insistendo per il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che:

con il motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7, della L. n. 652 del 1939, del D.P.R. n. 1142 del 1949 in quanto gli avvisi di accertamento impugnati sarebbero sufficientemente motivati perchè scaturiti a seguito di procedura DOCFA e inoltre la stima diretta è propria degli immobili di categoria speciale come quelli del caso di specie.

Preliminarmente va rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dalla parte contribuente nel suo controricorso, per avere il ricorrente solo formalmente dedotto una violazione di legge e dolendosi in realtà invece di un presunto difetto di motivazione della sentenza impugnata. Il rimettente infatti, nel rispetto dei dettami di Cass. SU n. 23745 del 2020 e dell’onere di specificità dei motivi sancito dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4), ha indicato le norma di legge di cui intendeva lamentare la violazione (L. n. 241 del 1990, art. 3, della L. n. 212 del 2000, art. 7 la L. n. 652 del 1939, il D.P.R. n. 1142 del 1949), ne ha esaminato il contenuto precettivo anche alla luce della giurisprudenza di questa Corte (citando, fra le altre, Cass. n. 22847 del 2017 sulla struttura partecipativa della procedura DOCFA) e lo ha raffrontato con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata (ad esempio laddove si afferma che la Commissione Tributaria Regionale rileva come l’Ufficio non avrebbe illustrato neppure in sede processuale le ragioni a sostegno della rettifica operata a fronte delle contestazioni di parte privata) espressamente richiamate al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo e con quanto lamentato dall’Ufficio fin dalle controdeduzioni in primo grado.

Sempre preliminarmente, va pure rigettata l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso, formulata dalla parte contribuente nel suo controricorso, per avere il ricorrente impugnato solo una delle ratio decidendi della sentenza della Commissione Tributaria Regionale (l’assenza di motivazione dell’atto impositivo oggetto del giudizio) ma non anche quella in cui si affermerebbe che la pretesa erariale non è provata ed è infondata nel merito. Infatti la stringata motivazione della sentenza impugnata fonda il rigetto dell’appello dell’Ufficio su un’unica ratio decidendi – effettivamente impugnata dall’Agenzia delle entrate con il suo ricorso in Cassazione – quella secondo cui la motivazione dell’atto impositivo non è motivata perchè non è provato l’aumento della rendita catastale: in altre parole l’assenza di prove determina l’assenza di motivazione.

Nel merito, il motivo di impugnazione è fondato in quanto, secondo questa Corte:

in tema di classamento di immobili, l’attribuzione della rendita catastale mediante procedura cd. DOCFA si distingue dal riclassamento operato su iniziativa dell’ufficio ai sensi della L. n. 211 del 2004, art. 1, comma 335: nel primo caso, trattandosi di procedura collaborativa, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica sul valore economico dei beni; nel secondo caso, invece, dovendosi incidere su valutazioni già verificate in termini di congruità al fine di mutare il classamento precedentemente attribuito, la motivazione è più approfondita, in quanto volta ad evidenziare gli elementi di discontinuità che legittimano la variazione (Cass. n. 30166 del 2019);

in tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso (la Cassazione ha affermato l’enunciato principio in una fattispecie in cui l’accatastamento operato dall’Ufficio, diverso da quello proposto dal contribuente, teneva comunque conto della destinazione e delle caratteristiche dell’immobile, così come risultanti dall’elaborato DOCFA presentato: Cass. n. 31809 del 2018; Cass. n. 12777 del 2018);

in caso di classamento di immobili con destinazione speciale (opifici), l’attribuzione della rendita catastale realizzata in seguito alla cd. procedura DOCFA è determinata, R.D.L. n. 652 del 1939, ex art. 10, conv. in L. n. 1249 del 1939, con stima diretta per ogni singola unità e può avvenire tanto con procedimento diretto, ossia partendo dal reddito lordo ordinariamente ritraibile e detraendo le spese e le eventuali perdite, quanto con procedimento indiretto, ossia attraverso un calcolo fondato sul valore del capitale fondiario, costituito dal valore di mercato dell’immobile ovvero dal costo di ricostruzione, tenendo conto, in tale ultimo caso, del deprezzamento delle unità in ragione del loro stato attuale, del livello di obsolescenza e del ciclo di vita tecnico-funzionale (Cass. n. 7854 del 2020; Cass. n. 6554 del 2020);

in tema di classamento, l’attribuzione di rendita ai fabbricati a destinazione speciale o particolare, e specificamente quelli classificati nel gruppo catastale D), deve avvenire, come previsto anche dal D.P.R. n. 604 del 1973, art. 7 mediante “stima diretta”, senza che ciò presupponga, peraltro, l’effettuazione di un previo sopralluogo, potendo l’Amministrazione legittimamente avvalersi della valutazione, purchè mirata e specifica, delle risultanze documentali in suo possesso (Cass. n. 6554 del 2020; Cass. n. 8529 del 2019);

ritenuto che nella specie la Commissione Tributaria Regionale non si è attenuta ai suddetti principi laddove ha ritenuto non sufficientemente motivato gli avvisi di accertamento, per non avere l’avviso di accertamento specificato le ragioni alla base dell’aumento della rendita catastale senza considerare da un lato che, poichè la procedura DOCFA è fortemente collaborativa e partecipativa, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è assolto con la mera indicazione dei dati fattuali oggettivi e della classe attribuita, quando, come nel caso di specie, gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e la differenza con la rendita proposta derivi da una diversa valutazione tecnica (472 Euro secondo la parte contribuente nella Docfa, 2373 Euro secondo l’Ufficio) sul valore economico dei beni e dall’altro che, trattandosi di immobili a destinazione speciale (nel caso di specie due silos metallici adibiti allo stoccaggio di foraggi), mediante “stima diretta”, potendo l’Amministrazione legittimamente avvalersi della valutazione delle risultanze documentali in suo possesso, non potendosi pretendere, per immobili di suddette categorie speciali, l’individuazione di immobili realmente simili con i quali effettuare una comparazione effettivamente attendibile;

pertanto, ritenuto fondato il motivo di impugnazione, il ricorso dell’Agenzia delle entrate va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

 

 

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