Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12519 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. II, 21/05/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 21/05/2010), n.12519

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – rel. Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 17844-2005 proposto da:

S.M.L., (OMISSIS), nella qualità di

titolare della omonima ditta, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DELLE FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato ALBERICI RAFFAELE,

rappresentata e difesa dagli avvocati SEBASTIANI ENRICO, SEBASTIANI

SEBASTIANO;

– ricorrente –

e contro

G.S., (OMISSIS);

– intimata –

sul ricorso 22752-2005 proposto da:

G.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA EZIO 19, presso lo studio dell’avvocato ALLIEGRO MICHELE,

rappresentata e difesa dagli avvocati LOTITO PIER FRANCESCO,

CAPPELLANI PAOLO;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

S.M.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE

FORNACI 38, presso lo studio dell’avvocato ALBERICI RAFFAELE,

rappresentata e difesa dagli avvocati SEBASTIANI ENRICO, SEBASTIANI

SEBASTIANO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 766/2004 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 18/05/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2010 dal Consigliere Dott. ENNIO MALZONE;

udito l’Avvocato LOTITO Pier Francesco, difensore della resistente

che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione 20.12.1989 G.S., titolare della ditta Sonia Fortuna, conveniva in giudizio,davanti al Tribunale di Firenze, S.M.L., titolare dell’omonima ditta, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per omessa consegna nel termine pattuito della terza trance di camicette da confezionare e per i difetti riscontrati sulle prime due trance di camicette consegnate, assumendo che aveva fornito la stoffa per il confezionamento delle camicette con l’intesa che la consegna sarebbe dovuto avvenire entro il termine del 15 novembre per consentirle lo smistamento presso i grossisti in tempo utile per le feste natalizie, mentre le camicette consegnate con le prime due tranches presentavano difetti nelle cuciture e una non perfetta stiratura e la terza tranche di circa 154 camicette non era stata consegnata in quanto la S. pretendeva il preventivo pagamento delle camicette già consegnate e risultate difettose. La convenuta,costituitasi, contestava l’avverso dedotto e in via riconvenzionale chiedeva il pagamento di quanto dovuto. L’adito Tribunale, sez. stralcio, con sentenza n. 2485/2000, qualificato il rapporto come vendita di cosa futura, accoglieva la domanda attrice nei limiti dell’omessa consegna di parte della merce e rigettava la domanda riconvenzionale della convenuta, compensando le spese di lite.

La Corte di Appello di Firenze con sentenza n. 766/04,depositata il 18.5.04, qualificato il rapporto come contratto di appalto, in parziale riforma della sentenza impugnata dalla S., condannava la stessa a pagare alla G. la somma di Euro 953,17, pari a L. 1.845.600, oltre interessi dal dovuto al saldo, ponendo le spese dell’intero giudizio a carico dell’appellante.

Per la cassazione delle decisione ricorre la S. esponendo quattro motivi, cui resiste l’intimata con controricorso, proponendo ricorso incidentale basato su di un solo motivo.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I due ricorsi, il principale e l’incidentale, vanno riuniti attenendo alla stessa sentenza.

Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1667 e 2266 c.c. nonchè per difetto di motivazione,quanto alla qualificazione del rapporto fra le parti come contratto di appalto.

Si sostiene che non sussiste la prova che l’attività svolta dalla S. avvenisse sul piano industriale e non già come opera prevalentemente fornita dalla stessa, seppure con l’aiuto di familiari e di qualche di pendente, mentre la giurisprudenza di legittimità è nel senso che la differenza tra i due negozi di appalto e di prestazione d’opera sia nel fatto che il primo avviene mediante un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto,mentre il secondo con prevalente lavoro di questi secondo il modulo organizzativo della piccola impresa (Cass. 29.5.2001 n. 7307). L’errore nella qualificazione del rapporto ha determinato l’errore nell’individuazione del termine di denunzia degli asseriti vizi, individuato in astratto in giorni 60, mentre il termine decadenziale avrebbe dovuto essere individuato in giorni otto dalla consegna, con la conseguenza che la controparte era irrimediabilmente decaduta dalla relativa garanzia.

Il motivo è fondato. Ben vero, non si riscontrano sostanziali elementi di riferimento che inducano a configurare nella fattispecie in esame il contratto di appalto, anzichè del contratto d’opera.

Vale, infatti, considerare che secondo la giurisprudenza corrente la differenza tra i due tipi di contratto è da ravvisarsi che nel primo l’esecuzione avviene mediante un’organizzazione di media o grande impresa cui l’obbligato è preposto, mentre nel secondo con il lavoro prevalentemente proprio del preposto seppure con l’aiuto di familiari e di qualche dipendente, secondo il modulo organizzativo della piccola impresa.

Gli elementi a disposizione, costituiti da un’attività commerciale consistente nella cucitura e stiratura di camicie realizzate su modello indicato dalla committente e con la stoffa fornita dalla stessa,lasciano propendere per un contratto di prestazione d’opera, come tale comportante che i diritti del committente sono regolati dall’art. 2226 c.c. con l’onere di denunciare le difformità e difetti nel termine di giorni otto dalla scopertala e di iniziare l’azione entro un anno dalla consegna,nonchè con i diritti del committente nel caso di difformità o vizi dell’opera di chiedere che le difformità o i vizi siano eliminati a spese del prestatore d’opera oppure che il prezzo sia proporzionalmente diminuito, salvo il risarcimento del danno nel caso di colpa grave della controparte.

Non risulta che formi oggetto di discussione fra le parti l’avvenuta consegna delle prime due tranches nel termine pattuito. Invece,era onere della prestatrice d’opera fornire la prova della consegna della terza tranche e non risulta che la stessa l’abbia fornita, per cui trova accoglimento sul punto il ricorso incidentale della committente.

Restano assorbiti i restanti motivi di ricorso principale.

Conseguentemente la sentenza impugnata va cassata con rinvio, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze.

P.Q.M.

riuniti i ricorsi, accoglie per quanto esposto in motivazione il ricorso principale e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione,ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

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