Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12519 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 12519 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 11062-2009 proposto da:
CENTRO DENTALE MEDICO DI TISO COSIMO & C. SAS in

persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA G. AVEZZANA 6,
presso

lo studio dell’avvocato

rappresentato e difeso

2015

FRANCESCA VOLONTE’,

dall’avvocato GIUSEPPE

ARENA

giusta delega a margine;
– ricorrente –

132
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n.

35/2008

della COMM.TRIB.REG.

Data pubblicazione: 17/06/2015

di NAPOLI, depositata il 12/03/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/01/2015 dal Consigliere Dott. PAOLA
VELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’inammissibilitàtin subordine&igetto del ricorso.

Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per

RITENUTO IN FATTO
In esito a verifica scaturita da una richiesta di rimborso Iva, con avviso di
accertamento notificato il 26.11.2002 l’Agenzia delle entrate – Ufficio di
Benevento, procedeva al recupero di Iva ed Irap per Vanno di Imposta 1999 a
carico della società “Centro Dentale Medico di Tiso Cosimo & C. s.a.s.”, alla quale
contestava: l’utilizzo di due fatture di acquisto, le cui modalità di
contabilizzazione e pagamento risultavano poco chiare, all’esito del controllo
incrociato condotto sulla fornitrice “Farmasannio s.n.c.” e sulla fornitrice di
quest’ultima, “Odontofarma”; l’utilizzo di una ulteriore fattura di acquisto per

operazione inesistente; li mancato rinvenimento dei beni acquistati con le
suddette fatture, in quanto asseritamene trafugati il giorno precedente la
verifica.
Recuperava inoltre il contributo di 228.040.000 erogato ai sensi della legge
n. 488/92, a causa della sua mancata contabilizzazione.
La società impugnava l’avviso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale
di Napoli, contestando la violazione degli artt. 39, d.P.R. n. 600/73, e 54, d.P.R.
n. 633/72 quanto alle fatture, nonché degli artt. 53 e 55, lett. b),

T.U.I.R.,

quanto al contributo.
Il giudice di primo grado rigettava il ricorso, per non avere la contribuente
dimostrato l’avvenuto pagamento dei costi in base ai quali era stato richiesto il
rimborso Iva.
Anche la Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n.
35/31/2008, rigettava l’appello della contribuente, ritenendo che l’esistenza delle
fatture e di (peraltro discutibili) mezzi di pagamento non fosse sufficiente a
superare I puntuali e circostanziati rilievi mossi dall’amministrazione finanziaria,
sulla base del riscontro incrociato delle fatture emesse dai fornitori e,
soprattutto, della inesistenza delle attrezzature portate dalle fatture medesime,
oggetto dell’investimento per il quale era stato, altresì, ottenuto il suddetto
contributo a fondo perduto.
Per la cassazione della sentenza d’appello, depositata il 10.3.2008, la società
contribuente ha proposto ricorso affidato a due motivi.
L’intimata non ha svolto difese.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con un motivo di duplice tenore, la società “Centro Dentale Medico di Tiso
Cosimo & C. s.a.s.” lamenta la «violazione o falsa applicazione degli artt. 115,
116 c.p.c. e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 cpc n. 3 nonché omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia ai sensi dell’art. 360 cpc n. 5».

ud. 13/1/2015

n. 11062/09 R.G.

1′

2. A tal fine formula il seguente, duplice, quesito: «Dica la Suprema Corte se
1) in relazione all’art. 2697 c.c. e ed agli artt. 115 e 116 c.p.c. risulta adempiuto
l’onere di prova dell’esistenza di costi d’impresa (e le relative operazioni
finanziarie) a carico del contribuente mediante la produzione di fatture e
dimostrazione di pagamenti; 2) in relazione all’art. 2967 c.c. e ed agli artt. 115 e
116 c.p.c. spetta all’A.F. – nel quadro dei generali principi che governano l’onere
della prova – dimostrare l’inesistenza di tali costi e la falsità della documentazioni
prodotte dal contribuente e se tale onere probatorio può ritenersi assolto sulla
scorta di semplici obiezioni e sospetti».
3. I motivi, per come fommlati, sono inammissibili.
4. Occorre premettere che la sentenza impugnata, in quanto pubblicata in
data 10.3.2008 – ossia nel periodo compreso tra il 2 marzo 2006 ed il 4 luglio
2009, intercettato dalla disciplina transitoria di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69,
art. 58, comma 5 – è soggetta al regime dell’art. 366-bis cod. proc. civ., vigente
ratione temporis (e poi abrogato), da applicare conformemente alla consolidata
lettura nomofilattica che, nel tempo, ne è stata data.
5.

E’ ius receptum di questa Corte, innanzitutto, che la parte ricorrente non

possa mescolare e sovrapporre mezzi d’impugnazione eterogenei, riferiti ai
diversi casi disciplinati dal codice di rito (segnatamente – come nella specie – ai
nn. 3) e 5) dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ.), mediante la
formulazione di quesiti “multipli” o “cumulativi” (Cass. n. 25982 del 2014),
poichè una simile tecnica espositiva finisce per rimettere al giudice di legittimità
il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, onde ricondurle
ad uno dei mezzi d’impugnazione enunciati dalla norma, per poi ricercare quale o quali – sarebbero utilizzabili allo scopo, così attribuendo alla Corte un compito
che non le compete, cioè quello di dare forma e contenuto alle doglianze della
parte ricorrente, in vista della decisione su di esse (Cass. n. 9470 del 2008, n.
19443 del 2011, n. 21611 del 2013).
5.1. Per questo, i motivi di ricorso fondati sulla violazione di norme di diritto
e quelli fondati su difetti motivazionali devono essere sorretti da quesiti separati
(Cass. n. 5471 del 2008), quand’anche si denunzino con un unico articolato
motivo d’impugnazione i corrispondenti vizi di violazione di legge e di
motivazione in fatto (Cass. s.u. n. 7770 del 2009). Invero, il giudizio di
cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato dai motivi di ricorso, che
svolgono una funzione identificativa e devono perciò necessariamente possedere
i caratteri della tassatività e specificità, non potendosi risolvere in una critica
generica, che accorpi indistintamente sotto un unico motivo una molteplicità di
profili tra loro confusi o inestricabilmente combinati (Cass. n. 5964 del 2015, n.
19959 e n. 26018 del 2014).

ud. 13/1/2015

n. 11062/09 R.G.

.4

5.2. Inoltre, non è nemmeno consentito censurare unitariamente e
contemporaneamente – come è avvenuto nel caso di spetie – sia la mancanza,
sia l’insufficienza, sia la contraddittorietà della motivazione (Cass. n. 8203 del
2015; n. 5471 del 2008), poiché ciò integra una violazione della logica prima
ancora che del diritto, non potendosi predicare l’insufficienza o la
contraddittorietà di ciò che sia, In tesi, inesistente.
6. Ma anche guardando al contenuto concreto dei due quesiti formulati, ne
emerge la difformità dai canoni ermeneutici da tempo elaborati da questa Corte.

corredare, a pena di inammissibilità, i motivi riconducibili ai n. 5) dell’art. 360,
primo comma, cod. proc. civ., deve consistere in un passaggio espositivo distinto
ed autonomo rispetto allo svolgimento del motivo – ossia un quid pluris rispetto
all’illustrazione del mezzo (Cass. s.u. n. 12339 del 2010; Cass. n. 8897 e n.
4309 del 2008; n. 21194 del 2014) – finalizzato ad individuare, chiaramente e
sinteticamente, il fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al
quale la motivazione si assume omessa, o insufficiente, o contraddittoria, con
specifica segnalazione delle ragioni per le quali la motivazione risulta inidonea a
giustificare la decisione (ex plurimis, Cass. su. n. 20603 del 2007 e n. 11652 del
2008; Cass. n. 27680 del 2009).
7.1. Nulla di tutto ciò si riscontra nei quesiti formulati, non essendo anzi
nemmeno agevole individuare quale dei due sia destinato a sorreggere il dedotto
vizio motivazionale, potendosi solo presumere che si tratti del secondo, per il
riferimento in esso contenuto – in modo però assolutamente ed
inammissibilmente generico – a “semplici obiezioni e sospetti” non meglio
indicati, sulla base dei quali sarebbe stato (malamente) assolto l’onere
probatorio dell’amministrazione finanziaria.
8.

Quanto alla violazione o falsa applicazione di legge, lamentata in

relazione al n. 3) dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., il relativo quesito
di diritto avrebbe dovuto contenere, sempre a pena di inammissibilità: a) una
sintesi degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) l’indicazione della
regola di diritto da questi applicata; c) la diversa regola di diritto ritenuta da
applicare; il tutto in modo tale che il giudice di legittimità, nel rispondere al
quesito, possa formulare una regula iuris suscettibile di applicazione anche in
diversi casi (Cass. s.u., nn. 2658 e 28536 del 2008, n. 18759 del 2009; Cass. n.
22704 del 2010, n. 21164 del 2013, nn. 11177 e 17958 del 2014). Del resto,
assolvendo la funzione di Integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del
caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, i quesiti in
questione debbono mettere la Corte in grado di comprendere – anche attraverso

ud. 13/1/2015

n. 11062/09 R.G.

7. In particolare, il “momento di sintesi” (o “quesito di fatto”) che deve

dal giudice di merito, nonché della regola che si assume, in sua vece, applicabile.
8.1. Anche in tal caso non risulta rispettato il riferito paradigma legale,
poiché nessuno dei due quesiti mira a censurare delle specifiche parti della
sentenza impugnata, rivolgendosi invece il ricorrente direttamente al giudice di
legittimità, per sentir dichiarare se siano stati correttamente assolti gli oneri
probatori rispettivamente gravanti sul contribuente e sull’amministrazione
finanziaria; ma così facendo si snatura il giudizio di legittimità in ulteriore grado
di merito, ove sia possibile superare le valutazioni del giudice d’appello “non
condivise, e per ciò solo censurate, al fine di ottenerne la sostituzione con altre
più consone ai propri desiderata, quasi che nuove Istanze di fungibilità nella
ricostruzione dei fatti di causa fossero ancora legittimamente proponibili dinanzi
al giudice di legittimità” (Cass. s.u. n. 7931/13; conf. Cass. n. 3396/15 e n.

12264/14).
9. In conclusione, il ricorso va respinto.
10. Il mancato svolgimento di difese da parte dell’Agenzia delle entrate
intimata esclude la necessità di statuizione sulle spese del giudizio di legittimità,
le quali restano a carico della parte che le ha anticipate.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Nulla sulle spese.
Così deciso in Roma, nella ca Ara di consiglio del 13 gennaio 2015.

3

ESENTE DA REGISTRAZIONE
Al SENSI DEL D.P.R. 26/4/1946
N. .13 i TAB. ALI. 13. – N. 3
MATERIA Thauniam
la loro semplice lettura – la prospettazione dell’errore asseritamente compiuto

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