Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12515 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/05/2010, (ud. 04/05/2010, dep. 21/05/2010), n.12515

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. MONACI Stefano – Consigliere –

Dott. PICONE Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MUZIO

CLEMENTI,68, presso lo studio dell’avvocato BECCACECI GAIA,

rappresentato e difeso dall’avvocato LEONARDI RICCARDO, giusta delega

a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA – Societa’ per Azioni (gia’ FERROVIE DELLO

STATO S.p.A. Societa’ di Trasporti e Servizi per Azioni), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell’avvocato OZZOLA

MASSIMO, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 741/2008 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA,

depositata il 14/01/2009 R.G.N. 112/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

04/05/2010 dal Consigliere Dott. PICONE Pasquale;

udito l’Avvocato LEONARDI RICCARDO;

udito l’Avvocato SILVAGNI BARBARA per delega OZZOLA MASSIMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUCCI Costantino; che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. C.M., dipendente delle ferrovie dello Stato, venne licenziato con preavviso il 18 agosto 1992, previa contestazione di addebito in data 31 luglio 1992 fondata sul fatto che il 9 giugno 1992 il Tribunale di Milano aveva emesso nei suoi confronti sentenza penale di condanna per il reato di atti di libidine violenti ai danni di una viaggiatrice.

2. Rigettata l’impugnazione del licenziamento dal Pretore di Ancona, in accoglimento dell’appello del lavoratore, il provvedimento disciplinare venne annullato dal Tribunale di Ancona con sentenza n. 245/1996. La sentenza di appello fu poi cassata con rinvio con decisione di questa Corte n. 12452 del 1998.

3. Il Tribunale di Pesaro, quale giudice di rinvio, con sentenza n. 605 del 2001 riformo’ la sentenza di primo grado dichiarando illegittimo il licenziamento e condannando le Ferrovie a reintegrare il C. nel posto di lavoro e a risarcirgli il danno. Il giudice del rinvio, premesso che dopo la sentenza di cassazione il punto controverso era costituito soltanto della tempestivita’ della contestazione dell’addebito posto a base del licenziamento, osservava che, a norma dell’art. 86 del c.c.n.l. applicabile al rapporto di lavoro, la contestazione dell’addebito doveva essere fatta entro trenta giorni decorrenti dalla cognizione del fatto oppure entro centocinquanta giorni dalla conclusione di particolari e prolungati accertamenti eventualmente necessari.

Riteneva quindi che, sulla base delle indicazioni contenute nella sentenza rescindente, la “cognizione del fatto” doveva intendersi quale conoscenza di tutti di elementi oggettivi e soggettivi della condotta imputata al dipendente e che tale conoscenza si era avuta per le Ferrovie solo a seguito della pronunzia di sentenza penale di condanna emessa in primo grado dal Tribunale di Milano in data 9 giugno 1992, ma in relazione a tale data la contestazione non era tempestiva, risultando superato il termine di trenta giorni.

4. Il ricorso per Cassazione proposto per un unico motivo da Rete Ferroviaria Italiana SpA, subentrata nel rapporto di lavoro a Ferrovie dello Stato SpA, e’ stato accolto con sentenza 5 febbraio 2004, n. 2150 con rinvio alla Corte di appello di Bologna. La stessa sentenza ha rigettato il ricorso incidentale del C..

5. Il giudice del nuovo rinvio, con la sentenza di cui si domanda la cassazione rigetta l’appello del C. e conferma la decisione del Pretore di Ancona del 4.11.1994, n. 26. La statuizione e’ giustificata con la considerazione che la sentenza di cassazione aveva escluso che la “conoscenza del fatto” potesse coincidere con la mera pubblicazione della sentenza penale nei confronti di soggetto estraneo al giudizio penale; che aveva disposto il nuovo giudizio per accertare l’epoca di conoscenza effettiva della sentenza; che la stessa sentenza aveva rigettato il ricorso incidentale (condizionato) del lavoratore che censurava la sentenza per non avere attribuito rilievo alle circostanze che dimostravano la conoscenza del fatto gia’ in epoca anteriore alla pronuncia della sentenza penale; che dall’assolvimento dell’unico e circoscritto compito affidato al giudice del rinvio risultava che la conoscenza della sentenza si era avuta per l’azienda non prima del 15 luglio 1992 sicche’ l’obbligo di tempestivita’ era stato rispettato con la contestazione avvenuta in data 4 agosto 1992.

6. Il ricorso di C.M. si articola in tre motivi;

resiste con controricorso Rete Ferroviaria Italiana SpA, ulteriormente precisato con memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione di norme di diritto e vizio della motivazione, il ricorrente sostiene che il fatto disciplinarmente rilevante non era costituito dall’essere intervenuta una sentenza irrevocabile di condanna e, quindi, la conoscenza del fatto stesso doveva desumersi gia’ dalla notizia della contestazione in sede penale con iscrizione nel registro delle notizie di reato, dal decreto che aveva disposto il giudizio, della pronuncia del dispositivo che imponeva il deposito della motivazione non oltre il 19 giugno 1992, sicche’ era stato violato il termine prescritto per la contestazione dall’art. 86 c.c.n.l. 1990/1992. In questi termini e’ formulato il quesito di diritto che conclude il motivo.

2. Con il secondo motivo, sotto il profilo della violazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 e dell’art. 86 del c.c.n.l., unitamente al vizio di motivazione illogica, sono svolte in sostanza le stesse considerazioni contenute nel primo motivo, sostenendosi che il fatto disciplinarmente rilevante era stato conosciuto dall’azienda ben prima e indipendentemente dalla sentenza penale (in particolare, con la notizia degli esiti delle indagini preliminari e dei risultati dello svolgimento di un’inchiesta interna); di conseguenza, la motivazione della sentenza penale non poteva avere alcuna rilevanza ai fini della decorrenza del termine per la contestazione dell’addebito.

3. Esaminati congiuntamente i primi due motivi di ricorso per la gia’ evidenziata connessione tra le argomentazioni, la Corte deve dichiararne l’inammissibilita’ perche’ e’ preclusa dal giudicato interno la proposizione della questione relativa al revento idoneo a determinare la “conoscenza del fatto” da parte delle Ferrovie ed a costituire il dies a qua del decorso del termine di trenta giorni.

Trova, infatti, applicazione il principio, consacrato dall’art. 384 c.p.c., dell’efficacia preclusiva della sentenza di cassazione con rinvio, efficacia preclusiva che riguarda non solo le questioni oggetto di esame nel giudizio di legittimita’, ma anche quelle che costituiscono il necessario presupposto della sentenza (vedi, tra le numerose decisioni, Cass. 15 giugno 2006, n. 13787; 23 marzo 2005, n. 6260).

3.1. L’effetto preclusivo dell’anzidetta questione emerge con chiarezza dall’esame della sentenza di cassazione (che la Corte ha il potere di compiere direttamente: Cass. 25 marzo 2005, n. 6461).

3.2. Il ricorso principale viene accolto rilevando che la sentenza del Tribunale di Pesaro, dopo aver affermato che solo con la sentenza penale del Tribunale di Milano il datore di lavoro aveva preso cognizione del fatto, ne aveva tratto la conclusione che la data di pubblicazione della decisione coincideva con la data di cognizione del fatto prevista dal contratto collettivo come termine iniziale del decorso dei trenta giorni per la contestazione dell’addebito, pur risultando che le Ferrovie erano rimaste estranee al processo penale;

mancava, pertanto, il passaggio intermedio che potesse giustificare tale convincimento. La conclusione e’ che la sentenza difetta di motivazione su tale punto essenziale e deve essere annullata con rinvio ad altro giudice che dovra’ chiarire come in presenza di una norma contrattuale che prevede la consumazione del potere di contestazione dell’addebito disciplinare entro trenta giorni dalla cognizione del fatto, quando tale cognizione dipenda dal contenuto di una sentenza penale a carico del lavoratore, il termine possa decorrere dalla data di deposito della sentenza stessa anche quando il datore di lavoro non sia stato parte nel processo in cui la sentenza e’ stata resa. In proposito il giudice di merito dovra’ considerare che se il contratto collettivo fa riferimento alla cognizione del fatto la pubblicazione della sentenza costituisce una delle condizioni di conoscibilita’ del fatto stesso ma non ne implica la concreta cognizione. Il giudice di merito, sulla base di tali indicazioni, accertera’ quindi quando il datore di lavoro abbia acquisito tale conoscenza effettiva e individuera’ in tale momento il termine dal quale far decorrere i trenta giorni previsti dall’art. 86 del ccnl applicabile”.

3.3. Risulta poi esaminato e rigettato il ricorso incidentale condizionato del lavoratore, che censurava la sentenza impugnata per avere escluso che la conoscenza del fatto fosse stata raggiunta dalle Ferrovie dello Stato indipendentemente dalla sentenza penale ed in epoca precedente la sua pubblicazione, in particolare con la chiusura delle indagini preliminari.

Osserva la sentenza di cassazione che la censura si risolveva nella contrapposizione di un diverso accertamento a quello compiuto dal giudice del merito, come tale non sindacabile.

3.4. Si deve, pertanto, concludere nel senso che, nel presupposto che la conoscenza del fatto prevista dal contratto collettivo fosse stata raggiunta soltanto con la cognizione della sentenza penale, il giudice del rinvio e’ stato incaricato unicamente di accertare la data dell’acquisizione di tale conoscenza. Nessuna altra indagine percio’ doveva e poteva compiere la Corte di appello di Bologna.

4. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia omessa motivazione in ordine alla circostanza rappresentata dall’avvenuto riconoscimento da parte dell’azienda datrice di lavoro di avere avuto completa conoscenza del fatto in data 4 giugno 1992. in coincidenza con la pronuncia della sentenza penale, come espressamente dichiarato nella memoria di costituzione in data 11 dicembre 1995 nel giudizio dinanzi al Tribunale di Ancona, e cio’ nel sostenere la tesi che il termine per la contestazione fosse di centocinquanta giorni e non di trenta.

5. Il motivo non e’ fondato perche’ il fatto trascurato dal giudice del rinvio non investe un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) e non sussiste percio’ il denunciato vizio della motivazione.

E’ lo stesso ricorrente a riferire che la difesa delle Ferrovie nel giudizio di appello sosteneva che il termine per la contestazione dell’addebito dovesse essere quello di centocinquanta giorni, essendovi necessita’ di indagini e valutazioni complesse. Nella logica di tale impianto difensivo e’ perfettamente comprensibile come la data di pronuncia della sentenza penale sia stata menzionata quale dies a quo che, in ogni caso, non implicava decadenza dal potere di contestare l’addebito. Si aggiunga, inoltre, che l’affermazione contenuta nello scritto difensivo non risulta dalle allegazioni del ricorrente imputabile alla parte, ma solo al suo difensore, come tale privo della disponibilita’ del diritto necessaria per configurare confessione (vedi Cass. 19 febbraio 2003, n. 2469; 11 agosto 2008, n. 21517).

6. L’esito dell’esame dei motivi di ricorso comporta il rigetto dell’impugnazione. Il ricorrente e’ condannato al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio di cassazione nella misura determinata in dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese degli onorari del giudizio di cassazione, liquidate le prime in Euro 22,00 oltre spese accessorie, iva e cpa, ed i secondi in Euro 3000,00 (tremila/00).

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 4 maggio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

 

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