Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12513 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 16/06/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 16/06/2016), n.12513

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4584-2015 proposto da:

VILLA PINETA DI M.T. E C. SNC, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE rappresentata e difesa dall’avvocato MAURIZIO

VILLANI giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 2086/24/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di BARI SEZIONE DISTACCATA di LECCE del 17/07/2013,

depositata il 21/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’11/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI

CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

La CTR della Puglia, con sentenza n.2086/24/14, depositata il 21.10.2014, in parziale accoglimento dell’appello proposto dall’Agenzia delle entrate riteneva applicabili le sanzioni per lavoro irregolare a carico della società Villa Pineta di M. T. e c s.n.c. per i lavoratori individuati dall’ufficio ad eccezione degli operai D.D. e A. che risultavano impegnati presso altri istituti. La società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, al quale l’Agenzia delle entrate ha fatto seguire il deposito di controricorso.

Con il primo motivo la ricorrente deduce il difetto di giurisdizione del giudice tributario rispetto alla controversia dalla medesima iniziata alla stregua dei principi espressi dalla Corte costituzionale e dalle Sezioni Unite di questa Corte.

Con il secondo motivo deduce, in via graduata, la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3, contestando la legittimità della decisione impugnata laddove aveva accolto l’appello dell’Agenzia.

L’Agenzia delle entrate ha dedotto l’inammissibilità del ricorso per cassazione, essendo stato proposto da società cessata in data 24.9.2009. Ha poi rilevato che il difetto di giurisdizione del giudice tributario era già stato sollecitato dalla stessa Agenzia in sede di appello e che il secondo motivo restava assorbito dalla questione esposta nel primo motivo.

Premesso che l’Agenzia non ha documentato la cessazione della società, è fondato il primo motivo di ricorso con il quale si denunzia la violazione delle norme in tema di riparto di giurisdizione – D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1 in combinato disposto con il D.L. n. 12 del 2002, art. 3, comma 3 conv. nella L. n. 73 del 2002 -. La giurisdizione in materia appartiene al giudice ordinario e la sentenza della Corte costituzionale n.130/2008 andava applicata al giudizio nel quale era ancora controverso il tema della giurisdizione per effetto dell’appello sul punto proposto dall’Agenzia delle entrate.

Ed invero, Cass.S.U.n.15846/2009 – confermata da Cass.S.U. n. 1986 del 2012-ha ritenuto che a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 130/2008, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 (come sostituito dalla L. n. 448 del 2001, art. 12, comma 2), nella parte in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le controversie relative a tutte le sanzioni irrogate da uffici finanziari, anche quando conseguano alla violazione di disposizioni non aventi natura fiscale, deve escludersi la giurisdizione del giudice tributario in ordine alle controversie aventi ad oggetto l’irrogazione delle sanzioni previste dal D.L. 22 febbraio 2002, n. 12, art. 3, comma 3, per omessa registrazione del lavoratore dipendente nelle scritture obbligatorie, con la conseguente devoluzione di tali controversie alla giurisdizione ordinaria.

Tale principio è stato disatteso dalla CTR, la quale non ha considerato che la questione di giurisdizione, già prospettata dal ricorrente nel ricorso introduttivo, era stata oggetto di ricorso in appello da parte dell’Agenzia.

Dovendosi pertanto escludere il giudicato interno sulla giurisdizione del giudice tributario, ha errato la CTR nel ritenere irrilevante la decisione della Corte costituzionale n.130/2008, dotata di efficacia retroattiva rispetto alle controversie non definite con sentenza passata in giudicato.

La sentenza impugnata, in accoglimento del primo motivo, assorbito il secondo, va pertanto cassata dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice tributario e disponendo la riassunzione del giudizio innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria competente nei termini di legge.

Ricorrono giusti motivi per compensare le spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Cassa la sentenza impugnata. Dichiara il difetto di giurisdizione del giudice tributario e dispone la riassunzione del giudizio innanzi all’autorità giudiziaria ordinaria competente nei termini di legge.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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