Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12512 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. I, 24/06/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 4414-2019 r.g. proposto da:

O.F. (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato

SERENA Brachetti, presso il cui studio è elettivamente domiciliato

in Perugia, Via XIV Settembre n. 69;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, depositata in

data 18.12.2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/1/2020 dal Consigliere Dott. Amatore Roberto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Patrone Ignazio, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avv. Serena Brachetti, che ha chiesto

accogliersi il proprio ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Catania ha rigettato l’appello proposto da O.F., cittadino nigeriano, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di 2.12. con la quale erano state respinte le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della reclamata protezione sussidiaria ed umanitaria.

La corte del merito ha in primo luogo ricordato la vicenda personale del ricorrente, secondo quanto dallo stesso riferito; quest’ultimo ha infatti raccontato di essere stato costretto a fuggire dalla Nigeria in seguito a contrasti intercorsi con i familiari della sua fidanzata, i quali avevano ucciso suo padre ed avevano minacciato di fare altrettanto con lui.

La corte territoriale ha dunque ritenuto che non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato, in quanto il richiedente non era stato attinto da atti di persecuzione e perchè comunque il ricorrente stesso avrebbe potuto rivolgersi alle autorità per contenere il pericolo sopra rappresentato; ha evidenziato che non ricorrevano i presupposti applicativi della richiesta tutela sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007 ex art. 14, lett. b, e che non vi erano i requisiti neanche della residua tutela sussidiaria garantita dall’art. 14, lett. c, medesimo decreto da ultimo citato, provenendo il ricorrente da Benin City, che non è interessata da fenomeni di conflitti armati generalizzati e diffusi; ha ritenuto infine non fondata la domanda di protezione umanitaria, non essendo il ricorrente suscettibile di compressione, nei suoi diritti fondamentali, in caso di rimpatrio in Nigeria.

2. La sentenza, pubblicata il 18.12.2018, è stata impugnata da O.F. con ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della Convenzione di Ginevra, nonchè della L. n. 39 del 1990, art. 1. Si lamenta la violazione da parte dei giudici del merito dell’obbligo di cooperazione istruttoria e la possibile provenienza del pericolo di danno, per il richiedente, anche da vendette private dei familiari musulmani della fidanzata.

2. Con il secondo motivo si denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 4, nonchè vizio di motivazione ed omesso esame di fatti decisivi, in relazione all’erronea valutazione in ordine all’affermata assenza di conflitti armati generalizzati.

3. Il terzo mezzo articola, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, vizio di violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, in combinato disposto con l’art. 5, comma 6, del t.u. imm., e comunque omesso esame di un fatto decisivo, in relazione al diniego della richiesta protezione umanitaria.

4. Il quarto motivo censura il provvedimento impugnato per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3 e sempre per omesso esame di un fatto decisivo della controversia. Si denuncia la mancata attivazione dei poteri istruttori dei giudici del merito per la verifica del sistema giudiziario nigeriano.

5. Con il quinto mezzo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 32 Cost. e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, in relazione al mancato approfondimento istruttorio della possibilità di cura in Nigeria delle lamentate patologie.

6. Il ricorso è inammissibile.

6.1 Il primo motivo è inammissibile perchè non aggredisce la ratio decidendi della motivazione relativa al diniego della richiesta protezione internazionale, sub specie in particolare della tutela di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b, richiesta in ragione della possibilità di vendette private di carattere familiare. Ed invero, la corte di merito ha correttamente evidenziato che il richiedente avrebbe potuto far ricorso alle autorità statali per ottenere adeguata protezione.

Ebbene, la parte ricorrente non aggredisce tale ratio, evidenziando, se del caso, come era suo onere, di aver fatto ricorso a tale tutela, senza ottenerla.

Se, da un lato, va riaffermato il principio, secondo cui, nella forma della protezione sussidiaria, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3 e art. 14, lett. a) e b), il conseguente diritto non possa essere escluso dalla circostanza che agenti del danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati qualora nel paese d’origine non vi sia un’autorità statale in grado di fornirgli adeguata ed effettiva tutela (con conseguente dovere del giudice di effettuare una verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese e, quindi, sull’eventuale

inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali) (cfr. Sez. 6, sentenza n. 15192 del 20/07/2015; nello stesso senso,

anche: Sez. 6, Ordinanza n. 25873 del 18/11/2013;Sez. 6, Ordinanza n. 163 56 del 03/07/2017; Sez. 6, Ordinanza n. 23604 del 09/10/2017); dall’altro, occorre che il ricorrente alleghi, tuttavia, di aver inutilmente richiesto la protezione statuale, senza ottenerla.

6.2 Il secondo motivo è del pari inammissibile.

6.2.1 Inammissibile – in quanto volto ad introdurre un fatto nuovo nel dibattito processuale – risulta essere la censura relativa al trasferimento del ricorrente nel nord della Nigeria, nello Zamfara State, regione martoriata dagli attacchi terroristici di Boko Haram. Ed invero, la detta circostanza non emerge dalla lettura del provvedimento impugnato ed il ricorrente non chiarisce in quale scritto difensivo avesse allegato tale fatto per legittimare la sua richiesta di protezione, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c.

6.2.2 Per il resto le doglianze del ricorrente tentano di sollecitare questa Corte ad un’inammissibile rivalutazione del merito della decisione, in relazione ai profili di sicurezza interna di Benin City, sui quali la corte di merito esprime invece una motivazione adeguata e scevra da criticità argomentative.

6.3 Il terzo motivo è inammissibile in ragione dei medesimi motivi già illustrati in relazione alla prima censura, in quanto le doglianze non mettono in evidenza il decisivo profilo della richiesta di protezione eventualmente avanzata alle autorità statali per contenere il pericolo di “vendette private”.

6.4 Il quarto motivo non supera il vaglio di ammissibilità perchè attinge profili del tutto irrilevanti ai fini delle decisione, atteso che il ricorrente non spiega in quale modo la attivazione dei poteri istruttori dei giudici del merito avrebbe dovuto garantire una migliore ponderazione nella decisione, e ciò se si riflette sull’insuperabile circostanza che la mancata allegazione della richiesta di protezione alle autorità statali rende superfluo l’approfondimento istruttorio sul funzionamento dell’ordinamento giudiziario nigeriano.

6.5 Il quinto motivo è inammissibile perchè la deduzione avanzata in relazione alla mancata valutazione delle condizioni di salute del richiedente risulta essere fatto nuovo non dedotto nei precedenti gradi di giudizio, in assenza dell’indicazione da parte del richiedente di quale fosse la difesa, nella quale la predetta deduzione era stata avanzata, ed in mancanza di indicazione in tal senso contenute nel provvedimento impugnato.

6.5.1 Da ultimo, va aggiunto – in riferimento alle deduzioni difensive sollevate dall’Avv. Brachetti in sede di udienza di discussione e in relazione alle quali il predetto difensore ha richiesto la verbalizzazione scritta – che, in realtà, non possono essere introdotti, nella predetta sede processuale, argomenti difensivi nuovi rispetto a quelli già cristallizzati negli atti introduttivi del presente giudizio, servendo la udienza di discussione alla illustrazione delle tesi difensive già allegate nei predetti scritti difensivi.

6.5.2 Ad ogni buon conto, va ricordata – quanto alla questione dell’applicabilità retroattiva della normativa dettata dal D.L. n. 113 del 2018 – la recentissima sentenza resa a sezioni unite da questa Corte, secondo la quale, verbatim “In tema di successione delle leggi nel tempo in materia di protezione umanitaria, il diritto alla protezione, espressione di quello costituzionale di asilo, sorge al momento dell’ingresso in Italia in condizioni di vulnerabilità per il rischio di compromissione dei diritti umani fondamentali e la domanda volta a ottenere il relativo permesso attrae il regime normativo applicabile ne consegue che la normativa introdotta con il D.L. n. 113 del 2018, convertito con L. n. 132 del 2018, nella parte in cui ha modificato la preesistente disciplina contemplata dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, e dalle altre disposizioni consequenziali, non trova applicazione in relazione a domande di riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari proposte prima dell’entrata in vigore (5 ottobre 2018) della nuova legge; tali domande saranno, pertanto, scrutinate sulla base della normativa esistente al momento della loro presentazione, ma, in tali ipotesi, l’accertamento della sussistenza dei presupposti per il riconoscimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari sulla base delle norme esistenti prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 113 del 2018, convertito nella L. n. 132 del 2018, comporterà il rilascio del permesso di soggiorno per “casi speciali” previsto dall’art. 1, comma 9, del suddetto decreto legge” (Cass., ss.uu., sent. 29459/2019).

Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del giudizio di legittimità, in assenza di difese da parte dell’amministrazione intimata.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 131, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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