Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12512 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12512

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 27112/2014 R.G. proposto da:

B.F., rappresentato e difeso dall’Avv. Andrea Belli,

con domicilio eletto in Roma, via Ruggero Fauro, n. 62, presso lo

studio dello stesso;

– ricorrente –

contro

Equitalia Sud s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Gioia Vaccari,

con domicilio eletto in Roma, viale Gioacchino Rossini, n. 18,

presso lo studio della stessa;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 1816/28/2014 depositata il 24 marzo 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 febbraio

2021 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Equitalia Sud s.p.a., agente della riscossione per la Provincia di Roma, notificò a B.F. una cartella di pagamento, con l’iscrizione a ruolo di IRPEF e Addizionali regionale e comunale all’IRPEF per gli anni d’imposta 2001, 2004 e 2005, oltre ai correlativi interessi e sanzioni, operata sulla base di tre avvisi di accertamento divenuti definitivi per mancata impugnazione;

con ricorso proposto contro Equitalia Sud s.p.a., la cartella di pagamento fu impugnata davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma, che rigettò l’impugnazione del contribuente;

avverso tale pronuncia, B.F. propose appello alla Commissione tributaria regionale del Lazio (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò con la motivazione che: a) “(è) dato incontestato (..) che il ricorso introduttivo del contribuente è stato notificato esclusivamente ad Equitalia Sud (…) e pertanto si deve rilevare la estraneità dell’Agente agli ulteriori motivi di opposizione (avvisi di accertamento) poichè tali motivi sono soltanto di competenza dell’Agenzia delle Entrate non evocata in giudizio dal contribuente ed in conseguenza, come giustamente hanno statuito i primi giudici il ricorso introduttivo e anche i motivi sollevati in appello riguardano soltanto la irritualità della notifica della cartella di pagamento”; b) “l’appello, pertanto, è destituito di giuridico fondamento”, atteso che: b.1) “la Corte di Cassazione (…) ha ritenuto che il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26 prevede che la notificazione, da parte dell’esattore, possa essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento, così come espressamente stabilito nel secondo periodo del comma 1 del citato articolo, “senza necessità di redigere una apposita “(…)”;

b.2) “la Cassazione (..), con la ultima sentenza n. 8613 del 14.05.2011 ha confermato che “in via generale la cartella esattoriale quale documento di riscossione degli importi contenuti nei ruoli deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto ministeriale che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, essendo sufficiente la sua intestazione per verificarne la provenienza nonchè la indicazione oltre che della somma da pagare, della causale tramite apposito numero di codice”. La regolarità della cartella, non dipende dall’apposizione del sigillo o del timbro o di una sottoscrizione illeggibile, quanto dal fatto che sia inequivocabilmente riferibile all’organo amministrativo titolare del potere di emetterlo”; b.3) “(sii ritiene pertanto rituale la notifica della cartella ed infondata altresì l’eccezione di nullità per omessa sottoscrizione della cartella (…)”; b.4) “(s)ulla debenza del tributo nulla quaestio in quanto si tratta di avvisi di accertamento regolarmente notificati e non impugnati e gli stessi sono stati seguiti dalla regolare notifica della cartella di pagamento ritualmente notificata a mezzo posta. Orbene, come già rilevato, gli atti presupposti sono stati emessi e non opposti, non possono essere esposte osservazioni ed eccezioni di merito sulla debenza del tributo; il contribuente non può pretendere di riesaminare detto merito con la impugnazione della cartella di pagamento che, può essere esposto soltanto a rilievi ed eccezioni di rito espressamente indicati”; b.5) “(l)a notificazione dei predetti atti presupposti, poi, esime il concessionario dalla esposizione di una approfondita motivazione, atteso che essa è insita nei predetti atti e, pertanto, non essendo stati impugnati i predetti atti e non avendo la cartella vizi propri, la conseguenza è che l’ufficio può dare il via libera alla riscossione”;

avverso tale sentenza della CTR, depositata il 24 marzo 2014 e non notificata, ricorre per cassazione B.F., che affida il proprio ricorso, notificato l’8/14 novembre 2014, a sei motivi;

Equitalia Sud s.p.a. resiste con controricorso, notificato il 19 dicembre 2014.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione della L. 13 aprile 1999, n. 112, art. 39 per avere la CTR ritenuto che, poichè il ricorso introduttivo – con il quale erano stati prospettati motivi attinenti sia all’invalidità della notificazione della cartella di pagamento sia “alla pretesa tributaria ed alla violazione della sequenza preordinata degli atti” (per non essere stati notificati i presupposti avvisi di accertamento) – era stato proposto esclusivamente nei confronti dell’agente della riscossione (e non anche dell’Agenzia delle entrate), non poteva decidere in ordine a detti ultimi motivi (attinenti “alla pretesa tributaria ed alla violazione della sequenza preordinata degli atti”), così “violando, disapplicandolo”, l’invocato art. 39, “a mente del quale avrebbe dovuto ritenere validamente introdotto il ricorso e tutti i relativi motivi nei confronti del solo concessionario”;

con il secondo motivo, il ricorrente, “(s)ulla scorta delle considerazioni (..) svolte” con riferimento al primo motivo, denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità del procedimento per violazione e falsa applicazione del principio del contraddittorio, di cui all’art. 101 c.p.c., nonchè “dei principi (..) in tema di legittimazione e sostituzione processuale” sanciti dagli artt. 75 e 81 c.p.c. e dalla L. n. 112 del 1999, art. 39;

con il terzo motivo, il ricorrente – “per l’ipotesi in cui la Corte dovesse ritenere che la Commissione Tributaria Regionale non si sia pronunciata sui motivi di appello, involgenti la pretesa tributaria di competenza dell’Agenzia delle entrate ed in particolare la violazione della sequenza preordinata degli atti nel procedimento di formazione della ridetta pretesa” – denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., “per omessa pronuncia sulle domande e motivi tutti ritualmente formulati dal ricorrente”;

con il quarto motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 58 per “omessa pronuncia in violazione dell’art. 112” c.p.c. e per “correlate violazioni del principio del contraddittorio” di cui all’art. 101 dello stesso codice, per non avere la CTR “pronunciato, se non implicitamente”, sulla propria eccezione (sollevata “nella prima difesa utile a seguito dell’avversa costituzione, ovvero con memorie illustrative redatte D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 32”) di “tardività ed inammissibilità” della produzione, solo in sede di costituzione in appello, da parte di Equitalia Sud s.p.a., dei prodromici avvisi di accertamento e delle relative relazioni di notificazione, e per avere, comunque, considerato tali documenti nonostante l’inammissibilità della loro produzione, sia in quanto ampliativa della materia del contendere sia in quanto egli ebbe “conoscenza dell’avversa costituzione e della relativa produzione documentale solo in data 29.11.2013 (come peraltro risulta dalla ricevuta di richiesta copia dei documenti contenuta nel fascicolo di ufficio) vale a dire pochissimi giorni prima dell’udienza e (dovette) redigere le proprie memorie illustrative in pochissimo tempo in quanto il sistema informatico della Commissione al quale i difensori sono adusi attingere per verificare il deposto di atti del processo, seppure più volte interpellato, non indicava la costituzione di Equitalia (come da doc. 6 prodotto con la ridetta memoria)”;

con il quinto motivo, il ricorrente – “ffin via subordinata, e per l’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la Commissione Regionale abbia ritenuto rituale la produzione documentale del Concessionario ed implicitamente disatteso l’eccezione del B.” – denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), la violazione dell’art. 140 c.p.c., per avere la CTR affermato la regolarità della notificazione dei prodromici avvisi di accertamento nonostante: a) egli avesse “disconosciuto come propria la firma apposta sugli avvisi di ricevimento delle raccomandate”; b) il messo che eseguì le notificazioni avesse omesso di effettuare tutti gli adempimenti del procedimento previsto dall’invocato art. 140 c.p.c., atteso che: b.1) “non aveva provveduto ad effettuare l’affissione alla porta dell’abitazione, della quale infatti non si fa menzione nella relata di notifica”; b. 2) “non aveva curato, o correttamente curato, l’ultimo adempimento della fattispecie notificatoria anche perchè i relativi avvisi a mezzo raccomandata erano stati consegnati e controfirmati, anche in questo caso, da un soggetto diverso da esso contribuente a lui del tutto sconosciuto”; b.3) “(i)n relazione poi all’ultimo adempimento della fattispecie notificatoria ovvero spedizione dell’avviso del deposito mediante raccomandata – (..) alle relate di notifica non risultano allegate le ricevute di spedizione degli avvisi di deposito (..) e della spedizione non si fa menzione nella relata di notifica”;

con il sesto motivo, il ricorrente denuncia, “(i)n via di mero subordine”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 4), “mancanza di motivazione e violazione dell’art. 132, n. 4” (rectius: 132 c.p.c., comma 2, n. 4), nonchè, “(i)n via di ulteriore subordine”, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), “omesso esame di un fatto decisivo (consistente nella notificazione degli avvisi di accertamento”, atteso che: a) quanto alla prima denuncia: a.1) “la motivazione della sentenza impugnata laddove declina l’esame di alcuni motivi di appello (attinenti “alla pretesa tributaria ed alla violazione della sequenza preordinata degli atti”) e di seguito li decide, respingendoli, è a tal punto contraddittoria ed incomprensibile da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum”; a.2) “fila motivazione è poi del tutto insussistente in parte qua, ovvero sul punto della validità della notifica degli avvisi di accertamento anche per la mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”; b) quanto alla seconda denuncia, la CTR “ha omesso di esaminare la questione” della notificazione degli avvisi di accertamento;

il primo e il secondo motivo, riguardando entrambi, nella sostanza, la questione se sia inammissibile il ricorso concernente la cartella di pagamento proposto soltanto nei confronti dell’agente della riscossione quando, con lo stesso ricorso, si facciano valere (esclusivamente o parzialmente; nel quale secondo caso l’eventuale inammissibilità sarebbe, evidentemente, parziale) vizi attinenti all’omessa notificazione dell’avviso di accertamento presupposto o alla sussistenza o no dell’obbligazione tributaria, possono essere esaminati congiuntamente;

essi sono fondati;

a proposito della detta questione, va ricordato quanto è stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza 25/07/2007, n. 16412, la quale, in relazione a una fattispecie in cui era stato impugnato un avviso di mora, affrontò il “problema – dato che l’avviso di mora è un atto dell’esattore, al quale è anche rimessa l’attività di notificazione della cartella di pagamento – se l’azione del contribuente debba essere svolta (esclusivamente o indifferentemente) nei confronti dell’amministrazione finanziaria o del concessionario o necessariamente nei confronti di entrambi”;

le Sezioni Unite hanno chiarito che, “(t)enendo presente il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, comma 3, potrebbe dirsi, in prima approssimazione, che l’individuazione del legittimato passivo dipende dalla scelta in concreto effettuata dal contribuente nell’impugnare l’avviso di mora: ossia dal fatto se egli abbia dedotto l’omessa notifica dell’atto presupposto, o abbia contestato, in via mediata, la stessa pretesa tributaria azionata nei suoi confronti. In questo secondo caso, infatti, non potrebbe esservi dubbio che spetti all’amministrazione, e non al concessionario, la legittimazione passiva, essendo la stessa titolare del diritto di credito oggetto di contestazione nel giudizio, mentre il secondo è, come è stato rilevato da questa Corte, un (mero) destinatario del pagamento (v., sia pur in una diversa fattispecie, ma con enunciazione di principi che possono ritenersi rilevanti nel caso de quo, Cass. n. 11746 del 2004), o, più precisamente, con riferimento allo schema dell’art. 1188 c.c., comma 1, il soggetto (incaricato dal creditore e) autorizzato dalla legge a ricevere il pagamento (v. Cass. n. 21222 del 2006). V’è, peraltro, da rilevare che a norma del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 40, prima, e del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39, poi, “il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”: in buona sostanza, se l’azione del contribuente per la contestazione della pretesa tributaria a mezzo dell’impugnazione dell’avviso di mora è svolta direttamente nei confronti dell’ente creditore, il concessionario è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa (v. Cass. n. 21222 del 2006); se la medesima azione è svolta nei confronti del concessionario, questi, se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite, deve chiamare in causa l’ente titolare del diritto di credito. In ogni caso l’aver il contribuente individuato nell’uno o nell’altro il legittimato passivo nei cui confronti dirigere la propria impugnazione non determina l’inammissibilità della domanda, ma può comportare la chiamata in causa dell’ente creditore nell’ipotesi di azione svolta avverso il concessionario, onere che, tuttavia, grava su quest’ultimo, senza che il giudice adito debba ordinare l’integrazione del contraddittorio.

La risposta non può essere diversa per il caso in cui il contribuente, a fondamento dell’impugnazione dell’atto consequenziale, abbia dedotto l’omessa notificazione dell’atto presupposto.

Invero il “vizio” in questione non può essere ridotto alla (mera) dimensione di “vizio proprio dell’atto”, come se fosse, ad es., analogo ad un vizio riferito alla (pretesa) difformità del contenuto dell’atto rispetto allo schema legislativo: si tratta di qualcosa di più rilevante, come in precedenza si è cercato di illustrare. Si tratta di un “vizio procedurale” che, incidendo sulla sequenza procedimentale stabilita dalla legge a garanzia del contribuente, determina l’illegittimità dell’intero processo di formazione della pretesa tributaria, la cui correttezza è assicurata mediante il rispetto dell’ordinato progredire delle notificazioni degli atti, destinati, con diversa e specifica funzione, a portare quella pretesa nella sfera di conoscenza del contribuente e a rendere possibile per quest’ultimo un efficace esercizio del diritto di difesa. Si tratta, quindi, pur sempre di un vizio che ridonda sulla stessa sussistenza della pretesa tributaria, potendone determinare la eventuale decadenza: tanto più quando sia impugnato un avviso di mora facendo valere l’omessa notificazione di una cartella emessa ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis o 36 ter, la quale ha valore di vero e proprio atto di esercizio del potere impositivo, essendo il primo atto notificato al contribuente in relazione alla pretesa erariale. Sicchè la legittimazione passiva resta in capo all’ente titolare del diritto di credito e non al concessionario il quale, se fatto destinatario dell’impugnazione, dovrà chiamare in giudizio il predetto ente, se non vuole rispondere dell’esito della lite, non trattandosi nella specie di vizi che riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi: l’enunciato principio di responsabilità esclude, come già detto, che il Giudice debba ordinare ex officio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non sussiste tra ente creditore e concessionario una fattispecie di litisconsorzio necessario, anche in ragione dell’estraneità del contribuente al rapporto (di responsabilità) tra l’esattore e l’ente impositore”;

in esito a tali argomentazioni, le Sezioni Unite enunciarono, tra gli altri, il principio di diritto secondo cui, premesso che l’omissione della notificazione di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto conseguenziale notificato e che tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta o di impugnare, per tale semplice vizio, l’atto conseguenziale notificatogli o di impugnare cumulativamente anche l’atto presupposto (non notificato) per contestare radicalmente la pretesa tributaria, in entrambi tali casi “(lJ’azione può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore””;

tale orientamento è stato fatto proprio anche dalle Sezioni semplici di questa Corte, le quali hanno, anche di recente, ribadito che, “(i)n caso di impugnazione dell’avviso di mora, la legittimazione passiva discende dalle contestazioni effettuate dal contribuente, spettando all’amministrazione, in quanto titolare del diritto di credito, e non al concessionario, in quanto mero destinatario del pagamento, quando venga contestata la stessa pretesa tributaria. In tale evenienza, tuttavia, se l’azione è rivolta nei confronti del concessionario, quest’ultimo, ai sensi del D.P.R. n. 43 del 1988, art. 40 e del D.Lgs. n. 112 del 1999, art. 39 ha l’onere di chiamare in causa l’ente titolare al fine di evitare di rispondere dell’esito sfavorevole della lite, senza che l’eventuale omissione determini l’inammissibilità della domanda o imponga al giudice di ordinare l’integrazione del contraddittorio” (Cass., 18/02/2020, n. 3955);

con specifico riferimento al ricorso avverso la cartella di pagamento, è stato altresì affermato che, “(Un tema di contenzioso tributario, il contribuente, qualora impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario per la riscossione per motivi che attengono alla mancata notifica degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti dell’ente impositore o del concessionario, senza che sia configurabile alcun litisconsorzio necessario, costituendo l’omessa notifica dell’atto presupposto vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto successivo ed essendo rimessa al concessionario la facoltà di chiamare in giudizio l’ente impositore” (Cass., 02/02/2012, n. 1532, 28/04/2017, n. 10528);

la CTR, nella sentenza impugnata, non si è attenuta a tali principi;

essa infatti, motivando che “(è) dato incontestato (…) che il ricorso introduttivo del contribuente è stato notificato esclusivamente ad Equitalia Sud (…) e pertanto si deve rilevare la estraneità dell’Agente agli ulteriori motivi di opposizione (avvisi di accertamento) poichè tali motivi sono soltanto di competenza dell’Agenzia delle Entrate non evocata in giudizio dal contribuente ed in conseguenza, come giustamente hanno statuito i primi giudici il ricorso introduttivo e anche i motivi sollevati in appello riguardano soltanto la irritualità della notifica della cartella di pagamento”, ha asserito (pur con espressioni oggettivamente poco perspicue) di non potersi pronunciare sui motivi con i quali il contribuente aveva dedotto vizi attinenti all’omessa notificazione degli avvisi di accertamento presupposti e alla (in)sussistenza dell’obbligazione tributaria in quanto l’azione non era stata proposta (anche) nei confronti dell’ente impositore Agenzia delle entrate, in tale modo statuendo, nella sostanza, la parziale inammissibilità dell’appello per difetto di legittimazione passiva dell’agente della riscossione;

qualora si fosse attenuta ai principi sopra richiamati, la CTR avrebbe invece dovuto ritenere l’integrale ammissibilità dell’azione del contribuente e il proprio potere/dovere di pronunciarsi su tutti i motivi da lui formulati;

da ciò la fondatezza del primo e del secondo motivo;

l’esame del terzo motivo è assorbito dall’accoglimento di tali due motivi;

il quarto e il quinto motivo – i quali concernono entrambi questioni relative al motivo di appello con il quale il contribuente aveva dedotto il vizio attinente alla notificazione degli avvisi di accertamento presupposti – sono inammissibili;

come si è detto, affermando di non potersi pronunciare, tra l’altro, su tale motivo, la CTR ha statuito, nella sostanza, l’inammissibilità dell’appello nella parte relativa alla denuncia di esso;

trova quindi applicazione il consolidato principio di diritto, affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, “(q)ualora il giudice, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), con la quale si è spogliato della “potestas iudicandi” in relazione al merito della controversia, abbia impropriamente inserito nella sentenza argomentazioni sul merito, la parte soccombente non ha l’onere nè l’interesse ad impugnare; conseguentemente è ammissibile l’impugnazione che si rivolga alla sola statuizione pregiudiziale ed è viceversa inammissibile, per difetto di interesse, l’impugnazione nella parte in cui pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito, svolta “ad abundantiam” nella sentenza gravata” (Cass., S.U., 20/02/2007, n. 3840; Cass., 20/08/2015, n. 17004, 19/12/2917, n. 30393, 23/05/2019, n. 13977, 17/06/2020, n. 11675);

da tale principio discende anche l’infondatezza delle eccezioni di inammissibilità del primo e del secondo motivo per difetto “del carattere della decisività” sollevate dalla controricorrente sul rilievo che la CTR “si è pronunciata sul motivo di appello relativo alla dedotta mancata notifica dei presupposti avvisi di accertamento”;

l’esame del sesto motivo, essendo esso prospettato in via subordinata, è assorbito dall’accoglimento del primo e del secondo motivo;

pertanto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al primo e al secondo motivo, assorbiti il terzo e il sesto e dichiarati inammissibili il quarto e il quinto, e la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, affinchè esamini i motivi (e le relative questioni) con i quali il contribuente ha dedotto vizi attinenti all’omessa notificazione degli avvisi di accertamento presupposti e alla (in)sussistenza dell’obbligazione tributaria e provveda altresì a regolare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il primo e il secondo motivo; dichiara assorbiti il terzo e il sesto motivo e inammissibili il quarto e il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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