Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12511 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. I, 24/06/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12511

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 2151-2019 r.g. proposto da:

C.O. (cod. fisc. (OMISSIS)), rappresentato e difeso, giusta

procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato Vincenzo

Retico, elettivamente domiciliato in Roma presso la Cancelleria

della Corte di Cassazione;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (cod. fisc. (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore il Ministro;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila, depositata in

data 13.6.2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/1/2020 dal Consigliere Dott. Roberto Amatore;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Dott. Patrone

Ignazio, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito, per il ricorrente, l’Avv. Biangianti, che ha chiesto

accogliersi il proprio ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di L’Aquila 1 ha rigettato l’appello proposto da C.O., cittadino della Costa d’Avorio, avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di L’Aquila, con la quale erano state respinte le domande volte al riconoscimento dello status di rifugiato e della reclamata protezione sussidiaria ed umanitaria.

La corte del merito ha, in primis, ricordato la vicenda personale del richiedente, secondo il racconto di quest’ultimo; il ricorrente ha infatti narrato di essere fuggito dal suo paese in seguito alla morte del padre, temendo di perdere anche lui la vita allo stesso modo di quest’ultimo, e cioè per il sortilegio eseguito da colui il quale aveva venduto una piantagione al padre e con il quale quest’ultimo aveva avuto un contrasto per il pagamento del prezzo; ha, inoltre, evidenziato la non ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento della richiesta protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a e b; ha ritenuto infondata anche la domanda di protezione sussidiaria collegata al pericolo di danno ex art. 14, lett. c, medesimo decreto da ultimo citato, non essendo la Costa d’Avorio attualmente interessata da conflitti armati; ha evidenziato anche la infondatezza della domanda indirizzata ad ottenere la richiesta protezione umanitaria, in quanto non era stata allegata dal ricorrente alcuna condizione di vulnerabilità e perchè generiche erano state le allegazioni in punto di effettiva integrazione del richiedente in Italia.

2. La sentenza, pubblicata il 13.6.2018, è stata impugnata da C.O. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto difese.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, in relazione alla richiesta di protezione umanitaria, in ordine al profilo della mancata considerazione dell’integrazione sociale del richiedente in Italia.

2. Con il secondo motivo si articola, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, vizio di difetto di motivazione in ordine alla carente valutazione della condizione di vulnerabilità del ricorrente.

3. Il ricorso è inammissibile.

Possono essere esaminati congiuntamente i due profili di doglianza, profili che non superano il vaglio di ammissibilità per le medesime ragioni.

Osserva la Corte come, a fronte di una motivazione che stigmatizza la genericità di allegazione da parte dell’appellante in ordine alle ragioni di vulnerabilità soggettiva del richiedente poste a sostegno della domanda di protezione umanitaria, l’odierno ricorrente continua a non indicare, anche in questa sede, quali siano i profili di lesione e di danno, in caso di rientro in patria e non aggredisce neanche la ratio decidendi posta a sostegno del diniego della predetta decisione, proponendo solo censure generiche in ordine alla mancata valutazione comparativa, richiesta in questa sede anche dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 4455/2018).

Le doglianze così proposte sono pertanto irricevibili.

Nessuna statuizione è dovuta per le spese del presente giudizio di legittimità, stante la mancata difesa dell’amministrazione intimata.

Non ricorrono le condizioni per il pagamento del doppio contributo, stante l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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