Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12510 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. lav., 21/05/2010, (ud. 22/04/2010, dep. 21/05/2010), n.12510

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico – Presidente –

Dott. DI NUBILA Vincenzo – rel. Consigliere –

Dott. BANDINI Gianfranco – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 315/2007 proposto da:

S.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI

PIETRALATA 320, presso lo studio dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato FARES Michele, giusta delega a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCIO

Alessandro, VALENTE NICOLA, PULLI CLEMENTINA, giusta delega in calce

alla copia notificata del ricorso;

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 2580/2005 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 30/12/2005 R.G.N. 506/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

22/04/2010 dal Consigliere Dott. VINCENZO DI NUBILA;

udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per l’accoglimento del terzo motivo

e rigetto degli altri motivi.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con ricorso depositato in data 25.9.2000, S.M.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Lucera l’INPS per ottenere la pensione di inabilità. Previa costituzione ed opposizione del convenuto, il Tribunale espletava consulenza tecnica di ufficio ed all’esito accoglieva la domanda. Proponeva appello l’INPS e la Corte di Appello di Bari, disposto un nuovo accertamento peritale, riformava la pronuncia di primo grado: posticipava di un anno gli ipotetici effetti del riconoscimento in relazione alla data della domanda amministrativa; dava atto che fino al 26.2.2004 il S. aveva titolo alla sola pensione di invalidità (della quale già fruiva) e a partire da detta data alla pensione di inabilità. Se non che, osservava il giudice di appello, alla data del febbraio 2004 l’attore aveva già compiuto i 65 anni di età, per cui la sua ipotetica pensione di inabilità si convertiva in pensione di vecchiaia. Ne derivava il rigetto della domanda introduttiva.

2. Ha proposto ricorso per Cassazione S.M.A., deducendo tre motivi. L’INPS ha depositato delega ed ha partecipato alla discussione orale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. Con il primo motivo del ricorso, il ricorrente deduce omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in fatto circa un punto decisivo della controversia, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5: la Corte di Appello non ha dato risposta alle osservazioni del consulente di parte ed ha recepito acriticamente le osservazioni del consulente tecnico di ufficio. In realtà il S. doveva considerarsi totalmente inabile fino dal (OMISSIS), data del ricovero ospedaliero.

4. Con il secondo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 222 del 1984, art. 2, sotto il profilo che erroneamente la Corte di Appello si è richiamata alla normativa relativa agli invalidi civili, sottolineando di avere inteso chiedere l’assegno di inabilità assoluta a prescindere dai requisiti di cui all’art. 2 citato.

5. I due motivi sopra riportati possono essere esaminati congiuntamente, in quanto tra loro strettamente connessi. Essi risultano infondati in quanto si risolvono in una censura in fatto alla sentenza impugnata, nella parte in cui ha recepito la consulenza tecnica di ufficio di appello, che ha posticipato la decorrenza del riconoscimento di inabilità assoluta. Il giudice di appello ha adeguatamente motivato la propria decisione mediante il richiamo alla consulenza tecnica di ufficio ed osservando che fino a pochi mesi prima dell’accertamento peritale il soggetto era in grado di uscire e di deambulare, onde appare corretto far risalire l’inabilità alla data in cui venne meno la deambulazione insieme alla funzione prensile. Il richiamo alla consulenza tecnica è sufficiente ad integrare una corretta motivazione. Il fatto che la psoriasi fosse presente nel 1999 non dimostra che essa fosse talmente grave da cagionare una inabilità assoluta. Si versa quindi in un caso di dissenso diagnostico, in ordine al quale sarà sufficiente richiamare la copiosa giurisprudenza in tema di motivazione “per relationem” della sentenza di merito.

6. Con il terzo motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, della L. n. 222 del 1984, artt. 1 e 2, del R.D.L. n. 1827 del 1935, art. 45, del R.D.L. n. 639 del 1939, art. 2, della L. n. 153 del 1969, art. 22: la consulenza tecnica di ufficio ha accertato che quanto meno dal febbraio 2004 l’attore era totalmente inabile (ma in realtà lo era dal 1999); orbene, è infondato l’assioma proposto dall’INPS, secondo cui al compimento del 65^ anno l’assicurato in possesso dei requisiti per fruire della pensione di invalidità debba venire privato di tale beneficio perchè astrattamente titolare della pensione di vecchiaia.

Richiamata la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione, sostiene il ricorrente che in ogni caso l’assegno di inabilità doveva essere riconosciuto dalla domanda amministrativa del 1996, salva la facoltà di scelta per la prestazione più favorevole .

7. Il motivo è fondato in astratto, ma l’accoglimento del medesimo non giova comunque al ricorrente. Infatti un esito favorevole al S. presuppone l’accoglimento della domanda con effetto anteriore a quello stabilito dalla Corte di Appello, mentre la conferma della sentenza di appello in punto decorrenza dell’inabilità non porta ad un beneficio in concreto per il ricorrente stesso, con conseguente carenza di interesse.

La L. n. 222 del 1984, dispone con l’art. 1, tra l’altro che (comma 10) “al compimento dell’età stabilita per il diritto a pensione di vecchiaia, l’assegno di invalidità si trasforma, in presenza dei requisiti di assicurazione e di contribuzione, in pensione di vecchiaia, a tal fine i periodi di godimento dell’assegno nei quali non sia stata prestata attività lavorativa, si considerano utili ai fini del diritto e non anche della misura della pensione stessa, l’importo della pensione non potrà, comunque, essere inferiore a quello dell’assegno di invalidità in godimento al compimento dell’età pensionabile”.

L’art. 2 della stessa legge prevede (comma 3 ) che “la pensione di inabilità, reversibile ai superstiti, è costituita dall’importo dell’assegno di invalidità, non integrato ai sensi del terzo comma del precedente articolo, calcolato secondo le norme in vigore nell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti ovvero nelle gestioni speciali dei lavoratori autonomi, e da una maggiorazione determinata in base ai seguenti criteri:

per l’iscritto nell’assicurazione generale obbligatoria per la invalidità, la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti, la maggiorazione è pari alla differenza tra l’assegno di invalidità e quello che gli sarebbe spettato sulla base della retribuzione pensionabile, considerata per il calcolo dell’assegno medesimo con una anzianità contributiva aumentata di un periodo pari a quello compreso tra la data di decorrenza della pensione di inabilità e la data di compimento dell’età pensionabile, in ogni caso, non potrà essere computata una anzianità contributiva superiore a 40 anni”;

8. E’ ben vero che “In tema di rapporti tra diritto all’assegno di invalidità e diritto alla pensione di vecchiaia, il principio della preclusività alternativa delle prestazioni previdenziali (o della immutabilità del titolo di pensione), così come recepito dalla L. n. 222 del 1984, art. 1, comma 10, presuppone che l’assicurato, già titolare di un trattamento pensionistico, avrebbe, in mancanza di questo, diritto anche all’altro trattamento. Ne consegue che lo stesso principio non può trovare applicazione quando il diritto all’assegno di invalidità sia giudizialmente riconosciuto, sia pure con effetto retroattivo, in epoca successiva al conseguimento della pensione di vecchiaia e quindi in tal caso non opera “ope legis” la trasformazione automatica dell’assegno di invalidità in pensione di vecchiaia alle condizioni e con gli effetti precisati nel citato art. 1, comma 10, e, invece, l’assicurato ha la facoltà di scegliere il trattamento ritenuto più favorevole. (Nella specie, la S.C. ha annullato la sentenza con cui il giudice di merito aveva riconosciuto l’assegno di invalidità con decorrenza anteriore alla data di conseguimento della pensione di vecchiaia, senza sollecitare la pensionata ad esercitare la scelta tra le due prestazioni previdenziali dalla data della virtuale loro concorrenza, nè comunque fissare una linea di demarcazione temporale tra i due benefici, al fine escludere l’abnorme contemporanea fruizione di entrambi). Così Cass. n. 3045.1996; conf. Cass. n. 7319.1999. Più recentemente vedi Cass. n. 21292.2009: “Il titolare di pensione di invalidità nel regime anteriore alla disciplina di cui alla L. n. 222 del 1984, ha la facoltà, al raggiungimento dell’età pensionabile e sempre che sussista il requisito contributivo, di richiedere, con apposita domanda, la trasformazione del trattamento goduto in pensione di vecchiaia; ove tale opzione non sia stata esercitata, la trasformazione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia non può essere successivamente richiesta dagli eredi in relazione a prestazioni pensionistiche già fruite dal titolare del trattamento pensionistico, dovendosi escludere, in mancanza di espressa disposizione, l’estensione alla pensione d’invalidità dell’automaticità della trasformazione prevista per l’assegno di invalidità” Conf. Cass. n. 24772.2009: “La conversione della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia non opera automaticamente al compimento dei requisiti anagrafici e contributivi previsti per quest’ultima prestazione, essendo necessario che l’interessato presenti domanda di trasformazione. Ne consegue che, ove l’interessato abbia presentato istanza per la conversione del trattamento previdenziale, la pensione di vecchiaia decorrerà dal primo giorno del mese successivo a quello di presentazione della istanza medesima”.

9. La giurisprudenza richiamata conferma da un lato che la trasformazione dell’assegno di inabilità o della pensione di invalidità in pensione di vecchiaia non è automatica ma richiede pur sempre la domanda dell’interessato; dall’altro lato che è escluso il cumulo. Tale è la ragione per la quale il S. ha cura di precisare che sarebbe comunque salva l’opzione. Previa la doverosa precisazione che in ogni caso spetta il trattamento più favorevole, il ricorso è comunque da rigettare.

10. Stante la natura della controversia in relazione alla data di inizio del processo, le spese non sono ripetibili.

PQM

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso; nulla per le spese del processo di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 22 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

 

 

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