Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1251 del 21/01/2021

Cassazione civile sez. I, 21/01/2021, (ud. 26/10/2020, dep. 21/01/2021), n.1251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – rel. Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13060/2019 proposto da:

D.M., difeso dall’avv. Paolo Alessandrini, domiciliato

presso la cancelleria della I sezione civile della Corte di

Cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno;

– intimato –

avverso la sentenza n. 2004/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 01/10/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/10/2020 dal Cons. Dott. FIDANZIA ANDREA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’Appello di Ancona, con decreto del 1.10.2018, ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza del Tribunale di Ancona del 19.9.2017 che aveva rigettato la domanda di D.M., cittadino del (OMISSIS), volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria.

E’ stato, in primo luogo, ritenuto che difettassero i presupposti per il riconoscimento in capo al ricorrente dello status di rifugiato, non essendo le sue dichiarazioni state ritenute credibili (il ricorrente aveva riferito di aver lasciato il suo paese per il timore di essere incarcerato e giustiziato a morte per aver investito, a causa del malfunzionamento dei freni della sua auto, una persona che attraversava la strada, fuggendo senza soccorrerla nella convinzione di averla uccisa).

Inoltre, con riferimento alla richiesta di protezione sussidiaria, è stata evidenziata l’insussistenza del rischio del ricorrente di essere esposto a grave danno in caso di ritorno nel paese d’origine, non essendovi in Gambia una situazione di violenza generalizzata.

Infine, il ricorrente non è stato comunque ritenuto meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata comprovata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale.

Ha proposto ricorso per cassazione D.M. affidandolo a due motivi.

Il Ministero dell’Interno si è costituito tardivamente in giudizio ai soli fini di un’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 4 dir. Com. 2004/83/CE, trasfusa nella dir. 2013/32/UE, nonchè della direttiva 2005/85/CE, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e art. 27, comma 1.

Lamenta il ricorrente che la valutazione di credibilità delle dichiarazioni del ricorrente è stata rimessa alla mera opinione del giudice di merito e non è stato il risultato di una procedimentalizzazione.

Il giudice non ha effettuato una indagine sulla situazione socio-politica del Gambia.

Si eccepisce, inoltre, la nullità della sentenza per mancato ascolto del richiedente da parte del giudice.

2. Il motivo presenta profili di inammissibilità ed infondatezza.

Le censure del ricorrente sono, in primo luogo, palesemente generiche: non è stato illustrato il motivo con riferimento alla concreta vicenda processuale sottoposta all’esame del giudice, essendo state svolte una serie di considerazioni di ordine generale che si fondano sul richiamo a precetti normativi ed a sentenze di questa Corte su questioni analoghe.

Manifestamente infondata è, inoltre, la censura di nullità della sentenza per mancata audizione del ricorrente, incombente che non risulta neppure essere stato richiesto da quest’ultimo, il quale non ha nemmeno indicato i profili in relazione ai quali avrebbe voluto essere sentito dal giudice e rendere i chiarimenti (vedi recentemente Cass. n. 21584/2020).

3. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione dell’art. 4 direttiva 2011/95/UE, D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, art. 10 direttiva 2013/32/UE, D.Lgs. n. 25 del 2008, artt. 8 e 27 e 32, D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19, comma 1, art. 2 Cost. e art. 8 CEDU.

Lamenta il ricorrente che il giudice di merito ha omesso di valutare l’integrazione dello stesso nel tessuto sociale italiano.

Non è stata effettuata valutazione comparativa tra i contesti di vita nel paese d’origine ed in quello di accoglienza, non considerando le criticità del paese di provenienza.

4. Il motivo è inammissibile.

Il richiedente non ha correlato la dedotta grave situazione generale nel paese d’origine alla propria condizione personale (cfr. Cass. n. 4455 del 23/02/2018) se non con riferimento alla sua vicenda che è stata ritenuta non credibile dalla Corte d’Appello (valutazione non censurata).

Inoltre, viene invocata l’integrazione sociale, non considerando che si tratta di un elemento che può essere sì considerato in una valutazione comparativa al fine di verificare la sussistenza della situazione di vulnerabilità, ma non può, tuttavia, da solo esaurirne il contenuto (vedi Cass. n. 4455 del 23/02/2018) Infine, si lamenta la mancata valutazione comparativa del giudice di merito, non considerando che il ricorrente non ha fornito elementi individualizzanti idonei a consentire di svolgere una tale comparazione.

5. Non si provvede alla liquidazione delle spese di lite in considerazione della tardività del controricorso del Ministero.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2021

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