Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1251 del 21/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 21/01/2020), n.1251

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 1301/2015 R.G. proposto da:

SAS COVAS di P.A. & C. s.n.c., in persona del legale

rappresentante pro tempore, ed i suoi soci P.A.,

L.M. e R.M., tutti difesi e rappresentati, per procure

speciali in atti, dall’Avv. Stara Francesco e domiciliati presso lo

studio dell’Avv. Macrì Luca, in Roma, via Francesco Pacelli, n. 24;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sardegna, n. 133/01/13, depositata in data 19 novembre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 novembre

2019 dal Consigliere Dott. Cataldi Michele.

Fatto

RILEVATO

Che:

1.L’Agenzia delle Entrate, con avvisi in materia di Irpef, Irap ed Iva, all’esito di indagini finanziarie, ha accertato, relativamente all’anno d’imposta 2004, maggiori ricavi in capo alla Sas Covas di P.A. & C. s.n.c. ed ai suoi soci L.M. e R.M..

2. La predetta s.n.c., ed i suoi soci P.A., L.M. e M.R., hanno impugnato gli avvisi innanzi la Commissione tributaria provinciale di Nuoro, che ha riunito i ricorsi e li ha parzialmente accolti.

3.1 contribuenti hanno quindi proposto appello principale avverso la sentenza di primo grado, mentre l’Ufficio ha introdotto appello incidentale.

L’adita Commissione tributaria regionale della Sardegna ha rigettato entrambi gli appelli con la sentenza n. 133/01/13, depositata in data 19 novembre 2013.

4. I contribuenti propongono ora ricorso, affidato ad un motivo, per la cassazione della sentenza d’appello.

5. L’Ufficio ha depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con l’unico motivo, i ricorrenti contribuenti denunciano la “violazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) per carenza di motivazione in violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 56, commi 2 e 5, e D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, comma 2”.

Il motivo, come eccepito dalla controricorrente Agenzia, è inammissibile.

Infatti, con riferimento al preteso vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve innanzitutto rilevarsi che, nella rubrica, vengono invocate norme (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 56, commi 2 e 5, e D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42, comma 2) che disciplinano la motivazione degli avvisi di accertamento, mentre nel corpo del motivo si riportano passi della motivazione della sentenza di primo grado e di quella d’appello, senza che sia quindi possibile attribuire alla censura un obbiettivo ed un contenuto univoco ed inequivocabile.

Con riferimento, poi, al preteso vizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, difetta, nel ricorso, l’allegazione di un fatto, controverso e decisivo per il giudizio, che la CTR abbia omesso di esaminare, lamentandosi piuttosto una totale carenza di motivazione, ovvero un errore in procedendo.

Inoltre, relativamente ad entrambe le censure, il motivo è generico, non risultando soddisfatti i requisiti posti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6.

Infatti, nel ricorso per cassazione è essenziale il requisito, prescritto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, dell’esposizione sommaria dei fatti sostanziali e processuali della vicenda, da effettuarsi necessariamente in modo sintetico, con la conseguenza che la relativa mancanza determina l’inammissibilità del ricorso, essendo la suddetta esposizione funzionale alla comprensione dei motivi nonchè alla verifica dell’ammissibilità, pertinenza e fondatezza delle censure proposte. (Cass. 24/04/2018, n. 10072, ex plurimis).

I requisiti di contenuto-forma previsti, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 6, devono essere assolti necessariamente con il ricorso e non possono essere ricavati da altri atti, come la sentenza impugnata o il controricorso, dovendo il ricorrente specificare il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando precisamente i fatti processuali alla base del vizio denunciato, producendo in giudizio l’atto o il documento della cui erronea valutazione si dolga, o indicando esattamente nel ricorso in quale fascicolo esso si trovi e in quale fase processuale sia stato depositato, e trascrivendone o riassumendone il contenuto nel ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza (Cass. 13/11/2018, n. 29093. Cfr. altresì Cass. 22/09/2016, n. 18623).

Il ricorrente, inoltre, deve specificare, a pena di inammissibilità, il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso.

In particolare poi, ove la sentenza di appello sìa motivata, come nel caso di specie, per relationem alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366 c.p.c., n. 6, occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonchè le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali (Cass., Sez. U., 20/03/2017, n. 7074).

Nel caso di specie, i ricorrenti, non hanno esposto specificamente nè il contenuto degli avvisi di accertamento, quanto meno relativamente ai rilievi contestati e tuttora controversi; nè le giustificazioni che essi avrebbero addotto (“operazione per operazione”) a fronte dei rilievi dell’Amministrazione; nè la documentazione che tali giustificazioni avrebbe dovuto sorreggere e che ii giudice a quo non avrebbe valutato; nè l’oggetto puntuale delle censure che essi hanno rivolto ai rispettivi atti impositivi; nè i singoli motivi di appello che essi hanno formulato contro la sentenza di primo grado, la cui motivazione è stata specificamente condivisa dal giudice di appello.

2. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti in solido a rifondere alla controricorrente le spese di lite, che liquida in Euro 4.100,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2020

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