Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12509 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. I, 24/06/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 35975/2018 proposto da:

A.S., elettivamente domiciliato in Roma Via Emilio Faà Di

Bruno n. 15, presso lo studio dell’Avvocato Marta Di Tullio che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale allegata al ricorso

introduttivo;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 314/2018 della CORTE D’APPELLO di

CALTANISSETTA, depositata il 4/6/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/1/2020 dal cons. PAZZI ALBERTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale PATRONE

IGNAZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Caltanissetta, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c., del 17 luglio 2017, rigettava il ricorso presentato da A.S., cittadino pakistano, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3, e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

2. La Corte d’appello di Caltanisetta, a seguito dell’impugnazione presentata da A.S., una volta preso atto della mancata impugnazione del capo della sentenza di primo grado concernente la non credibilità del racconto del ricorrente, riteneva, fra l’altro, che nella regione di provenienza del migrante non fosse presente una situazione di violenza indiscriminata in situazione di conflitto armato di livello così elevato da consentire di ritenere che un civile, ove rimpatriato, per la sua sola presenza nel territorio avrebbe corso il rischio effettivo di subire una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona e, con sentenza del 4 giugno 2018, respingeva l’impugnazione proposta.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso A.S. prospettando due motivi di doglianza.

L’amministrazione intimata non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1 Il primo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5,: la Corte d’appello, nel ritenere non credibile il racconto del migrante nonostante questi avesse dato ampio conto del proprio vissuto e avesse reso dichiarazioni assolutamente compatibili con la situazione del paese di origine, avrebbe compiuto una valutazione non rispettosa dei criteri previsti dal D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5,.

4.2 La corte distrettuale non ha affatto apprezzato la credibilità delle dichiarazioni del migrante, ma si è limitata a constatare la mancata impugnazione del capo della sentenza di primo grado concernente il giudizio di non verosimiglianza del racconto.

Il mezzo in esame risulta così inammissibile, perchè, oltre a non avere alcuna attinenza con il decisum della sentenza impugnata, investe una questione coperta oramai dal giudicato.

5.1 Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), e art. 4 in quanto la Corte d’appello avrebbe negato la protezione sussidiaria richiesta omettendo di indagare adeguatamente le condizioni effettive del paese e di considerare le circostanze dedotte dal ricorrente.

5.2 Il motivo è inammissibile.

Ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, in particolare, ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), è dovere del giudice verificare, avvalendosi dei poteri officiosi di indagine e di informazione di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, se la situazione di esposizione a pericolo per l’incolumità fisica indicata dal ricorrente, astrattamente riconducibile ad una situazione tipizzata di rischio, sia effettivamente sussistente nel paese nel quale dovrebbe essere disposto il rimpatrio, sulla base di un accertamento che deve essere aggiornato al momento della decisione (Cass. 17075/2018).

La Corte di merito si è ispirata a simili criteri laddove ha ritenuto, prendendo in esame informazioni aggiornate sulla situazione in Pakistan (costituite dal report COI EASO dell’agosto 2017 e dal comunicato del 28 aprile 2017 del dipartimento generali degli affari esteri della Confederazione elvetica), che le tensioni sicuramente preoccupanti esistenti nella zona di provenienza del migrante (parte centrale del Punjab) non fossero comunque di gravità tale da permettere di ravvisare una situazione di violenza indiscriminata idonea a creare una minaccia seria e individuale alla vita o alla persona di un civile.

La critica in realtà, sotto le spoglie dell’asserita violazione di legge, cerca di sovvertire l’esito dell’esame dei rapporti internazionali apprezzati dalla Corte di merito con argomenti di tenore del tutto generico, malgrado l’accertamento del verificarsi di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, rilevante a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), costituisca un apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass. 32064/2018).

6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile.

La mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis ove dovuto.

Così deciso in Roma in data 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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