Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12509 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12509 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

Ud. 20/05/2015

SENTENZA

PU

sul ricorso 1282-2008 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro
tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

Data pubblicazione: 17/06/2015

rappresenta e difende ope legis;
– ricorrentecontro

2015
937

CARLUCCI PASQUALINO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 905/2007 del TRIBUNALE di

1

POTENZA, depositata il 24/10/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/05/2015 dal Consigliere Dott.
FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

accolti il primo e secondo motivo; assorbito il
quarto; inammissibile il terzo motivo.

Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per:

2

Svolgimento del processo e Motivi della decisione
Ritenuto che il Giudice di pace di Bella, accogliendo la

domanda proposta da Pasqualino Carlucci, ha condannato il
Ministero dell’interno a pagare alla attrice la somma di

Euro 1.092,75 oltre interessi legali, a titolo di rimborso
spese per l’attività dallo stesso espletata, in qualità di
messo comunale, per la notifica dei certificati elettorali
in occasione delle elezioni per il Parlamento europeo del
13.6.1999:
che, preliminarmente, il giudice di pace ha ritenuto non
rituale,

in quanto effettuata a mezzo posta,

costituzione

la

in giudizio del Ministero convenuto,

dichiarato contumace;
che il Ministero dell’interno ha proposto appello;
che

il

Tribunale

di

Potenza

ha

dichiarato

l’inammissibilità dell’appello in considerazione del fatto
che la sentenza impugnata doveva ritenersi resa secondo
equità, in relazione al valore della domanda non superiore
a Euro 1.100,00, e quindi non appellabile;
che, a questa conclusione, il giudice è pervenuto dopo
avere rilevato che doveva ritenersi irrituale e
giuridicamente inesistente la costituzione in giudizio del
Ministero dell’interno, dato che, come era documentato in
atti, la comparsa di costituzione era stata trasmessa alla
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cancelleria a mezzo posta, senza che potesse attribuirsi
rilievo

all’apposizione

dell’attestazione

da

parte

del

“depositato”

cancelliere

invece

che

dell’attestazione, più fedelmente descrittiva della

realtà, “pervenuto in cancelleria”;
che una diversa interpretazione sarebbe in radicale
contrasto con l’art. 319 c.p.c. (che utilizza il termine
“deposito”

e non quello di

“consegna”)

e con il più

generale principio relativo al deposito degli atti
processuali;
che una diversa conclusione non sarebbe giustificata dalle
sentenze della Corte costituzionale 520 del 2002 e 98 del
2004, che hanno introdotto nell’ordinamento la possibilità
di una costituzione in giudizio a mezzo posta con
riferimento al giudizio tributario e a quello di
opposizione a sanzioni amministrative, in ragione delle
specifiche peculiarità di tali giudizi;
che la previsione da parte del codice di una specifica
forma per la costituzione in giudizio renderebbe
inapplicabile il principio di libertà di forma e la
circostanza che la forma, nella specie adottata,
fuoriusciva del tutto dallo schema procedimentale di legge
avrebbe reso inapplicabili i limiti alla dichiarabilità
della nullità posti dagli artt. 156 e 157 c.p.c.;
4

che di conseguenza la domanda riconvenzionale, contenuta
nella comparsa di costituzione, doveva essere considerata
tamquam non esset e ininfluente ai fini del valore della

controversia;

che, quanto all’appello incidentale, il Tribunale ha
rilevato che la parte in effetti non aveva chiesto alcuna
riforma della sentenza di primo grado, di cui anzi avrebbe
chiesto la conferma;
che, peraltro, la richiesta declaratoria di contumacia del
Ministero, contenuta nell’appello incidentale, era
contenuta nella sentenza di primo grado;
che il Ministero dell’interno ha proposto ricorso per
cassazione affidato a quattro motivi;
che l’intimato non ha svolto difese.
Considerato

che il Ministero ha premesso che con la

comparsa di costituzione in giudizio, inviata a mezzo
posta a causa dell’elevato numero dei procedimenti
incardinati, esso aveva tra l’altro proposto domanda
riconvenzionale, diretta a conseguire un accertamento con
efficacia di giudicato in merito alla non spettanza del
diritto al rimborso spese per le notificazioni dei
certificati elettorali effettuate dall’attore su richiesta
del Ministero dell’interno, durante l’intero rapporto di
lavoro alle dipendenze del Comune (e ha aggiunto che il
5

giudice di pace avrebbe dichiarato l’inammissibilità della
domanda riconvenzionale per difetto di connessione con
quella principale);
che il

primo motivo denuncia l’erronea declaratoria di

in primo grado e della riconvenzionale in tale sede
proposta, con violazione dell’art. 24 Cost., degli artt.
156 e 157 c.p.c., art. 161 c.p.c., comma 2, e art. 319
c.p.c., censurando la statuizione del Tribunale sulla
contumacia del Ministero nel primo grado di giudizio;
che, contro la lettura dell’art. 319 c.p.c. offerta dal
giudice di appello, militerebbero argomentazioni letterali
e sistematiche;
che dal principio di libertà delle forme deriverebbe che
tutte le forme degli atti del processo sono previste non
per la realizzazione di un fine proprio ed autonomo, ma
allo scopo del raggiungimento di un certo risultato, con
la conseguenza che l’eventuale inosservanza della
prescrizione formale sarebbe irrilevante se l’atto viziato
raggiunge ugualmente lo scopo cui era destinato;
che l’art. 319 c.p.c prevede il deposito degli atti in
cancelleria ma non ne specificherebbe il

quomodo

(in

particolare non sarebbe richiesto il contatto
interpersonale tra depositante e cancelliere e del resto

inesistenza della costituzione in giudizio del Ministero

il ricorso al mezzo postale non pregiudicherebbe le
esigenze di controllo e semmai risponderebbe a ragioni di
maggiore certezza, tanto da essere utilizzato per le
notificazioni);

che, inoltre, la necessità del rispetto dell’art. 24 Cost.
avrebbe indotto la Corte costituzionale ad ammettere la
costituzione in giudizio a mezzo posta, peraltro prevista
anche nel giudizio di cassazione, mentre il giudice a quo
l’avrebbe qualificata addirittura come inesistente;
che la Corte costituzionale avrebbe valorizzato una serie
di elementi oggettivi (come la circostanza che lo
strumento postale è largamente usato dalla parte pubblica,
specie per le comunicazioni e notificazioni), i quali
travalicano i confini del processo tributario e si
collegano con le esigenze di celerità, semplificazione e
certezza dell’attività amministrativa (L. n. 241 del 1990,
art. l);
che neppure dovrebbe trascurarsi che è tipica del processo
telematico l’impersonalità dell’atto di deposito e che, a
norma dell’art. 4 della L. n. 422 del 1999, di ratifica ed
esecuzione della convenzione relativa alla notifica degli
atti negli stati membri dell’Unione europea la
«trasmissione degli atti può essere effettuata con
qualsiasi mezzo»;
7

che, del resto, poiché il deposito degli atti sarebbe
privo di qualsiasi contenuto volitivo, in mancanza di
specifiche esigenze dovrebbe essere irrilevante il
soggetto che materialmente proceda alla consegna, come
ritenuto dalla Corte costituzionale, e non potrebbe

negarsi che, come osservato dalla giurisprudenza, nei
processi davanti ai giudici di pace vigerebbe la massima
libertà di forme per la costituzione in giudizio
(diversamente che nel rito del lavoro);
che

dovrebbe

poi

darsi

rilievo

all’intervenuto

raggiungimento dello scopo, avendo il cancelliere ricevuto
il fascicolo e avendo valutato regolare il suo contenuto e
il suo deposito;
che il secondo motivo deduce erronea dichiarazione di
inammissibilità dell’appello con violazione degli artt. 10
e 36 c.p.c., art. 40 c.p.c., comma 6, art. 113 c.p.c.,
comma 2, e art. 339 c.p.c., comma 3;
che, con esso, si sostiene che la proposizione di una
domanda riconvenzionale, connessa con quella principale,
di valore indeterminato, oltre a determinare
l’incompetenza per valore del giudice di pace, avrebbe
comunque comportato una decisione secondo diritto, con la
conseguente ammissibilità dell’appello, sussistente, come
riconosciuto dalla giurisprudenza, anche nel caso in cui
8

il giudice di pace abbia ritenuto inammissibile la domanda
riconvenzionale (si osserva, inoltre, che il Ministero non
poteva prospettarsi un diverso regime dell’impugnazione,
poiché la sua contumacia sarebbe stata statuita solo in

appello);
che il terzo motivo denuncia difetto di giurisdizione del
giudice ordinario, trattandosi di controversia in materia
di pubblico impiego relativa a questioni attinenti al
periodo anteriore il 10 luglio 1998;
che il quarto motivo si duole in rubrica dell’omessa
pronuncia sul difetto di legittimazione del Ministero
dell’interno, in conseguenza dell’erronea dichiarazione di
contumacia del medesimo, ma il motivo, nella sua concreta
illustrazione e nel conclusivo quesito di diritto,
denuncia direttamente il difetto di legittimazione del
Ministero, sotto il profilo che l’invocato della L. n. 165
del 1982 (art. 4) riguarderebbe i soli messi notificatori
speciali autorizzati dagli uffici dipendenti dal Ministero
delle finanze per la notifica di atti della medesima
amministrazione, mentre la notifica dei certificati
elettorali, che sono atti propri dei comuni, sarebbe
espletata da messi comunale nell’ambito del rapporto di
lavoro subordinato con tali enti locali e sarebbe
retribuibile dai medesimi, salvo diritto al rimborso nei
confronti dello Stato;
9

che, questo Collegio condivide quanto, in analogo ricorso,
hanno statuito le sezioni unite con la sentenza n. 5160
del 2009;
che, infatti, i primi due motivi sono connessi, in quanto

la contestazione della statuizione sulla inesistenza della
costituzione in giudizio in primo grado del Ministero, ora
ricorrente, è strumentale all’annullamento della
dichiarazione di inammissibilità dell’appello;
che, circa gli effetti di una costituzione in giudizio
effettuata mediante l’invio in cancelleria dell’atto
difensivo a mezzo del servizio postale, va richiamato il
principio di diritto, posto proprio con la menzionata
sentenza, secondo cui:
l’invio a mezzo posta dell’atto processuale destinato alla
cancelleria (nella specie, memoria di costituzione in
giudizio comprensiva di domanda riconvenzionale) – al di
fuori delle ipotesi speciali relative al giudizio di
cassazione, al giudizio tributario ed a quello di
opposizione ad ordinanza ingiunzione – realizza un
deposito dell’atto irrituale, in quanto non previsto dalla
legge, ma che, riguardando un’attività materiale priva di
requisito volitivo autonomo e che non deve necessariamente
essere compiuta dal difensore, potendo essere realizzata
anche da un nunclus,

può essere idoneo a raggiungere lo
/
/
10

scopo, con conseguente sanatoria del vizio

ex art. 156,

terzo comma, cod. proc. civ.: in tal caso, la sanatoria si
produce con decorrenza dalla data di ricezione dell’atto
da parte del cancelliere ai fini processuali, ed in nessun

caso da quella di spedizione;
che ne consegue la fondatezza: a) del primo motivo, visto
che nella specie è stato conseguito lo scopo del deposito
della memoria di costituzione in giudizio del Ministero
convenuto, mediante apposizione da parte del cancelliere
del visto di deposito e l’acquisizione agli atti del
fascicolo di parte; b) e anche del secondo motivo, visto
che la proposizione di domanda riconvenzionale di valore
indeterminabile, avente oggetto strettamente connesso, e
anzi in rapporto di continenza, con quello della domanda
principale, comportava una decisione secondo diritto su
tutta la causa e quindi l’appellabilità della sentenza
(cfr. Cass. n. 55/2004, 16945/2006, 2999/2008);
che il terzo motivo, con cui è eccepito il difetto di
giurisdizione del giudice ordinario, è inammissibile per
la formazione del giudicato implicito, per effetto della
mancata impugnazione sul punto in appello della sentenza
di primo grado, che aveva provveduto sul merito (cfr.
l’orientamento di queste Sezioni unite in materia di
giudicato implicito sulla giurisdizione, a partire dalla
sentenza n. 24883/2008);
11

che devono, dunque, accogliersi il primo e il secondo
motivo, con assorbimento del quarto, la cassazione della
sentenza impugnata e il rinvio della causa per nuovo esame
ad altro giudice (lo stesso Tribunale di Potenza in

delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il terzo motivo, accoglie
i primi due motivi, assorbito il quarto; cassa la sentenza
impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la
causa, anche per le spese, al Tribunale di Potenza in
diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della la
sezione civile della Corte di cassazione, il 20 maggio

diversa composizione), cui si demanda anche la regolazione

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