Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12509 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12509

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16370/2014 R.G. proposto da:

Vianini Industria s.p.a., (ora Vianini s.p.a.), rappresentata e

difesa dall’Avv. Maria Assunta Coluccia, con domicilio eletto in

Roma, via Claudio Monteverdi, n. 16, presso lo studio della stessa;

– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale –

contro

Agenzia delle entrate, con sede in (OMISSIS), in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 507/04/2013 depositata il 17 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 febbraio

2021 dal Consigliere Giuseppe Nicastro.

 

Fatto

RILEVATO

che:

a seguito della liquidazione, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis delle imposte dovute in base alla dichiarazione modello Unico/2008, società di capitali, relativo al periodo d’imposta 2007, l’agente della riscossione notificò a Vianini Industria s.p.a. (ora Vianini s.p.a.) – società che partecipava, in qualità di consolidante, a un consolidato fiscale nazionale – una cartella di pagamento, con l’iscrizione a ruolo, tra l’altro, di IRES per Euro 307.651,00 nonchè della correlativa sanzione pari al 30% di tale importo;

l’iscrizione a ruolo dell’IRES era relativa a un’eccedenza d’imposta, risultante dalla dichiarazione del consolidato modello CNM per il precedente periodo d’imposta 2006, ceduta alla contribuente consolidante e da questa utilizzata in compensazione di debiti propri nel modello F24, ed era stata operata per la mancata indicazione della cessione nella dichiarazione;

Vianini Industria s.p.a. impugnò la cartella di pagamento davanti alla Commissione tributaria provinciale di Roma (hinc anche: “CTP”), deducendo che tale mancata indicazione – consistita, in particolare: a) quanto al modello CNM per il periodo d’imposta 2007, nella mancata indicazione dell’eccedenza nel rigo CN20 (Credito ceduto), essendo stata la stessa erroneamente indicata nel rigo CN16 (Eccedenza di imposta risultante dalla precedente dichiarazione compensata nel Mod. F24) e nella conseguente mancata compilazione del quadro CK (Cessione delle eccedenze dell’IRES nell’ambito del gruppo); b) quanto al modello Unico/2008, società di capitali, nella mancata compilazione del quadro RK (Cessione delle eccedenze dell’IRES nell’ambito del gruppo) – era frutto di un mero errore e che questo era stato corretto mediante la presentazione, il 22 dicembre 2009, di dichiarazioni integrative, con cui aveva provveduto: a) quanto al modello CNM, alla compilazione del quadro CK, nel quale aveva indicato l’importo del credito ceduto di Euro 307.651,00 e il proprio codice fiscale quale cessionaria di esso, riportando lo stesso credito al rigo CN20; b) quanto al modello Unico/2008, alla compilazione del quadro RK, dove aveva indicato, al rigo RK12, tra i “Crediti ricevuti”, quello di Euro 307.651,00, riportando lo stesso anche al rigo RK23 (Importo utilizzato in compensazione nel Mod. F24);

la CTP, condividendo l’assunto del Centro operativo di Venezia – al quale Vianini Industria s.p.a. aveva indirizzato un’istanza di autotutela e che aveva negato la validità delle menzionate dichiarazioni integrative sul presupposto che esse attenevano a manifestazioni di volontà non modificabili mediante dichiarazione integrativa – rigettò, sul punto, il ricorso della contribuente;

avverso tale pronuncia, Vianini Industria s.p.a. propose appello alla Commissione tributaria regionale della Lazio (hinc anche: “CTR”), che lo accolse parzialmente;

in particolare, la CTR: a) rigettò “la censura principale, concernente il capo della decisione con cui si è esclusa la possibilità di modificazione della dichiarazione presentata”, in quanto, “a prescindere dalla correttezza della affermazione – censurata dall’appellante – secondo cui le dette dichiarazioni costituiscono manifestazioni di volontà e, avendo natura negoziale, non sono suscettibili di correzione”, “(a)ppare decisivo il rilievo che la richiesta di correzione è stata formulata dal contribuente tardivamente”, segnatamente, oltre il termine, stabilito dal D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322, art. 2, comma 8-bis, prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo; b) accolse “il motivo nella parte relativa alla determinazione della sanzione applicabile, atteso che trova applicazione del D.L. n. 16 del 2012, l’art. 2, comma 3-bis” (D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44), determinando, di conseguenza, la sanzione in Euro 2.065,00; c) per tali motivi, “acco(lse) parzialmente l’appello relativamente alle sanzioni e conferm(ò) nel resto la sentenza di primo grado”;

avverso tale sentenza della CTR, depositata il 17 dicembre 2013 e non notificata, ricorre per cassazione Vianini Industria s.p.a., che affida il proprio ricorso, notificato il 17 giugno 2014, a un unico motivo;

l’Agenzia delle entrate resiste con controricorso, notificato il 28 luglio 2014. Con lo stesso atto, l’Agenzia delle entrate ha altresì proposto ricorso incidentale, affidato a un unico motivo;

Vianini Industria s.p.a. resiste al ricorso incidentale con controricorso, notificato il 10/11 ottobre 2014;

Vianini s.p.a. ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con l’unico motivo del ricorso principale – che concerne la parte della sentenza impugnata che, in quanto non si occupa del “motivo (di appello) nella parte relativa alla determinazione della sanzione”, deve ritenersi riguardare (solo) l’imposta – Vianini Industria s.p.a. denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la falsa applicazione del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter, commi 2 e 2-bis, “introdotto dal D.L. n. 16 del 2012, art. 2, comma 3”, (rectius: del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43, commi 2 e 3, quest’ultimo comma inserito dal D.L. n. 16 del 2012, art. 2, comma 3), in combinato disposto con il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8-bis, e con il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 8, comma 1, atteso che: a) poichè del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter, il comma 3 (secondo cui, “(i)n caso di cessione dell’eccedenza dell’imposta sul reddito delle società risultante dalla dichiarazione dei redditi del consolidato di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 122 la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’mporto ceduto non determina l’inefficacia ai sensi del comma 2. In tale caso si applica la sanzione di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 8, comma 1, nella misura massima stabilita”) costituisce “una disposizione di carattere sostanziale, introdotta dal D.L. n. 16 del 2012, art. 2, comma 3, di carattere regolamentare, e quindi applicabile in via retroattiva”, la sua “diretta applicazione determinava non solo il venir meno della sanzione proporzionale del recupero dell’IRES di Euro 307.651,00 ma il venir meno anche e soprattutto del recupero medesimo”, con la conseguenza che la CTR, “in virtù della norma riconosciuta applicabile, avrebbe dovuto annullare il recupero e la relativa sanzione, potendo legittimamente sostituire la sanzione residuale di Euro 2.065,83 non solo all’annullamento della sanzione iscritta a ruolo, ma, necessariamente, anche all’annullamento del corrispondente recupero a tassazione”; b) alle dichiarazioni integrative presentate da Vianini Industria s.p.a. era applicabile del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, non il comma 8-bis ma il comma 8 dello stesso articolo – secondo cui l’integrazione delle dichiarazioni in esso prevista può essere effettuata non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 – con la conseguenza che, ai sensi di tale comma 8, “in combinato disposto con la disposizione di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43 ter”, la CTR “avrebbe dovuto (…) annullare non solo la sanzione proporzionale relativa al recupero IRES, legittimamente sostituendola con la sanzione residuale fissa di Euro 2.065,83, ma anche e soprattutto (..) annullare il recupero d’imposta”;

con l’unico motivo del ricorso incidentale – che concerne invece la parte della sentenza impugnata riguardante la (sola) sanzione l’Agenzia delle entrate denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 16 del 2012, art. 2, comma 3-bis, per avere la CTR ritenuto l’applicabilità alla fattispecie di causa di tale disposizione, ancorchè essa sia entrata in vigore solo il 29 aprile 2012;

l’unico motivo del ricorso principale è fondato, nei termini che seguono;

in base alla disciplina fiscale del consolidato nazionale (D.P.R. n. 917 del 1986, artt. da 117 a 129), l’esercizio dell’opzione per la tassazione di gruppo comporta la determinazione di un reddito complessivo globale che corrisponde alla somma algebrica dei redditi complessivi netti dichiarati dalle società che partecipano al consolidato (inclusa, quindi, la consolidante, nella qualità di partecipante al consolidato) (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 118, comma 1, primo periodo);

sulla società o ente consolidante grava l’obbligo – in questa sua veste – di presentare la dichiarazione dei redditi del consolidato, calcolando il predetto reddito complessivo globale e procedendo alla liquidazione dell’unica imposta del consolidato (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 122);

in particolare, alla società o ente consolidante “compete il riporto a nuovo della eventuale perdita risultante dalla somma algebrica degli imponibili, la liquidazione dell’unica imposta dovuta, o dell’unica eccedenza rimborsabile o riportabile a nuovo” (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 118, comma 1, secondo periodo);

con riguardo alla cessione delle eccedenze nell’ambito del gruppo, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter (aggiunto dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 94, lett. b) ha stabilito che “(l)e eccedenze dell’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dell’imposta locale sui redditi risultanti dalla dichiarazione dei redditi delle società o enti appartenenti ad un gruppo possono essere cedute, in tutto o in parte, a una o più società o all’ente dello stesso gruppo, senza l’osservanza delle formalità di cui al R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 69 e 70” sull’amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato (comma 1), con l’onere, però, per la società o l’ente cedente, al fine dell’efficacia della cessione nei confronti dell’amministrazione finanziaria, di “indic(are) nella dichiarazione gli estremi dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi” (comma 2, secondo cui “(n)ei confronti dell’amministrazione finanziaria la cessione delle eccedenze è efficace a condizione che l’ente o società cedente indichi nella dichiarazione gli estremi dei soggetti cessionari e gli importi ceduti a ciascuno di essi”);

successivamente, il D.L. n. 16 del 2012, art. 2, comma 3, ha inserito, dopo tale comma 2, un ulteriore comma (divenuto del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter, il “nuovo” comma 3), il quale, con specifico riguardo al caso della cessione dell’eccedenza dell’IRES risultante dalla dichiarazione dei redditi del consolidato, ha stabilito – come si è visto – che “la mancata indicazione degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto non determina l’inefficacia ai sensi del comma 2. In tale caso si applica la sanzione di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 8, comma 1, nella misura massima stabilita” (pari, all’epoca, a Euro 2.065,00);

così sinteticamente ricostruito il quadro normativo di riferimento, va rammentato che l’iscrizione a ruolo notificata con la cartella di pagamento impugnata è relativa all’eccedenza d’imposta risultante dalla dichiarazione dei redditi del consolidato (per il periodo d’imposta 2006) utilizzata dalla ricorrente consolidante in compensazione (nel modello F24) di debiti propri per il periodo d’imposta 2007 e fu operata a causa della mancata indicazione della cessione nella dichiarazione del consolidato (in particolare, come si è visto, dell’omessa indicazione dell’eccedenza nel rigo CN20 del modello CNM – essendo stata la stessa erroneamente indicata nel rigo CN16 – e nella conseguente mancata compilazione del quadro CK dello stesso modello);

tutto ciò premesso, non può trovare accoglimento il profilo di doglianza (riassunto sopra sub a) con il quale la ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza impugnata per non avere la CTR annullato l’iscrizione a ruolo (anche) dell’imposta (e non solo della sanzione proporzionale) sulla base dell’invocata applicazione retroattiva del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter, “nuovo” comma 3 inserito dal D.L. n. 16 del 2012, art. 2, comma 3;

come chiarito da Cass., 21/11/2018, n. 30014, tale “nuovo” comma 3 non ha la natura di norma di interpretazione autentica ma, come risulta anche dalla relazione al disegno di legge di conversione del D.L. n. 16 del 2012, ha introdotto una novità, che riguarda specificamente la cessione delle eccedenze dell’IRES risultanti dalla dichiarazione del consolidato nell’ambito dello stesso (cioè a una delle società partecipanti, sia essa la consolidante o una delle altre consolidate), e che il legislatore giustificò proprio con l’intento di evitare le rigorose conseguenze (segnatamente, l’inefficacia della cessione nei confronti dell’amministrazione finanziaria) – prevedendo la sola applicazione della sanzione di Euro 2.065,00 – che, in precedenza, derivavano dall’inosservanza dell’onere della cedente/consolidante, previsto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 43-ter, comma 2 di indicare nella dichiarazione dei redditi del consolidato gli estremi del cessionario e l’importo a lui ceduto;

pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente con il primo profilo di doglianza, il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter, invocato “nuovo” comma 3 non è suscettibile di applicazione retroattiva;

come pure chiarito da Cass., n. 30014 del 2018, prima dell’introduzione di tale “nuovo” comma 3, l’onere, previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter, comma 2 di indicare, nella dichiarazione dei redditi del cedente, gli estremi del soggetto cessionario e l’importo ceduto doveva ritenersi sussistente anche nel caso in cui – come nella fattispecie qui in esame – vi fosse coincidenza tra la cedente, nella veste di consolidante (cui, come si è visto, compete l’eccedenza d’imposta risultante dalla dichiarazione del consolidato), e la cessionaria, nella veste di società consolidata;

tale interpretazione, confortata anche dalla rammentata intenzione manifestata dal legislatore nell’introdurre del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter, il “nuovo” comma 3 trova il proprio fondamento nella struttura del consolidato nazionale (quale emerge, tra l’altro, dal D.P.R. n. 917 del 1986, ricordati art. 118, comma 1, e art. 122), nel quale ciascuna delle società partecipanti (consolidante e consolidate) mantiene la propria autonomia (Cass., 31/07/2018, n. 20302, n. 30014 del 2018, 21/11/2019, n. 30:348) – senza che, quindi, la posizione “individuale” della consolidante, nella veste di società consolidata, possa sovrapporsi al ruolo che la stessa società svolge quale controllante il gruppo – con la conseguenza, per quanto qui rileva, che, nel caso in cui si decida di utilizzare un’eccedenza del consolidato in compensazione di debiti fiscali di una delle partecipanti, consolidata o consolidante che sia, si ha una cessione di tale eccedenza, con l’insorgenza dei correlativi oneri dichiarativi previsti, ratione temporis, dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter (Cass., n. 30014 del 2018);

peraltro, sia nel giudizio di primo grado sia nel giudizio di secondo grado, Vianini Industria s.p.a. rappresentò che l’inosservanza di tali oneri dichiarativi fu dovuta a un errore commesso nel compilare la dichiarazione dei redditi del consolidato modello CNM per il periodo d’imposta 2007, errore – per correggere il quale, il 22 dicembre 2009, aveva presentato una dichiarazione integrativa – consistito, in particolare, nell’indicare l’eccedenza d’imposta risultante dalla dichiarazione dello stesso consolidato per il periodo precedente (2006), anzichè nel rigo CN20 (Credito ceduto), nel rigo CN16 (Eccedenza di imposta risultante dalla precedente dichiarazione compensata nel Mod. F24) e nella conseguente omessa compilazione del quadro CK (Cessione delle eccedenze dell’IRES nell’ambito del gruppo);

tale sbaglio – che, del tutto verosimilmente, fu indotto proprio dal fatto che l’eccedenza dell’IRES del consolidato era stata ceduta dalla ricorrente consolidante “a sè stessa”, nella veste di consolidata – ha determinato l’iscrizione a ruolo dell’importo della stessa eccedenza (oltre che della sanzione proporzionale del trenta per cento di tale importo, ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13);

venendo, dunque, alla specifica questione, oggetto del secondo profilo del motivo (riassunto sopra sub b), relativa all’emendabilità di tale errore, si deve rammentare che le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato i principi di diritto secondo cui, “(i)n caso di errori od omissioni nella dichiarazione dei redditi, la dichiarazione integrativa può essere presentata non oltre i termini di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43 se diretta ad evitare un danno per la P.A. (D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8), mentre, se intesa, ai sensi del successivo comma 8 bis, ad emendare errori od omissioni in danno del contribuente, incontra il termine per la presentazione della dichiarazione per il periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante, fermo restando che il contribuente può chiedere il rimborso entro quarantotto mesi dal versamento ed, in ogni caso, opporsi, in sede contenziosa, alla maggiore pretesa tributaria dell’Amministrazione finanziaria” (Cass., S.U., 30/06/2016, n. 13378; in senso conforme, successivamente, Cass., 11/05/2018, n. 11505, 30/10/2018, n. 27583);

con riguardo, in particolare, a quest’ultima statuizione, le Sezioni unite – considerato “il diverso piano sul quale operano le norme in materia di accertamento e riscossione, rispetto a quelle che governano il processo tributario”, il cui oggetto è “l’accertamento circa la legittimità della pretesa impositiva”, con la conseguenza che, “in tal caso, non si verte in tema di “dichiarazione integrativa” ex art. 2 (del D.P.R. n. 322 del 1998), o di richiesta di rimborso ex art. 38 (del D.P.R. n. 602 del 1973)” – hanno ritenuto che, sulla base dei principi di capacità contribuiva (di cui all’art. 53 Cost., comma 1) e di collaborazione e di buona fede nei rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria (di cui alla L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, comma 1), al contribuente dovesse essere riconosciuta la possibilità, indipendentemente dal rispetto del termine stabilito dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8-bis di opporsi in sede contenziosa alla maggiore pretesa dell’amministrazione finanziaria allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione e incidenti sull’obbligazione tributaria;

alla luce dei rammentati principi affermati dalle Sezioni unite, risulta evidente l’error in iudicando commesso dalla CTR per non avere considerato che – indipendentemente dall’essere o no decaduta dalla possibilità di emendare in sede amministrativa l’errore dichiarativo commesso – la società contribuente poteva comunque fare valere tale errore in sede contenziosa per opporsi alla pretesa impositiva azionata dall’amministrazione finanziaria con l’impugnata iscrizione a ruolo dell’imposta, la quale era stata operata, come si è visto, in conseguenza dello stesso errore;

la possibilità di rettifica delle omissioni o degli errori dichiarativi sussiste anche per quelli commessi nella compilazione della dichiarazione del consolidato (modello CNM) – costituendo anch’essa, in quanto dichiarazione dei redditi, una dichiarazione di scienza (Cass., 04/03/2020, n. 6016, concernente errori di compilazione del quadro c.c., relativo all’utilizzazione dei crediti trasferiti alla tassazione di gruppo) – e deve essere quindi affermata anche con riguardo all’erronea indicazione dell’importo dell’eccedenza ceduta nell’ambito del gruppo (nella specie, “a sè stessa”) nel rigo CN16 (Eccedenza di imposta risultante dalla precedente dichiarazione compensata nel Mod. F24) anzichè nel rigo CN20 (Credito ceduto) e alla conseguente erronea omessa evidenziazione, nel quadro CK, del cessionario della stessa eccedenza e dell’importo ceduto (oltre che con riguardo ai pure già menzionati errori di compilazione della dichiarazione modello Unico/2008, società di capitali);

da ciò discende la fondatezza dell’unico motivo del ricorso principale;

pertanto, tale ricorso deve essere accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione allo stesso e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – atteso che, posto che, per quanto detto, l’errore dichiarativo in conseguenza del quale fu operata l’iscrizione a ruolo dell’imposta deve ritenersi emendato in sede contenziosa (sin dall’avvio del giudizio tributario), nè l’esistenza dell’eccedenza del consolidato nè l’effettività della sua cessione risultano essere mai state contestate dall’amministrazione finanziaria – la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, con l’annullamento dell’iscrizione a ruolo dell’imposta;

l’unico motivo del ricorso incidentale non è fondato;

l’applicabilità della sanzione proporzionale del trenta per cento dell’eccedenza utilizzata in compensazione, in luogo di quella fissa di Euro 6.025,00 – risultato che il motivo mira, evidentemente, a conseguire e che costituisce, perciò, il petitum del ricorso incidentale – risulterebbe infatti in ogni caso preclusa in ragione del principio del favor rei, di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 3, comma 3 (secondo cui, “(s)e la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo”);

infatti, l’indicata sanzione fissa di Euro 6.025,00, stabilita dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43-ter, sopravvenuto “nuovo” comma 3 per la violazione, che qui ricorre, consistente nell’utilizzazione, da parte della consolidata/cessionaria, dell’eccedenza dell’IRES risultante dalla dichiarazione del consolidato in mancanza dell’indicazione, nella dichiarazione della consolidante/cedente, degli estremi del soggetto cessionario e dell’importo ceduto, risulta, nella fattispecie concreta, evidentemente più mite della già prevista sanzione proporzionale del trenta per cento dell’eccedenza (di Euro 307.651,00) utilizzata dalla contribuente;

il ricorso incidentale deve, pertanto, essere rigettato;

le spese sia del giudizio di legittimità sia dei giudizi di merito devono essere compensate tra le parti sia perchè la lite è sorta a seguito di un errore dichiarativo della contribuente sia perchè l’orientamento giurisprudenziale dal quale è fondamentalmente dipesa la soluzione della controversia è maturato solo successivamente ai ricorsi per cassazione;

poichè la ricorrente incidentale è un’amministrazione dello Stato ammessa alla prenotazione a debito, non sussistono i presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (Cass., S.U., 08/05/2014, n. 9938).

P.Q.M.

accoglie il ricorso principale e rigetta il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione all’accolto ricorso principale e, decidendo la causa nel merito, annulla l’iscrizione a ruolo dell’imposta; dichiara compensate tra le parti le spese processuali del giudizio di legittimità e dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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