Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12508 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. I, 24/06/2020, (ud. 10/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12508

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 30116/2018 proposto da:

I.M.A., elettivamente domiciliato in Roma, piazza

Cavour, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione,

rappresentato e difeso dall’Avvocato Nicola Viscanti giusta procura

speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore;

– intimato –

avverso la sentenza n. 145/2018 della CORTE D’APPELLO di POTENZA

depositata il 19/3/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

10/1/2020 dal cons. PAZZI ALBERTO.

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale PATRONE

IGNAZIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Potenza, con ordinanza ex art. 702-ter c.p.c., del 21 settembre 2016, rigettava il ricorso presentato da I.M.A., cittadino nigeriano nato nell’Edo State e proveniente da Benin City, avverso il provvedimento di diniego di protezione internazionale emesso dalla locale Commissione territoriale al fine di domandare il riconoscimento dello status di rifugiato, del diritto alla protezione sussidiaria prevista dal D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2 e 14 e del diritto alla protezione umanitaria ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6.

2. La Corte d’appello di Potenza, con sentenza del 19 marzo 2018, respingeva l’impugnazione proposta dal richiedente asilo, dopo aver da un lato ritenuto che nella parte meridionale della Nigeria non sussistesse una situazione violenza indiscriminata in una situazione di conflitto interno dalla quale potesse derivare una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona del migrante per la sua sola presenza nel paese di origine, dall’altro ribadito il giudizio di non credibilità espresso dal primo giudice.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso I.M.A. prospettando tre motivi di doglianza. L’amministrazione intimata non ha svolto alcuna difesa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1 n primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che la Corte d’appello non abbia svolto alcuna attività istruttoria – non valutando le circostanze rilevanti comunque emerse, non indicando quelle di necessario approfondimento e tralasciando di svolgere il compito di cooperazione istruttoria che le competeva – senza fornire sul punto alcuna motivazione.

4.2 Il motivo – da intendersi come proposto con riferimento al canone previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 in ragione dei plurimi vizi procedurali denunciati – si prospetta in parte infondato, in parte inammissibile.

La Corte d’appello ha ritenuto di condividere il giudizio di non verosimiglianza delle dichiarazioni rese dal migrante (il quale aveva raccontato di essersi allontanato dal suo paese di origine in quanto “la sua vita sarebbe stata in pericolo perchè gli anziani del villaggio lo stavano cercando per farlo diventare sacerdote degli dei”) già espresso dal Tribunale.

Una simile valutazione esimeva il giudice di merito dal procedere a un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione personale persecutoria o pregiudizievole nel paese di origine, dato che la mancanza di veridicità non derivava esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2018).

Risultano invece inammissibili i profili di doglianza volti a proporre una diversa lettura della congerie istruttoria disponibile, che si traducono in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito della controversia.

5.1 Il secondo motivo di ricorso denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 2: la Corte di merito non avrebbe riconosciuto al richiedente asilo lo status di rifugiato, malgrado il suo racconto fosse dettagliato, circostanziato e integralmente corroborato dalla documentazione allegata in atti e benchè nessuna tutela effettiva potesse essergli offerta in caso di rimpatrio.

5.2 Il terzo motivo si duole dell’omessa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, benchè il ricorrente, in caso di rimpatrio, sia esposto a tutte le ipotesi di grave danno previste dalla norma.

5.3 Entrambi i motivi, da esaminarsi congiuntamente in ragione del coincidente vizio che li affligge, sono inammissibili.

La corte distrettuale, all’esito del giudizio di non credibilità, ha ritenuto che il richiedente asilo non fosse meritevole di qualsiasi forma di protezione, sull’implicito presupposto che la mancata verosimiglianza delle dichiarazioni rese a suffragio della richiesta di riconoscimento della protezione internazionale vanificasse ciascuna delle domande presentate.

A fronte di questo accertamento – che rientra nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – le critiche intendono nella sostanza proporre una diversa lettura dei fatti di causa, traducendosi in un’inammissibile richiesta di rivisitazione del merito (Cass. 8758/2017).

6. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto.

La mancata costituzione in questa sede dell’amministrazione intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, si dà atto che non sussistono – allo stato i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, sempre che l’ammissione del ricorrente al patrocinio a spese dello Stato non risulti revocata dal giudice competente.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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