Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12508 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 09/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12508

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. MELE Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7875/2017 R.G. proposto da:

SELECTA SPA, rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Moschetti e

dall’avv. Giovanni Moschetti, elettivamente domiciliata in Padova,

Passeggiata del Carmine, n. 2, presso lo studio dell’avv. Francesco

Moschetti.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Veneto, sezione staccata di Venezia-Mestre, sezione n. 29, n.

1009/29/16, pronunciata il 17/06/2016, depositata il 21/09/2016.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09 febbraio

2021 dal Consigliere Riccardo Guida.

 

Fatto

RILEVATO

che:

1. si controverte dell’impugnazione, da parte di Selecta S.p.a., dell’avviso di accertamento che rettificava, ai fini della I.r.e.s., il reddito dichiarato dalla società, per l’annualità 2007, in base al PVC, redatto in occasione di un accesso mirato, che disconosceva tutte le componenti di reddito correlate ad uno stock lending agreement. In particolare, in data 05/10/2007, Selecta S.p.a. e la società DFD Czech s.r.l. avevano stipulato un contratto di prestito di azioni (c.d. stock lending agreement), consistente in un prestito di titoli contro pagamento di una commissione e contestuale costituzione, da parte del mutuatario, di una garanzia (c.d. collaterale), avente ad oggetto 150 azioni della società portoghese Global Opportunity (con sede legale a (OMISSIS)), in forza del quale Selecta S.p.a. riceveva le azioni, acquisiva il diritto all’incasso dei dividendi e riconosceva a DFD Czech s.r.l. una commissione, determinata in relazione ai dividendi distribuiti dalla compagine lusitana (in dettaglio: dividendi inferiori a Euro 810.000,00: nessuna commissione; dividendi pari o superiori a Euro 810.000,00: commissione pari ai dividendi diminuiti dello 0,35%, ed è questa l’ipotesi che si attaglia al caso in esame); nella specie, la società contribuente iscriveva in bilancio, tra i proventi finanziari, i dividendi e il “credito figurativo” ad essi connesso (quale credito relativo alle imposte pagate all’estero) e, tra gli oneri finanziari, le commissioni riconosciute alla società ceca;

2. la contribuente propose opposizione avverso l’atto impositivo innanzi alla CTP di Rovigo, la quale rigettò il ricorso, con sentenza (n. 49/2014), confermata dalla CTR del Veneto che, per quanto adesso rileva, ha disatteso l’appello della società, in base alle seguenti considerazioni: (a) l’azione della società è stata mossa da “intento frodatorio”, che concretizza un’ipotesi di evasione fiscale (e non di mera elusione fiscale) attuata tramite un contratto in frode alla legge, nullo, ai sensi dell’art. 1344 c.c.; (b) al di là dello schema contrattuale utilizzato, è chiara la consapevolezza della società accertata della divergenza tra la causa tipica del contratto (“l’alea”) e la “determinazione causale delle parti”, indirizzata all’elusione della normativa fiscale; (c) l’intenzione della contribuente non era l’impiego di ingenti capitali in un investimento finanziario, sia pure assai rischioso, perchè in realtà “l’investimento non sussiste” in quanto il costo (reale sostenuto) è circoscritto, testualmente (cfr. pag. 3 della sentenza): “entro ambiti ben prestabiliti, determinando, di conseguenza, benefici di carattere tributario ben superiori al costo effettivamente sostenuto per la realizzazione dell’impresa finanziaria.”; (d) pur in presenza di una complessa realtà finanziaria, costruita secondo il sistema delle “scatole cinesi”, l’Amministrazione finanziari ha dimostrato, per presunzioni, che la DFD Czech s.r.l. è soltanto una “scatola vuota”, priva di struttura economica e di attività aziendale;

3. la società ricorre con quattro motivi e l’Agenzia non partecipa al giudizio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo di ricorso (“Nullità della sentenza per motivazione sostanzialmente omessa in quanto espressione di argomentazioni tra loro assolutamente inconciliabili. Cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonchè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c.”), si fa valere la nullità della sentenza impugnata per carenza di motivazione, a causa dell’intrinseca contraddittorietà del suo sviluppo argomentativo, visto che la Commissione regionale, pur ravvisando la sussistenza di un’ipotesi di evasione fiscale (attuata mediante la conclusione di un contratto in frode alla legge), pare poi riconoscere, nel caso concreto, gli elementi che caratterizzano la fattispecie elusiva del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 37-bis, (e del novellato art. 10-bis, dello Statuto dei diritti del contribuente);

2. con il secondo motivo (“2. Violazione e falsa applicazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) dell’art. 1344 c.c. e della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, (Statuto del contribuente), laddove il fine di indebito risparmio fiscale viene assunto a causa di nullità civilistica ex art. 1344 c.c.”), la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere affermato la nullità del contratto, in quanto concluso in frode alla legge, in ragione dell’esclusivo fine del risparmio d’imposta, senza considerare che, per la giurisprudenza di legittimità e la migliore dottrina, in presenza di fattispecie fraudolenta finalizzata a sottrarre reddito all’imposizione tributaria, la categoria giuridica di riferimento è quella dell’abuso del diritto (che rileva esclusivamente all’interno del sistema tributario), e non invece quella della nullità, civilistica, dello schema negoziale;

3. con il terzo motivo (“3. Nullità della sentenza per motivazione omessa in relazione all’asserita dimostrazione da parte dell’ufficio “mediante l’utilizzo di presunzioni gravi, precise e concordanti ex art. 2729 c.c., che la società DFD non è altro che una scatola vuota priva di struttura economica ed attività aziendale”. Cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4, nonchè dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c.”), la ricorrente censura il passo della sentenza impugnata riportato in rubrica per omessa motivazione ed imputa alla CTR una ratio decidendi “apodittica”, priva dell’indicazione delle fonti e delle ragioni giustificatrici;

4. con il quarto motivo (“Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 112 c.p.c., per aver il Collegio di II grado omesso di pronunciarsi sulla richiesta di disapplicazione delle sanzioni amministrative per obiettive condizioni di incertezza.”), s’addebita alla CTR di non essersi pronunciata sulla richiesta (subordinata) della contribuente, rivolta ad entrambe le Commissioni tributarie, di disapplicazione delle sanzioni amministrative in presenza delle obiettive condizioni d’incertezza sull’ambito e la portata delle disposizioni violate;

5. i primi tre motivi, suscettibili d’esame congiunto per connessione, sono fondati nei termini che seguono, e ciò comporta l’assorbimento del quarto motivo;

5.1. questa Sezione tributaria (Cass. 28/09/2020, n. 20424 che, in parte motiva, menziona Cass. 12/05/2017, n. 11872) ha già descritto, nei seguenti termini, gli aspetti essenziali dello stock lending agreement: (i) si tratta del prestito di titoli contro pagamento di una commissione (fee) e contestuale costituzione, da parte del mutuatario (borrower), di una garanzia (in denaro o in titoli di valore complessivamente superiore a quello dei titoli ricevuti in prestito), detta collaterale, a favore del mutuante (fender), a presidio dell’obbligo di restituzione dei titoli ricevuti. Alla scadenza, il mutuatario restituisce al mutuante altrettanti titoli della stessa specie e quantità dei titoli ricevuti, mentre il mutuante retrocede al mutuatario i beni costituiti a garanzia; (ii) la ragione economica e l’utilità del contratto risiedono, tra l’altro, in alcuni vantaggi come l’esercizio dei diritti amministrativi derivanti dal possesso delle azioni, oppure, per le operazioni borsistiche, nel riconoscimento di alcune specifiche facoltà del prestatario (mutuatario) dei valori mobiliari;

5.2. così delineata la struttura del contratto, venendo all’esame dei motivi di ricorso, osserva la Corte che la CTR ha erroneamente ritenuto nullo lo stock lending agreement, qualificandolo come un contratto in frode alla legge (art. 1344 c.c.) – ed evocando, per altro, categorie tributarie eterogenee tra loro, quali l’evasione fiscale e elusione fiscale – in sostanza per difetto di una causa lecita, perchè diretto esclusivamente ad ottenere indebiti risparmi d’imposta, senza però cogliere il reale (possibile) fondamento della pretesa erariale. Si è infatti stabilito (Cass. n. 11872/2017, cit.) che: “In tema di imposte sui redditi, l’operazione di “stock lending”, ossia di prestito di azioni, che preveda, a favore del mutuatario, il diritto all’incasso dei dividendi dietro versamento al mutuante di una commissione (corrispondente, o meno, all’ammontare dei dividendi riscossi) realizza il medesimo fenomeno economico dell’usufrutto di azioni, senza che rilevi, ai fini tributari, che in un caso si verta su un diritto reale e, nell’altro, su un diritto di credito, sicchè è soggetta ai limiti previsti dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 109, comma 8, restando il versamento della commissione costo indeducibile”;

5.3. la sentenza impugnata, là dove, a causa dell’asserita nullità del contratto di stock lending, ha frettolosamente ravvisato la legittimità del (l’intero) recupero a tassazione – che, si legge nella parte narrativa della decisione (cfr. pag. 2), riguarda la dichiarazione di un’imposta inferiore a quella dovuta e di un credito d’imposta, pari a Euro 180.339,00, superiore a quello spettante, che ha ridotto l’I.r.e.s. -, non si è uniformata al principio di diritto sopra citato; anzi, essa ha omesso di considerare l’effettiva ragione (normativa) della ripresa fiscale, che si sostanzia nell’indeducibilità della fee, analogamente alla disciplina dettata, in tema di imposte sui redditi, per l’usufrutto di azioni. In accordo con gli enunciati dicta nomofilattici sezionali, è il caso di ricordare che l’usufrutto di azioni è un’operazione finanziaria con la quale viene concesso il diritto a percepire i dividendi distribuiti da un’altra società a fronte di un corrispettivo comprensivo del valore attuale dei flussi futuri di utili. Il cedente, pertanto, percepisce anticipatamente l’entità del dividendo sotto forma di corrispettivo per la cessione dell’usufrutto e il cessionario iscrive in bilancio, nell’attivo patrimoniale immateriale, il corrispondente onere. L’art. 109, comma 8, cit., dispone l’indeducibilità tributaria del costo così sostenuto quando vengano in rilievo partecipazioni societarie da cui derivino utili esclusi da tassazione: individua, in altri termini, un parallelismo tra la deducibilità del costo dell’usufrutto su azioni e l’imponibilità dei dividendi derivanti dalla sottostante partecipazione. Nel contratto di stock lending, corrispondentemente, il prestito dei titoli si associa al diritto a percepire i relativi dividendi da parte del mutuatario, mentre il mutuante ha diritto al pagamento di una commissione in relazione al dividendo incassato: come nell’usufrutto di azioni, il contratto di stock lending trasferisce (temporaneamente) la titolarità del diritto al dividendo e per ottenere la relativa riscossione è previsto un costo;

5.4. la giurisprudenza di legittimità ha altresì precisato che il fenomeno economico è il medesimo, senza che venga in risalto, ai fini tributari (gli unici che qui rilevano, mentre l’analisi civilistica del contratto traspare solo in filigrana), la circostanza che in un caso si tratti di un diritto reale e nell’altro di un diritto di credito. E tale soluzione non configura un’impropria estensione analogica della norma, che si riferisce esplicitamente e letteralmente “ad altro diritto analogo”, senza ulteriori connotazioni, sicchè non va intesa come meramente circoscritta ai soli diritti reali, non deponendo in tal senso nè la lettera nè la ratio della disposizione;

6. in conclusione, diversamente da quanto afferma la CTR, il contratto di stock lending non è nullo per illiceità della causa, non realizza (necessariamente) un’evasione fiscale, e non è neppure un’operazione finanziaria elusiva; semplicemente, i costi sostenuti dalla società prestataria per il prestito delle azioni (id est: la fee) sono indeducibili, ex art. 109, comma 8, t.u.i.r.;

7. ne consegue che, accolti i primi tre motivi, ed assorbito il quarto, la sentenza è cassata, con rinvio alla CTR, in diversa composizione, per un nuovo scrutinio della pretesa fiscale, alla luce dei principi di diritto sopra enunciati, ed anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Veneto (sezione staccata di Venezia-Mestre), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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