Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12507 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. VI, 16/06/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 16/06/2016), n.12507

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. CARACCIOLO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24167/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

BLUSTAR SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 924/22/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di MILANO del 23/01/2014, depositata il 21/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA.

Fatto

IN FATTO ED IN DIRITTO

L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale Lombardia, in accoglimento dell’appello del contribuente, ha dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento impugnato relativo a IRES, IVA ed IRAP per il 2005 per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7.

Il contribuente non svolge attività difensiva.

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, ha evidenziato che la detta disposizione si riferisce ad operazioni di verifica condotte dagli organi dell’Amministrazione Finanziaria nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali, e non invece alle verifiche svolte, come quella in questione, “a tavolino”, e cioè senza accesso nei detti locali.

Il motivo è fondato.

Questa Corte, invero, nella sentenza a sez. unite 24823/2015, nell’affrontare la questione ad essa rimessa (e cioè se le garanzie di carattere procedimentali predisposte dalla L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, si applichino soltanto agli accertamenti emessi in esito ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente ovvero se esse – in quanto espressione di un generalizzato obbligo di contraddittorio nell’ambito del procedimento amministrativo di formazione dell’atto fiscale – operino pure in relazione agli accertamenti conseguenti ad ogni altro tipo di verifica fiscale e, in particolare, in relazione agli accertamenti derivanti da verifiche effettuate presso la sede dell’Ufficio, in base alle notizie acquisite da altre P.A., da terzi ovvero dallo stesso contribuente, in conseguenza della compilazione di questionari o in sede di colloquio – c.d. verifiche a tavolino -), ha dapprima precisato che le dette garanzie procedimentali trovano applicazione esclusivamente in relazione agli accertamenti conseguenti ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita l’attività imprenditoriale o professionale del contribuente; tanto anche per la peculiarità di tali verifiche, caratterizzate dall’autoritativa intromissione dell’Amministrazione nei luoghi di pertinenza del contribuente alla diretta ricerca di elementi valutatiti a lui sfavorevoli; peculiarità che giustifica, quale controbilanciamento, il contraddittorio; la Corte ha poi escluso, sulla base della normativa nazionale, l’esistenza di una clausola generale di contraddittorio endoprocedimentale, e cioè di un principio generale per il quale l’Amministrazione, anche in assenza di specifica disposizione, sia tenuta ad attivare, pena la nullità dell’atto, il contraddittorio endoprocedimentale ogni qualvolta debba essere adottato un provvedimento lesivo dei diritti e degli interessi del contribuente; la Corte, inoltre, sulla base dell’ordinamento europeo (in particolare: art. 41 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea), ha invece ritenuto il rispetto del contraddittorio nel procedimento tributario principio fondamentale dell’ordinamento europeo, la cui violazione tuttavia può determinare l’annullamento dell’atto soltanto se, in mancanza di tale irregolarità, il detto procedimento “avrebbe potuto comportare un risultato diverso”; di conseguenza, secondo la Corte, per i “tributi non armonizzati” (cioè per i tributi soggetti solo alla disciplina nazionale ed estranei quindi alla sfera di competenza del diritto dell’Unione Europea; in particolare: i tributi diretti), l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il detto contraddittorio, pena l’invalidità dell’atto, sussiste esclusivamente in relazione alle ipotesi in cui tale obbligo sia previsto da specifica norma di legge;

per i tributi “armonizzati” (in particolare: l’IVA), che, inerendo alle competenze dell’Unione, sono investiti dalla diretta applicazione del relativo diritto, l’obbligo del contraddittorio procedimentale assume, invece, un rilievo generalizzato, e la sua violazione determina l’annullamento del provvedimento solo se, in mancanza di tale irregolarità, il procedimento”avrebbe potuto comportare un risultato diverso”, e cioè ove risulti che il contraddittorio, ove vi fosse stato, non si sarebbe risolto in puro simulacro, ma avrebbe rivestito una sua ragione d’essere, consentendo al contribuente di addurre elementi difensivi non del tutto vacui e dunque non puramente fittizi o strumentali; nello specifico: il contribuente ha l’onere di prospettare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato; ragioni che, valutate al momento del mancato contraddittorio, devono rilevarsi non puramente pretestuose e, come tali, da determinare uno sviamento dello strumento difensivo rispetto alla finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale per le quali l’ordinamento lo ha predisposto.

L’impugnata sentenza, affermando l’illegittimità dell’avviso in questione (relativo, pacificamente, a verifica tavolino”) per violazione del cit. art. 12, si è discostata da detti principi e va quindi cassata.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata la detta sentenza, con rinvio per nuova valutazione alla CTR Lombardia, diversa composizione, che si atterrà ai principi di cui sopra e provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza, con rinvio alla CTR Lombardia, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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