Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12506 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12506 Anno 2015
Presidente: SALVAGO SALVATORE
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

SENTENZA

sul ricorso 27002-2012 proposto da:
TRIGGIANI

LUIGI

(C.F.

TRGLGU48R20E715Z),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE
3, presso l’avvocato BRUNO SASSANI, rappresentato e

Data pubblicazione: 17/06/2015

difeso dagli avvocati GIAN FELICE CESARETTI,
FRANCESCO PAOLO LUISO, giusta procura in calce al
2015

ricorso;
– ricorrente –

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contro

PASQUINELLI STEFANO, GERI GIANCARLA;

1

- intimati

avverso la sentenza n. 1308/2011 della CORTE
D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 17/10/2011;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 20/05/2015 dal Consigliere

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANNA MARIA SOLDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Luigi Triggiani conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Lucca, Stefano
Pasquinelli e Giancarla Geri ed esposto che, essendo stato sottoposto a procedimento

assegni bancari postdatati, onde sottrarli al temuto sequestro da parte dell’autorità
inquirente, con 1 ‘accordo che costoro avrebbero riscosso i titoli alle scadenze e poi
custodito ed a lui restituito il denaro ricevuto ed ancora che il Pasquinelli, per tali
condotte indagato e sottoposto a procedimento penale per favoreggiamento reale, aveva
successivamente costituito con la Geri un fondo patrimoniale in cui aveva conferito
tutto il suo patrimonio immobiliare, chiedeva che il medesimo Pasquinelli fosse, per
vari titoli, condannato a restituirgli il denaro incassato, pari a £ 365.643.759,
corrispondenti ad € 188.839,24, con gli interessi bancari o legali e/o al risarcimento del
danno che gli aveva cagionato; in ipotesi ulteriormente subordinata che il convenuto
fosse condannato ad indennizzarlo ex art. 2041 c.c., del depauperamento patrimoniale
subito per effetto dei medsimi fatti; chiedeva, inoltre, che conseguentemente fosse
anche dichiarata ex art. 2901 c.c., l’inefficacia dell’atto costitutivo di fondo
patrimoniale ai rogiti del Notaio Lamberto Giusti in data 10.06.2003, trascritto il
12.06.2003, stipulato dal Pasquinelli e dalla Geri, con ogni conseguente statuizione di
ragione e di legge.
Con sentenza n.977/06 il Tribunale di Lucca respingeva le domande del Triggiani,
affermando che nel caso di contratto immorale, quale quello di specie, e diversamente
dal caso di contratto (solo) illecito o illegale, non era consentita né l’azione di
ripetizione ai sensi dell’art. 2033 c.c. né l’esperimento della azione generale di
arricchimento (art. 2041 c.c.), entrambe impedite dall’art. 2035 c.c.. Ciò puntualizzato e
tenuto conto che il contratto concluso dal Triggiani e dal Pasquinelli era nullo e

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penale per il reato di usura, aveva consegnato ai convenuti un ingente numero di

immorale perché teso a sottrarre a sequestro beni pertinenti a reato e quindi offensivo
dell’interesse generale al corretto funzionamento della giustizia ed integrativo di
favoreggiamento, le domande proposte dal Triggiani nei confronti del Pasquinelli

Il Triggiani impugnava la sentenza di primo grado dinanzi alla Corte di appello di
Firenze, che con sentenza del 5.09-17.10.2011, nel contraddittorio delle parti,
confermava il rigetto delle domande introduttive, individuandone in definitiva e per
quanto ancora rileva, la ragione nella carenza di prova del numero e dell’entità degli
assegni consegnati dal Triggiani al Pasquinelli per la riscossione e della entità delle
somme dal secondo effettivamente riscosse. In particolare la Corte distrettuale
argomentatamente riteneva che, pur essendo tra dette due parti intercorso un contratto
di mandato nullo ed immorale, tuttavia l’azione di ripetizione non fosse preclusa dal
disposto dell’art. 2035 c.c. ma che, ciò nonostante, il Triggiani non potesse conseguire
il preteso controvalore, in quanto non aveva fornito la prova di quanto asserito, ossia
che il Pasquinelli aveva percepito dalla riscossione degli assegni £ 365.643.759 pari ad
C 188.839,24 e versato tali somme sui propri conti correnti presso la Banca nazionale
del lavoro ed il Credito Italiano. Al riguardo la Corte distrettuale rilevava anche che la
prospettata circostanza era stata decisamente e ripetutamente contestata dal convenuto e
che la prova offerta dal Triggiani era consistita nella testimonianza di due marescialli
della Guardia di Finanza sul seguente capitolo “Vero che tra il giugno e l’agosto 1995
Pasquinelli Stefano presentò all’incasso presso la Banca Naz.Lavoro- Filiale…. – e
presso il Credito Italiano – Filiale ed effettivamente incassò assegni ricevuti dal
Triggiani per un importo complessivo di £ 365.643.759 pari ad € 188.839,24, versando
tali somme sui propri conti correnti aperti presso gli istituti di credito suddetti”; la
formulazione del capitolo di prova appariva assolutamente generica, anche a fronte

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risultavano tutte inaccoglibili.

delle contestazioni del convenuto per il quale sui conti correnti a lui intestati
transitavano normalmente anche titoli derivanti dalla sua attività professionale e che
non tutti gli assegni di spettanza Triggiani una volta messi all’incasso erano andati a

Avverso questa sentenza il Triggiani ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un
motivo e notificato al Pasquinelli ed alla Geri, che non hanno svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
A sostegno del ricorso il Triggiani denunzia “Omessa, insufficiente e contraddittoria
motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 n. 5 c.p.c.)”
con riguardo a due profili, inerenti il primo alla mancata ammissione per genericità, del
dedotto e trascritto capitolo di prova testimoniale ed il secondo al mancato esame
dell’Informativa, a firma del Magg. Marco Defila, stilata in data 25.01.2001 dalla
Guardia di Finanza — Comando Nucleo Provinciale Polizia tributaria di Lucca, da lui
prodotta in primo grado e di cui trascrive una parte, ossia le pagg 4 e ss..
Il motivo in entrambe le sue articolazioni non ha pregio.
Quanto al primo profilo, il diniego di ammissione per inidoneità della specificazione,
sostanzialmente tratta dall’inadeguatezza fattuale e temporale delle circostanze
articolate nel capitolo di prova testimoniale, appare non censurabile, risultando
irreprensibile frutto di giudizio condotto, in linea col dettato normativo (art. 244 c.p.c.),
2 0 ■ C.A.VV,C1,10.–alla stregua della letterale formulazione del medesimo capitolo,
posta in relazione agli altri atti di causa ed alle contestazioni del Pasquinelli, come
espressamente, puntualmente edegieecitifie chiarito dai giudici d’appello (cfr, tra le
altre Cass. n. 2201 del 2007; n. 3280 del 2008). Al riguardo giova ricordare che
sebbene la mancata ammissione della prova testimoniale possa essere denunciata in
sede di legittimità per vizio di motivazione in ordine all’attitudine dimostrativa di

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buon fine, essendo stati molti protestati.

circostanze rilevanti ai fini del decidere (cfr da ultimo cass n. 66 del 2015), tuttavia il
giudizio sull’idoneità della specificazione, imposta dall’art. 244 c.p.c., dei fatti dedotti
nei capitoli di prova, costituisce apprezzamento di merito non suscettibile di sindacato

congruo ed esente da vizi logici e giuridici (cfr, ex plurimis, cass n. 1513 del 1997; n.
13730 del 2004; n. 15489 del 2007).
D’altra parte la facoltà, attribuita al giudice dall’art 253 c.p.c., di rivolgere al testimone,
anche d’ufficio, domande di chiarimento, può esercitarsi soltanto nell’ambito dei fatti
specificati nei capitoli di prova articolati dalle parti, sicché è da escludere che la
genericità o l’incompletezza su aspetti essenziali dei fatti ivi dedotti, quale nel caso
soprattutto la riscossione da parte del Pasquinelli e per importo corrispondente a quello
affermato dal Triggiani, di assegni da questi ricevuti e posti all’incasso, sia sanabile in
sede di espletamento della prova, mediante esercizio della facoltà di cui alla norma
citata.
Quanto al profilo sub B), il mancato esame di un documento può essere denunciato per
cassazione solo nel caso in cui determini l’omissione di motivazione su un punto
decisivo della controversia e, segnatamente, quando il documento non esaminato offra
la prova di circostanze di tale portata da invalidare, con un giudizio di certezza e non di
mera probabilità, il convincimento del giudice di merito, di modo che la “ratio
decidendi” venga a trovarsi priva di fondamento (cfr, tra le numerose altre, Cass.
n.13730 del 2004; n.11457 del 2007; n. 5377 del 2011; n. 25756 del 2014)). Nel caso,
dalla lettura del trascritto passo della citata informativa non emergono dati oggettivi atti
a scalfire le ragioni dell’impugnata decisione, dato già che il contenuto del documento,
quand’anche trascurato, appare muto in ordine all’intervenuta riscossione da parte del

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in sede di giudizio di cassazione se sorretto, come nella specie, da ragionamento

Pasquinelli dei menzionati assegni, da lui posti all’incasso e, pertanto, insuscettibile di
assumere carattere decisivo in ordine alla prova di tale contestata circostanza.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.

ricorso del Triggiani respinto e non avendo gli intimati svolto difese.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2015

Il Cons.est.

Non deve statuirsi sulle spese del giudizio di giudizio di legittimità, essendo stato il

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