Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12503 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12503 Anno 2015
Presidente: FORTE FABRIZIO
Relatore: VALITUTTI ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso 9717-2008 proposto da:
ETTORRE MARTINO SANTE

(c.f.

TTRMNT46H17D171K),

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA APPIANO 8,
presso l’avvocato CASTELLANA ORAZIO, rappresentato e

Data pubblicazione: 17/06/2015

difeso dall’avvocato TOMMASO SAVITO, giusta procura
a margine del ricorso;
– ricorrente-

2015

contro

811

COMUNE DI CRISPIANO;
– intimato –

1

I

avverso la sentenza n.

206/2007 della CORTE

D’APPELLO di BARI, depositata il 28/02/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/05/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
VALITUTTI;

Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore

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RITENUTO IN FATTO.
i.

Con scrytey-rza

n.

542196, depositata il 17.4.1996, il Tribunale di

Taranto rigettava l’opposizione proposta da Ettorre Martino Sante
avverso il decreto ingiuntivo n. 55/90, emesso dal Presidente di quel
Tribunale in data 10.1.1990, con il quale gli era stato intimato il pagamento della somma di £. 21.887.500, oltre accessori di legge, in
del servizio di distribuzione di energia elettrica per le lampade votive
del cimitero comunale.
2. Avverso tale decisione proponeva appello l’Ettorre, accolto dalla
Corte di Appello di Lecce, con sentenza n. 109 del 10.4.2000, con la
quale il giudice di seconde cure riteneva improponibile la domanda
proposta dal Comune di Crispiano con il ricorso per ingiunzione, attesa la previsione della deferibilità del giudizio agli arbitri, ai sensi
dell’art. 33 del capitolato d’oneri relativo alla concessione di servizi
in questione.
3. La sentenza di appello veniva, quindi, gravata dall’ente appellato
con ricorso per cassazione, accolto da questa Corte, con decisione
n. 8910 del 4.6.2003, con la quale la pronuncia di secondo grado
veniva cassata con rinvio per difetto di motivazione.
4. Riassunto il giudizio dal Comune di Crispiano, ai sensi dell’art.
392 c.p.c., la Corte di Appello di Bari, con sentenza n. 206/2007,
depositata il 28.2.2007, rigettava l’opposizione dell’Ettorre, ritenendo, in via pregiudiziale, infondata l’eccezione di ìmproponibilità della
domanda per la sussistenza di una clausola compromissoría che devolveva la questione agli arbitri, nonché l’eccezione di litispendenza
per la pendenza del procedimento arbitrale. Nel merito, il giudice di
rinvio riteneva inaccoglibile la pretesa di riduzione e/o di revisione
del canone di concessione.
5. Per la cassazione della sentenza n. 206/2007 ha proposto, quindi, ricorso Ettorre Martino Sante nei confronti del Comune di Crispiano, affidato a quattro motivi. L’intimato non ha svolto attività
difensiva.

favore del Comune di Crispiano, a titolo di canoni per la concessione

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso, Ettorre Martino Sante denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 392 e 394 c.p.c., in relazione all’art. 360, co, 1, n. 3 c.p.c.
1.1. Osserva il ricorrente che la Corte di Appello di Bari, in sede di
rinvio, sarebbe incorsa nella violazione delle norme succitate, poiché
con rinvio per vizio di motivazione – si sarebbe pronunciata su punti
ed aspetti della controversia non esaminati né cassati dalla pronuncia di questa Corte n. 8910/2003.
1.2. Il motivo è inammissibile sotto un duplice profilo.
1.2.1. Deve essere, invero, anzitutto rilevata la totale inidoneità del
quesito di diritto proposto dal ricorrente ad assolvere la funzione
assegnatagli dal disposto dell’art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione
temporis alla fattispecie concreta.
1.2.1.1. Ed invero, ai sensi della disposizione succitata, il quesito
inerente ad una censura in diritto – dovendo assolvere alla funzione
di integrare il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale – non può essere meramente generico e teorico, ma deve essere calato nella fattispecie concreta, onde consentire alla Corte di comprendere, dalla
sua sola lettura, l’errore asseritamene compiuto dal giudice di merito e la regola applicabile. Il quesito di diritto deve pertanto, compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di
diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che,
ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuta applicare al caso di specie. Ne discende che esso non può consistere in una semplice richiesta di accoglimento del motivo, ovvero nel mero interpello della Corte in ordine alla fondatezza della propugnata petizione di principio, o
della censura così come illustrata nello svolgimento del motivo stesso, o ancora nella generica istanza di decisione sull’esistenza della
violazione di legge denunziata (cfr., ex plurimis, Cass. 19769/2008;

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– sebbene la precedente decisione di appello fosse stata cassata

8463/2009, 3530/2012; S.U. 21672/2013), ma deve, per converso,
investire la “ratio decidendi” della sentenza impugnata, proponendone una alternativa e di segno opposto (Cass.S.U. 20360/2007;
S.U. 26020/2008; 4044/2009).
1.2.1.2. Orbene, nel caso di specie, il quesito di diritto formulato dal
ricorrente si limita a richiedere alla Corte se sia vero, in via del tutto
sata per vizio di motivazione, il giudice di rinvio deve limitarsi a decidere la controversia “alla luce delle censure svolte dalla Corte di
Cassazione, senza contestare i punti o gli aspetti non esaminati, né
cassati dal Supremo Consesso”, e se sia vero che, quando la motivazione viene ritenuta insufficiente su un solo punto della sentenza,
“al giudice di rinvio non è consentito riesaminare le parti già decise
con la sentenza parzialmente cassata”.
1.2.1.3. E’ del tutto evidente, pertanto, che il quesito in parola si
palesa del tutto generico, avulso dalla fattispecie concreta e dalla
ratio decidendi dell’impugnata sentenza, dando luogo, pertanto, già
sotto tale profilo, ad inammissibilità del mezzo in esame.
1.2.2. E tuttavia, va, altresì, rilevato che il motivo in parola difetta
anche di autosufficienza.
1.2.2.1. Il ricorrente che denunzi un’errata interpretazione del principio di diritto pronunziato dalla sentenza di cassazione non può,
invero, genericamente richiamare le regole che assume, in concreto, violate, ma deve indicare le forme in cui si è manifestata la violazione denunziata, altrimenti risolvendosi la censura nella mera ed
astratta contrapposizione di un’interpretazione diversa a quella fatta
propria dal giudice di rinvio. Il ricorrente deve, pertanto, riportare
nel ricorso, trascrivendoli, il principio di diritto che ritiene errato e le
parti motivazionali volte ad integrarne e chiarirne la portata, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso in cassazione
(Cass. 6462/2005; 10979/2005).
1.2.2.2. Nel caso di specie, per contro, il ricorrente non ha affatto
riportato nella censura i punti della decisione di appello, nei quali la

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teorica ed astratta, che, quando una sentenza di appello viene cas-

Corte territoriale si sarebbe discostata dal principio di diritto, al fine
di consentire a questa Corte di delibare, sulla base del solo ricorso,
la fondatezza della censura, nel rispetto del principio di autosufficienza.
1.3. Il motivo va, pertanto, dichiarato inammissibile.
2. Con il secondo motivo di ricorso, Ettorre Martino Sante denuncia

c.p.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
su un fatto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, co.
1, nn. 3 e 5 c.p.c.
2.1. La Corte territoriale, in sede di rinvio, avrebbe, invero, erroneamente interpretato le clausole 33 e 34 del capitolato d’oneri,
intendendole nel senso che per le sole controversie che sarebbero
potute insorgere nel corso della concessione del servizio di distribuzione di energia elettrica tra il concessionario e l’Amministrazione
concedente, ossia “nel periodo temporale di efficacia del contratto di
appalto”, fosse attivabile, ai sensi dell’art. 33, il giudizio arbitrale, a
differenza di quanto stabilisce l’art. 34 per le controversie che sarebbero potute insorgere tra il concessionario ed i privati, in relazione alle quali tale limitazione temporale non sussisterebbe. Per il che,
essendo stata la richiesta di decreto ingiuntivo proposta dal Comune
di Crispiano dopo la scadenza del contratto, la clausola compromissoria – secondo il giudice di appello – non potrebbe ritenersi operante
2.2. Tale conclusione cui è pervenuta la Corte di Appello, in sede di
rinvio, è – tuttavia – censurata dall’Ettore, secondo il quale siffatta
interpretazione del capitolato d’oneri non sarebbe sostenuta da alcun criterio logico o interpretativo, “costituendo una mera interpretazione soggettiva del giudice di merito”.
2.3. Il motivo è inammissibile.
2.3.1. Il ricorrente denuncia, infatti, come si è dianzi rilevato, sia la
violazione degli artt. 1362 e ss. c.c. e 37 e 39 c.p.c., sia il vizio di
motivazione. Orbene, come questa Corte ha più volte statuito, deve

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la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c. e 37 e 39

considerarsi inammissibile la congiunta proposizione di doglianze ai
sensi dei numeri 3) e 5) dell’art. 360 c.p.c., salvo che non sia accompagnata dalla formulazione, per il primo vizio, del quesito di diritto, nonché, per il secondo, dal momento di sintesi o riepilogo, in
forza della duplice previsione di cui all’art. 366-bis c.p. (Cass.S.U.
7770/2009; Cass. 12248/2013).
un quesito di diritto nel quale la denuncia del vizio motivazionale
coesiste con la censura di violazione di legge. Il motivo in esame
non si conclude, pertanto, con una specifico momento di sintesi che
contenga, anzitutto, la chiara indicazione del fatto controverso in
relazione al quale la motivazione si assume omessa o insufficiente indicazione che nella specie è del tutto mancante – e, dipoi, la sintesi delle ragioni per le quali il vizio denunciato si ritenga sussistente, in relazione alla concreta motivazione posta a fondamento della
sentenza impugnata.
2.3.3. In relazione al vizio di violazione di legge, poi, il quesito in
parola si presenta del tutto generico ed astratto, in quanto avulso
dalla fattispecie concreta, giacchè il ricorrente non riproduce – nel
rispetto dei principi suesposti, enunciati dalla giurisprudenza di legittimità – la regula iuris che assume violata dal giudice di appello, posta in relazione al principio di diritto che reputa, invece, fondato.
2.4. La censura non può, di conseguenza, trovare accoglimento.
3. Con il terzo motivo di ricorso, Ettorre Martino sante denuncia la
violazione degli artt. 1362 e ss. c.c., nonché l’omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione su punti decisivi della controversia, in
relazione all’art. 360, co. 1, nn. 3 e 5 c.p.c.
3.1. Sarebbe, invero, incorsa nella violazione del disposto di cui agli
artt. 1362 e ss. c.c., la Corte di merito, laddove, nella sentenza impugnata, avrebbe interpretato – peraltro con motivazione del tutto
incongrua – la clausola 33 del capitolato d’oneri nel senso che il giudizio arbitrale fosse applicabile alle sole controversie già incardinate
presso un Tribunale o un collegio arbitrale già perfetto, e non anche

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2.3.2. Nel caso concreto, peraltro, la parte ha concluso il motivo con

alle controversie insorte tra le parti, seppure non ancora incardinate
dinanzi ad un organo collegiale già compiutamente costituito. Il che
si sarebbe verificato nel caso di specie, a seguito dell’atto di diffida
del 9.4.1986, con il quale l’Ettorre aveva richiesto la riduzione e/o
revisione del canone di concessione, a seguito delle numerose disdette del servizio di distribuzione di energia elettrica per le lampatissimo numero di utenti (1824 su 2000).
3.2. La censura è inammissibile.
3.2.1. A fronte della censura di violazione di legge e di vizio di motivazione, operata con il mezzo in esame, l’illustrazione del motivo si
conclude, infatti, con un solo quesito di diritto generico e cumulativo, per i due diversi profili di censura, senza che sia stato formulato
un separato momento di sintesi che contenga l’indicazione del fatto
controverso, e senza che vengano neppure indicate, con specifico
riferimento ai profili di violazione di legge dedotti, le ragioni per le
quali il giudizio di diritto, operato dalla Corte territoriale, dovrebbe
considerarsi erroneo.
3.2.2. Il motivo è, pertanto, inammissibile.
4. Con il quarto motivo di ricorso, Ettorre Martino Sante denuncia al
violazione e falsa applicazione dell’art. 1664 c.c. e della normativa di
correttezza nell’esecuzione dei contratti, rinveniente dall’art. 2
Cost., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione
su punti decisivi della controversia, in relazione all’art. 360, co. 1,
nn. 3 e 5 .p.c.
4.1. Avrebbe, invero, errato la Corte di Appello di Bari – ad avviso
del ricorrente – nel ritenere che l’Amministrazione, pure in presenza
di numerose disdette del servizio di distribuzione di energia elettrica
per le lampade votive del cimitero comunale, pervenute da parte di
un rilevantissimo numero di utenti (1824 su 2000), non fosse tenuta a rivedere le condizioni contrattuali, rimodulando e riadeguando i
canoni di concessione, in ragione delle mutate circostanze, onde

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de votive del cimitero comunale, pervenute da parte di un rilevan-

non far ricadere sul concessionario un’alea contrattuale non voluta
dalle parti.
4.2. Il motivo è inammissibile.
4.2.1. Ed invero, anche in questo caso il quesito di diritto, che opera
un generico riferimento al dovere che le “Amministrazioni pubbliche”
tout court avrebbero di rivedere le condizioni contrattuali, in precorrettezza, di buona fede e di solidarietà, ex art. 2 Cost., è del tutto astratto e teorico, avulso dalla fattispecie concreta e dalla ratio
decidendi dell’impugnata sentenza.
4.2.2. La censura è, di conseguenza, inammissibile.
5. Per tutte le ragioni esposte, l’intero ricorso proposto dall’Ettorre
va, pertanto, dichiarato inammissibile.
6. Nulla per le spese, attesa la mancata costituzione del Comune
intimato.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
dichiara inammissibile il ricorso.

C i OttCosì deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione ~scia, il 5/5/2015.

senza di mutamenti nelle circostanze, in applicazione dei principi di

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