Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12502 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 27/11/2020, dep. 12/05/2021), n.12502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. PERRINO Angel – Maria –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. ARMONE Giovanni Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 16508/2014 R.G. proposto da:

Cifin Spa, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Giancarlo Zoppini,

Giuseppe Pizzonia e Giuseppe Russo Corvace, con domicilio eletto

presso il primo in Roma via della Scrofa n. 57, giusta procura a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Lombardia n. 142/46/13, depositata il 18 dicembre 2013.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 27 novembre 2020

dal Cons. Giuseppe Fuochi Tinarelli.

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale De Augustinis Umberto, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Udito l’Avv. Francesco D’Ayala Valva su delega dell’Avv. Giuseppe

Pizzonia per la contribuente che ha concluso per l’accoglimento del

ricorso.

Udito l’Avv. dello Stato Alfonso Peluso che ha concluso per il

rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Cifin Spa, esercente attività di compravendita e locazione di immobili, chiedeva il rimborso della maggiore Iva versata per l’anno 2006 per effetto del D.L. n. 223 del 2006, disciplina che aveva modificato il regime fiscale degli immobili abitativi passandolo dalla imponibilità alla non imponibilità, per cui, con riguardo agli acquisti operati dal 1 gennaio al 4 luglio 2006 (dalla Star Srl, poi incorporata dalla Cifin Spa), aveva dovuto – in osservanza delle non condivise direttive dell’Ufficio – applicare il regime del pro-rata.

L’istanza era rigettata dall’Agenzia delle entrate.

L’impugnazione del diniego era respinta dalla CTP di Milano. La sentenza era confermata dal giudice d’appello.

Cifin Spa propone ricorso per cassazione con tre motivi, poi illustrato con memoria.

Resiste l’Agenzia delle entrate con controricorso.

Con ordinanza del 28 novembre 2019 la causa veniva rinviata alla pubblica udienza in relazione alla questione della detrazione Iva nel regime transitorio introdotto con il D.L. n. 233 del 2006.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 9, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 1, art. 17 della dir. n. 388/1977/CEE, nonchè degli artt. 3,53 e 97 Cost., L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1.

La società deduce, in particolare, che l’avvenuta transizione dei beni da un regime di imponibilità a quello di esenzione non può incidere sul diritto di detrazione sugli acquisti operati tra il 1 gennaio e il 4 luglio 2006. Una diversa soluzione si porrebbe in contrasto con i principi di neutralità dell’Iva e di legittimo affidamento, rilevanti anche come parametri interpretativi della disposizione transitoria di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 9, invece restrittivamente intesa dalla CTR.

In via subordinata chiede rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE.

2. Il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 5, e art. 19 bis per aver la CTR ritenuto l’indeterminatezza del rimborso richiesto per aver la contribuente computato la totalità delle operazioni passive – imponibili ed esenti – poste in essere nel corso dell’anno, per l’acquisto di immobili ad uso abitativo e immobili strumentali, così erroneamente interpretando le norme in tema di pro-rata.

Rileva, in particolare, che il criterio di determinazione forfetario mira ad individuare, sulla totalità delle operazioni poste in essere dal soggetto passivo, la percentuale di detrazione dell’Iva, che è determinata in misura proporzionale al rapporto tra le operazioni attive che danno diritto a detrazione e la totalità delle operazioni (imponibili ed esenti) effettuate nell’anno di riferimento, sicchè correttamente, nella formulazione della richiesta di rimborso, era stato operato il computo della maggiore imposta versata in relazione a tale meccanismo.

3. Il terzo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 112 c.p.c. per aver la CTR ritenuto indeterminata l’istanza di rimborso, così concludendo per il rigetto integrale della domanda anzichè delimitare la pretesa alle operazioni relative a beni con destinazione abitativa.

4. Il primo motivo è fondato.

5. La questione è già stato oggetto di disamina da parte di questa Corte con la sentenza n. 2264 del 30/01/2018 (non massimata), poi successivamente ripresa da Cass. n. 2145 del 30/01/2020, che ha ritenuto fondata la tesi della Amministrazione.

5.1. Le ragioni poste a fondamento dei citati precedenti sono state le seguenti:

a. il D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 9, stabilisce, per quanto riguarda gli immobili abitativi, che “In sede di prima applicazione delle disposizioni di cui al comma 8 in relazione al mutato regime disposto dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 10, comma 1, nn. 8) e 8-bis), non si effettua la rettifica della detrazione dell’imposta prevista dal citato decreto n. 633 del 1972, art. 19-bis2 limitatamente ai fabbricati diversi da quelli strumentali che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, posseduti alla data del 4 luglio 2006”;

b. la norma transitoria, dunque, comporta eccezione solo al principio D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19 bis.2, comma 3 consentendo ai soggetti che, in base ad esso, perderebbero il diritto di detrazionejgià fruit9, di mantenerlo;

c. tale norma, tuttavia, si riferisce solo alle posizioni per le quali il diritto di detrazione si è già consolidato e, dunque, a coloro che hanno effettuato le operazioni negli anni precedenti (ossia fino al 31 dicembre 2005);

d. in caso di operazioni poste in essere tra il 1 gennaio e il 4 luglio 2006, invece, non possono operare le norme sulla rettifica della detrazione di cui all’art. 19 bis.2, ma solamente le regole di determinazione della detrazione previste dall’art. 19, comma 5, secondo le quali “la detrazione operata nel corso dell’anno deve considerarsi provvisoria, in quanto l’ammontare dell’imposta detraibile risulta determinato solo alla fine del periodo d’imposta, sulla base delle operazioni esenti o imponibili effettuate”.

Ne deriva che per le operazioni realizzate in questo arco temporale (1 gennaio-4 luglio 2006) non si pone una questione di “rettifica”, nè di deroga al disposto di cui all’art. 19 bis.2, nè, in ogni caso, ad esse si riferisce la disciplina transitoria, occorrendo solo determinare l’imposta secondo la regola stabilita dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 5 nel testo applicabile ratione temporis.

6. Tali conclusioni, peraltro, meritano una nuova considerazione.

6.1. Pare opportuno, preliminarmente, individuare il quadro normativo pertinente nella vicenda in esame, alla luce anche della disciplina unionale. In particolare:

Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 5, prevede:

“5. Ai contribuenti che esercitano sia attività che danno luogo ad operazioni che conferiscono il diritto alla detrazione sia attività che danno luogo ad operazioni esenti ai sensi dell’art. 10, il diritto alla detrazione dell’imposta spetta in misura proporzionale alla prima categoria di operazioni e il relativo ammontare è determinato applicando la percentuale di detrazione di cui all’art. 19-bis. Nel corso dell’anno la detrazione provvisoriamente operata con l’applicazione della percentuale di detrazione dell’anno precedente, salvo conguaglio alla fine dell’anno. I soggetti che iniziano l’attività operano la detrazione in base ad una percentuale di detrazione determinata presuntivamente, salvo conguaglio alla fine dell’anno. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle operazioni di cui all’art. 10, nn. 6) e 7), e alle prestazioni di mandato, mediazione e intermediazione relative a dette operazioni.”

Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis stabilisce i criteri per il calcolo del pro-rata e, per quanto qui rileva, al comma 1 prevede:

“1. La percentuale di detrazione di cui all’art. 19, comma 5, è determinata in base al rapporto tra l’ammontare delle operazioni che danno diritto a detrazione, effettuate nell’anno, e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti effettuate nell’anno medesimo. (…)”.

Infine, il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.2 rubricato “Rettifica della detrazione”, prevede ai primi tre commi:

“1. La detrazione dell’imposta relativa ai beni non ammortizzabili ed ai servizi è rettificata in aumento o in diminuzione qualora i beni ed i servizi medesimi sono utilizzati per effettuare operazioni che danno diritto alla detrazione in misura diversa da quella inizialmente operata. Ai fini di tale rettifica si tiene conto esclusivamente della prima utilizzazione dei beni e dei servizi.

2. Per i beni ammortizzabili, la rettifica di cui al comma 1 è eseguita in rapporto al diverso utilizzo che si verifica nell’anno della loro entrata in funzione ovvero nei quattro anni successivi ed è calcolata con riferimento a tanti quinti dell’imposta quanti sono gli anni mancanti al compimento del quinquennio.

3. Se mutamenti nel regime fiscale delle operazioni attive, nel regime di detrazione dell’imposta sugli acquisti o nell’attività comportano la detrazione dell’imposta in misura diversa da quella già operata, la rettifica è eseguita limitatamente ai beni ed ai servizi non ancora ceduti o non ancora utilizzati e, per i beni ammortizzabili, è eseguita se non sono trascorsi quattro anni da quello della loro entrata in funzione.”

6.2. La disciplina del meccanismo di calcolo del pro-rata trova la sua fonte nell’art. 19 della direttiva n. 77/388/CEE (sesta direttiva), di cui costituisce fedele trasposizione.

Quanto, invece, alla disciplina sostanziale delle operazioni da considerare ai fini del rapporto tra operazioni esenti ed operazioni imponibili, va rilevato che il legislatore nazionale, adottando il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 5, e art. 19 bis ha inteso fare uso del metodo derogatorio previsto all’art. 17, paragrafo 5, comma 3, lettera d), della sesta direttiva.

La ratio della disciplina risiede invero nell’esigenza – connaturata alla normativa dell’Iva e al principio di neutralità che la caratterizza – che solo per le operazioni imponibili può sussistere il diritto di detrazione e non anche per le operazioni esenti, sicchè, in caso di attività che vedono la realizzazione di operazioni di entrambe le tipologie, è necessario trovare un criterio per determinare l’ammontare della detrazione. Il legislatore unionale, accanto alla regola generale che distingue a seconda dei beni e servizi concretamente impiegati, ha consentito agli Stati membri di adottare altre modalità di valutazione dei beni e/o delle attività, tra cui quella scelta dal nostro legislatore.

La previsione della rettifica della detrazione (la cui disciplina unionale è contenuta nell’art. 20 della sesta direttiva, ora negli artt. 184-192 dir. n. 2006/112/CE) in relazione ad eventi sopravvenuti trova parimenti la sua giustificazione nel principio di neutralità: lo scopo è, infatti, quello di allineare la misura della detrazione Iva operata (o meno) al momento dell’acquisto a quella spettante in via definitiva al momento dell’utilizzazione o cessione del bene, ossia a quella di cui “il soggetto passivo ha diritto”.

La rettifica, in particolare, è prevista, nell’ambito della previsione in questione, in caso di cambiamento di destinazione d’uso dei beni o servizi (art. 19 bis.2, commi 1 e 2) e in caso di mutamento del regime fiscale di detraibilità o dell’attività esercitata (una ulteriore ipotesi – relativa all’incidenza del volume di operazioni esenti sulla cifra d’affari – è prevista dal comma 4, qui non rilevante).

Appare opportuno precisare, in relazione alla fattispecie in giudizio, che, ai sensi del successivo comma 8, tutti gli immobili, anche se destinati alla vendita, ai fini dell’applicazione della norma, “sono comunque considerati beni ammortizzabili”.

Infine, le modalità di emersione della rettifica sono disciplinate dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.2, comma 9 secondo il quale “Le rettifiche delle detrazioni di cui ai commi precedenti sono effettuate nella dichiarazione relativa all’anno in cui si verificano gli eventi che le determinano, sulla base delle risultanze delle scritture contabili obbligatorie”.

6.3. Il quadro normativo sopra esposto delinea, dunque, un meccanismo unitario e progressivo.

Il contribuente che eserciti (o avvii l’esercizio di) una attività cd. promiscua (che veda la realizzazione di attività imponibili e non imponibili) è tenuto, sin dall’origine, a effettuare una riduzione percentuale provvisoria della detrazione, che va rapportata a quanto risultava dall’anno d’imposta precedente o, in caso di nuova attività, in termini prognostici, salvo conguaglio finale e determinazione del pro-rata.

Qualora, invece, sopravvenga un evento – tra quelli individuati dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.2 – che determini un mutamento dell’ammontare della detrazione, è necessario che di esso si tenga conto e che vengano compiute – nello stesso anno in cui si verifica l’evento – le rettifiche necessarie anche con riguardo alle operazioni realizzate in epoca precedente, così da allineare la misura della detrazione operata a quella effettivamente spettante.

Occorre sottolineare, sul punto, che l’art. 19 bis.2 integra e, al contempo, delinea la portata del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 5: quest’ultima norma si riferisce a coloro che svolgono, sin dall’inizio, una attività promiscua, mentre la prima si riferisce a situazioni nelle quali l’attività rispetto alla configurazione originaria (attività solo esenti, solo imponibili, promiscua ma con diversa regolamentazione) si è modificata per il sopraggiungere di taluno degli eventi ivi considerati, sì da generare un ulteriore obbligo di rettifica.

6.4. Questa conclusione, del resto, è coerente con quanto già sottolineato da questa Corte con la recente sentenza n. 24708 del 5/11/2020 (in motivazione), secondo la quale il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis “non è tanto espressione del principio secondo cui la percentuale di detrazione dell’IVA assolta sugli acquisti può essere corretta e modificata solo se specificamente previsto dal legislatore, ma descrive le modalità con cui intervenire in relazione a specifiche sopravvenienze: essa è dettata dall’esigenza di correggere (ex post) una possibile stortura sulla correttezza del calcolo del pro rata in correlazione all’ammortamento di determinati cespiti”.

6.5. Su questo assetto è poi sopravvenuta la disciplina di cui al D.L. n. 223 del 2006, art. 35 che, con riguardo agli immobili destinati ad uso abitativo (e, sul piano soggettivo, per quanto qui interessa, per i soggetti che svolgono attività di intermediazione immobiliare), ha modificato il regime fiscale delle operazioni da imponibile a esente.

Si tratta di ipotesi che, anche sul piano strettamente letterale, è direttamente riconducibile alla disciplina contenuta nel D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.2, comma 3, e, dunque, di per sè costituiva evento idoneo a determinare una rettifica per le operazioni passate.

Il legislatore nazionale, tuttavia, è intervenuto con la previsione di una disciplina transitoria, specificamente rivolta agli immobili “diversi da quelli strumentali”, contenuta nel comma 9 disponendo che “non si effettua la rettifica della detrazione dell’imposta prevista dall’art. 19-bis2 del citato decreto n. 633 del 1972, limitatamente ai fabbricati diversi da quelli strumentali (…), posseduti alla data del 4 luglio 2006”.

6.6. Tale intervento del legislatore, invero, pur non necessitato, si pone in linea con le indicazioni della Corte di Giustizia.

Va rimarcato, infatti, che anche in tempi recenti la Corte ha affermato (sentenza 9 giugno 2016, in C-332/14, Wolfgang und Dr, Wilfried Rey GrundstOcksgemeinschaft GbR, punti 56-59) che “in linea di principio, è compatibile con il diritto dell’Unione una nuova norma giuridica che si applica a partire dall’entrata in vigore dell’atto recante la medesima (sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a., C72/12, EU:C:2013:712, punto 22). Di conseguenza, i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento non ostano, normalmente, alla possibilità per uno Stato membro di modificare una legge con effetto immediato, senza prevedere un regime transitorio. Tuttavia, in situazioni particolari nelle quali i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento lo impongano, può essere necessaria l’introduzione di un siffatto regime adeguato alle circostanze. Quindi la Corte ha considerato che il legislatore nazionale violerebbe i principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento qualora adotti, in modo improvviso e imprevedibile, una nuova legge che sopprime un diritto di cui godevano fino a tale momento i soggetti passivi, senza lasciare a questi ultimi il tempo necessario per adattarsi alla nuova situazione, e ciò senza che lo scopo da conseguire lo imponga (v., in tal senso, sentenza del 29 aprile 2004, Gemeente Leusden e Holin Groep, C 487/01 e C 7/02, EU:C:2004:263, punto 70). In particolare, i soggetti passivi devono disporre di un tempo di adattamento qualora la soppressione del diritto di cui godevano fino a tale momento imponga loro di procedere ad adeguamenti economici significativi (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a., C 98/14, EU:C:2015:386, punto 87)”.

6.7. Si pone, dunque, la necessità di interpretare la valenza e la portata della disposizione transitoria.

6.8. Sul punto non appare in primo luogo condivisibile, sul piano letterale e sistematico, che per l’anno 2006, a fronte della modifica di regime fiscale, debba ritenersi operativo solo il meccanismo contemplato dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, comma 5.

Come su osservato, infatti, la norma si limita a disciplinare coloro che svolgevano una attività sin dall’origine promiscua, i quali sono tenuti ad operare una riduzione della detrazione in via provvisoria, salvo conguaglio finale.

Ove invece si verifichi un evento che determina un mutamento dell’ammontare della detrazione interviene il modello operativo di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.2.

Nella specie, tra l’altro, la contribuente – che realizzava solo operazioni imponibili – fino al 4 luglio 2006 non era tenuta, di per sè, ad operare alcuna riduzione provvisoria della detrazione, neppure ipotizzabile.

6.9. In secondo luogo, lo stesso art. 35, comma 9, fa riferimento agli immobili “posseduti alla data del 4 luglio”, inclusi, dunque, quelli acquisiti nel 2006 anteriormente a tale data.

Una interpretazione riduttiva che escluda dall’ambito derogatorio di applicazione della rettifica D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19 bis.2 questo lasso temporale, limitandolo agli acquisti operati nell’anno precedente, finirebbe con il determinare la parziale abrogazione della norma che verrebbe riformulata come se, invece del 4 luglio 2006, fosse scritto 31 dicembre 2005.

6.10. Va sottolineato, sul punto, che, alla luce degli arresti della Corte di Giustizia, l’interpretazione avallata dalla CTR, alla luce del dettato letterale della norma, risulta poco coerente e ragionevole poichè esclude dalla sua portata proprio i soggetti passivi che si trovano nella situazione più difficile da affrontare per aver, nel periodo immediatamente precedente alla novella, realizzato le condotte per le quali muta il regime di detrazione.

Il necessario raffronto, a tal fine, va operato anche tenendo conto del disposto di cui all’art. 192 dir. n. 2006/112/CE (“Qualora un soggetto passivo passi da un regime normale di imposizione ad un regime speciale o viceversa, gli Stati membri possono adottare le disposizioni necessarie per evitare che il soggetto passivo ne sia avvantaggiato o svantaggiato in modo ingiustificato”).

Tuttavia, mentre coloro che hanno acquistato i beni prima del 31 dicembre 2005 godrebbero dell’esonero dalla rettifica ex art. 19 bis.2 D.P.R. cit., conservando la detrazione per l’intero, non così varrebbe per coloro che li avessero acquistati nel 2006 (anteriormente al 4 luglio), con conseguente svantaggio (pure in termini di efficienza sul mercato) in assenza di una individuabile giustificazione.

6.11. Da ultimo, non può essere invocata, in senso contrario, la regolamentazione prevista per le imprese costruttrici di immobili non strumentali, per le quali il D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 9, stabilisce una distinta disciplina, necessariamente ancorata alla data di ultimazione del fabbricato o dell’intervento costruttivo (“per le imprese costruttrici degli stessi e per le imprese che vi hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui alla L. 5 agosto 1978, n. 457, art. 31, comma 1, lett. c), d) ed e), limitatamente ai fabbricati o porzioni di fabbricato per i quali il termine dei quattro anni dalla data di ultimazione della costruzione o dell’intervento scade entro la predetta data”).

Va anzi rilevato che proprio l’indicazione anche per questa ipotesi della data del 4 luglio 2006 come dato temporale di maturazione dei requisiti dimostra, ulteriormente, che pure per l’evenienza qui in giudizio assume rilievo esclusivamente il perfezionarsi dell’acquisto all’interno della medesima cadenza temporale.

6.12. Va dunque affermato il seguente principio:

“in tema di iva, la deroga alla rettifica della detrazione D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 19 bis.2 prevista dal D.L. n. 223 del 2006, art. 35, comma 9, per gli immobili diversi da quelli strumentali, che, per le loro caratteristiche, non sono suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni, si applica a favore delle imprese che svolgono, in via prevalente od esclusiva, attività di compravendita immobiliare, per gli acquisti effettuati anteriormente al 4 luglio 2006”

7. Il secondo motivo è parimenti fondato: la CTR non ha tenuto conto, nel ritenere indeterminata la domanda di rimborso per aver la società considerato la generalità delle operazioni passive effettuate, dei criteri e delle modalità di computo del pro-rata di cui al disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis.

8. Il terzo motivo resta assorbito.

9. In conclusione, accolti il primo e il secondo motivo, assorbito il terzo, la sentenza va cassata con rinvio, anche per le spese, alla CTR competente in diversa composizione, che si atterrà al principio sopra affermato.

Spetterà poi al giudice del rinvio verificare, oltre alle questioni già dedotte dall’Ufficio e non esaminate, la ricorrenza dei presupposti di fatto in relazione alla natura degli immobili – ossia che essi per le loro caratteristiche non erano suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni – oggetto della norma di favore.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla CTR della Lombardia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 27 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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