Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12501 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12501 Anno 2015
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: LAMORGESE ANTONIO PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 8382-2008 proposto da:
VERZILLI GIOVANNI (c.f. VRZGNN45D13E343K), VERZILLI
SIMONETTA (C.F. VRZSNT68R53D969T), elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA GRANITO DI BELMONTE 19,

Data pubblicazione: 17/06/2015

presso l’avvocato ALDO PIRAS, che li rappresenta e
difende, giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrenti –

2015

contro

777

BROCCHIERI

MARIA,

STOCCHI

DONATELLA,

STOCCHI

ARMANDO, nella qualità di eredi di STOCCHI GIUSEPPE,

1

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ANAPO 29,
presso l’avvocato MASSIMO GIZZI, che li rappresenta
e difende, giusta procura in calce al controricorso;

controricorrenti

avverso la sentenza n. 526/2007 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 30/04/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIO
PIETRO LAMORGESE;
udito, per i ricorrenti, l’Avvocato PIRAS ALDO, che
si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. SERGIO DEL CORE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

D’APPELLO di ROMA;

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Svolgimento del processo
Giuseppe Stocchi ha citato in giudizio Giovanni e Simonetta
Verzilli, chiedendo la risoluzione per inadempimento dei
convenuti di due contratti, stipulati in data 10.2.1992 e
26.3.1992, con cui il primo aveva ceduto il marchio

Salvaven, relativo a calze elastiche per uomo e donna, al
prezzo di £.155 milioni che doveva essere pagato in rate
mensili di £.3.900.000 ciascuna, a decorrere dal 1.1.1992,
con la clausola che il mancato pagamento di tre rate
avrebbe comportato la risoluzione del contratto, la quale
era, appunto, richiesta dall’attore, avendo i Verzilli
cessato di pagare le rate. I convenuti hanno chiesto, in
via riconvenzionale, la condanna dell’attore ad adempiere e
a pagare la penale giornaliera (di £.500.000) prevista in
caso di inadempimento all’obbligo di provvedere alle
formalità necessarie per perfezionare il passaggio in
proprietà del marchio e consentirne la registrazione a nome
dell’acquirente.
Il Tribunale di Roma, in accoglimento delle domande
dell’attore, ha dichiarato gli eredi Stocchi (Maria
Brocchieri, Donatella e Armando Stocchi) unici ed esclusivi
titolari del marchio, ha condannato i convenuti al
risarcimento del danno e ha rigettato le domande
riconvenzionali dei Verzilli, il cui gravame è stato
rigettato dalla Corte d’appello di Roma, con sentenza

l’
3

5.2.2007.

Per quanto ancora interessa,

la Corte ha

rigettato il motivo di gravame concernente il rigetto della
domanda riconvenzionale dei Verzilli di accertamento
dell’inadempimento di Stocchi all’obbligo di compiere gli
atti necessari per perfezionare il passaggio della

proprietà del marchio in favore di Simonetta Verzilli,
poiché i convenuti non avevano allegato elementi
sufficienti a far comprendere quali fossero gli atti di cui
si lamentava l’omissione da parte di Stocchi; quest’ultimo,
inoltre, si era astenuto da qualsiasi atto di sfruttamento
del marchio dopo la cessione e i cessionari, essendo in
possesso dell’atto notarile, di null’altro avevano bisogno
per ottenere la registrazione del marchio a nome di
Simonetta Verzilli.
Avverso questa sentenza i Verzilli ricorrono per cassazione
sulla base di tre motivi, cui si oppongono gli eredi
Stocchi.
Motivi della decisione
Nel primo motivo del ricorso è denunciata la violazione
degli artt. 2697 c.c., 113, 115 e 116 c.p.c., per avere i
giudici di merito fatto erronea applicazione del principio
secondo cui l’onere di provare l’adempimento è a carico
dell’obbligato al quale è imputato l’inadempimento e,
pertanto, poiché i Verzilli avevano dedotto l’inadempimento
di Stocchi all’obbligo di provvedere alle formalità

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necessarie per perfezionare il passaggio in proprietà del
marchio, erronea è la sentenza impugnata che aveva posto a
carico dei Verzilli un onere di allegazione
dell’inadempimento altrui che essi non erano tenuti ad
assolvere; inoltre, la Corte del merito aveva mal valutato

le prove documentali prodotte in giudizio da cui risultava
che, successivamente al secondo contratto, il marchio
risultava ancora intestato a Stocchi.
Nel secondo motivo è denunciata la violazione degli artt.
1362, 1363, 1366, 1367, 1369, 1370, 1371, 1374 e 1375 c.c.,
per avere i giudici di merito preteso che i ricorrenti
indicassero in cosa consistessero le attività che, nel
preliminare del 10.2.1992, Stocchi si era obbligato a
compiere, nell’interesse dell’acquirente, entro un mese
dalla registrazione dell’atto di cessione e con la
previsione di una penale, per realizzare il trasferimento
della proprietà del marchio in favore di Simonetta
Verzilli.
Nel terzo motivo è denunciato vizio di motivazione per non
avere i giudici di merito considerato che Stocchi aveva
garantito all’acquirente, con una specifica clausola
contrattuale, l’intestazione del marchio in suo favore e
che tale risultato non era stato raggiunto per
l’inadempimento di Stocchi, il quale non aveva offerto

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alcuna dimostrazione di avere assolto l’obbligo che si era
assunto.
I motivi in esame, da esaminare congiuntamente, sono
fondati nei termini di cui si dirà.
I Verzilli,

convenuti in giudizio da Stocchi per

l’accertamento del loro inadempimento all’obbligo di
pagamento del corrispettivo della cessione del marchio e
della conseguente responsabilità per la risoluzione del
contratto, hanno eccepito l’inadempimento del cedente
all’obbligo contrattuale di porre in essere le attività
necessarie per il perfezionamento del passaggio di
proprietà del marchio e ne hanno chiesto la condanna
all’adempimento.
La

sentenza

riconvenzionale

impugnata,
dei

nel

Verzilli,

rigettare
non

ha

la predetta
fatto

leva

esplicitamente sulla mancata prova del lamentato
inadempimento contrattuale – che, in effetti, non sarebbe
stata a loro carico, essendo a carico dell’obbligato la
prova dell’adempimento o della impossibilità di adempiere
(art. 1218 c.c.) – bensì sul difetto di specifica
allegazione dei comportamenti che avrebbero integrato tale
inadempimento.
Se si può convenire che è onere della parte che invoca la
risoluzione

allegare

con

sufficiente

specificità

l’inadempimento imputato alla controparte, tuttavia nella

6

specie

si

trattava

di

un

comportamento

omissivo

(riferendosi l’onere di allegazione a fatti integrativi di
un inadempimento) e non è agevole individuare il difetto di
allegazione di cui l’impugnata sentenza parla, dal momento
che una specifica clausola contrattuale, come quella

prevista dall’art. 3 del preliminare del 10.2.1992 e dal
successivo atto notarile del 26.3.1992 (entrambe trascritte
in ricorso), prevedeva uno specifico obbligo del cedente (e
non del cessionario) di “effettuare le opportune attività
di carattere amministrativo, fiscale e burocratiche,
dinanzi le sedi competenti per perfezionare il passaggio di
proprietà relativo al marchio compravenduto”, ovvero di
“compiere tutte gli atti necessari per la trascrizione del
presente atto sul Registro Nazionale dei Marchi di Impresa
presso l’Ufficio Centrale Brevetti di Roma”. Sulla base
delle suddette clausole, di cui non è stata dedotta né è
predicabile una nullità per indeterminatezza dell’oggetto,
il cedente si era assunto l’obbligo di garantire un preciso
risultato che era quello di realizzare la formale
intestazione del marchio in capo all’acquirente.
L’importanza attribuita dalle parti a tale risultato,
nell’economia del contratto, è dimostrata dalla previsione
di una clausola penale che obbligava Stocchi a
corrispondere £.500.000 per ogni giorno di ritardo
“nell’eventualità che_ non provveda alle incombenze di cui

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agli oneri da lui assunti ed indicati al precedente punto
3, entro e non oltre un mese dall’avvenuta registrazione
dell’atto pubblico” (art. 7 dell’atto 10.2.1992, anch’esso
riportato in ricorso).
Una interpretazione delle predette clausole nel senso che

il suddetto obbligo del cedente sia da intendere trasferito
in capo agli stessi cessionari risulta contrastante con la
volontà delle parti risultante dalle pattuizioni
contrattuali.
E’ noto il principio secondo cui il creditore che agisce
per la condanna all’adempimento del debitore obbligato è
tenuto soltanto a provare la fonte (negoziale o legale) del
suo diritto e il termine di scadenza e ad allegare la
circostanza dell’inadempimento altrui, mentre è il debitore
convenuto che ha l’onere di provare il fatto estintivo
dell’altrui pretesa che è costituito dall’avvenuto
adempimento; uguale criterio di riparto dell’onere della
prova è applicabile nel caso – che è quello in esame – in
cui il debitore convenuto per la risoluzione (o per
l’adempimento o il risarcimento) si avvalga dell’eccezione
di inadempimento ex art. 1460 c.c., risultando in tal caso
invertiti i ruoli delle parti, in quanto il debitore
eccipiente si limiterà ad allegare l’altrui inadempimento
ed il creditore agente dovrà dimostrare il proprio
adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza

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dell’obbligazione (v. Cass. n. 826/2015, n. 1743/2007, n.
13674/2006, sez. un. n. 13533/2001).
Porre a carico del debitore convenuto che eccepisca
l’altrui inadempimento – come ha fatto la sentenza
impugnata – un onere di allegazione di contenuto incerto ed

eccedente rispetto a quanto sia sufficiente per
individuare, tramite l’indicazione della fonte negoziale,
il contenuto dell’obbligo il cui inadempimento è imputato
all’altra parte, si traduce in falsa applicazione del
principio sopra ricordato.
La Corte d’appello avrebbe dovuto accertare se Stocchi, del
quale i Verzilli avevano dedotto l’inadempimento, avesse
dimostrato di avere adempiuto all’obbligo assunto di
realizzare il risultato della formale intestazione del
marchio in capo all’acquirente, ovvero se la suddetta
prestazione fosse divenuta impossibile per una causa a lui
non imputabile. Questa valutazione, spettante ai giudici di
merito, sarebbe stata necessaria al fine di verificare la
rilevanza causale dell’inadempimento dei Verzilli
all’obbligo di pagamento del corrispettivo e, quindi, di
accertare le effettive responsabilità della risoluzione del
contratto.
In conclusione, il ricorso è accolto e la sentenza
impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di
Roma, in diversa composizione, che dovrà riesaminare le

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domande delle parti nel merito e provvedere anche sulle
spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza

composizione, anche per le spese del giudizio di
cassazione.
Roma, 30.4.2015.

impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa

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