Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12500 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 12500 Anno 2015
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: NAPPI ANIELLO

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Coin Store s.r.l.„ domiciliata in Roma, via Tacito
41, presso l’avv. prof. Salvatore Patti, che la
rappresenta e difende unitamente all’avv. Fabio
Belloni, come da mandato in calce al ricorso
– ricorrente Contro
Gruppo Coin s.p.a., domiciliata in Roma, via
G.Pierluigi da Palestrina 19, presso l’avv. prof.
Marco Prosperetti, dal quale è rappresentata e difesa unitamente all’avv. prof. Aldo Frignani e

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Data pubblicazione: 17/06/2015

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all’avv. Enrico Bella, che la rappresentano e difendono come da mandato in calce al controricorso
– controricorrente avverso
la sentenza n. 55/2008 della Corte d’appello di

Sentita la relazione svolta dal Consigliere dott.
Aniello Nappi
uditi i difensori, avv. Patti per la ricorrente, e
avv. Virano delegato per la resistente
Udite le conclusioni del P.M., dr. Sergio Del Core,
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di
Trento ha confermato il rigetto della domanda proposta dalla Coin Store s.r.l. nei confronti della
Gruppo Coin s.p.a. per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni da concorrenza sleale.
Hanno ritenuto i giudici del merito che la società
attrice non ha fornito la prova di comportamenti
dannosi della società convenuta ulteriori rispetto
a quelli già posti a fondamento di una domanda proposta in sede arbitrale per la dedotta violazione
di un patto di esclusiva, risultando i fatti esposti strettamente connessi ai comportamenti contrari

Trento, depositata il 13 marzo 2008

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alla buona fede nell’adempimento di quel contratto,
come già riconosciuto dal lodo arbitrale. Sicché,
secondo i giudici del merito, la violazione del
patto di esclusiva assume nel caso in esame una rilevanza assorbente, in quanto carica di una poten-

derivanti da concorrenza sleale.
Contro la sentenza d’appello ha proposto ricorso
per cassazione la Coin Store s.r.1., sulla base di
tre motivi d’impugnazione, cui resiste con controricorso la Gruppo Coin s.p.a. Entrambe le parti
hanno depositato memorie.

Motivi della decisione
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce vizi di
motivazione della decisione impugnata nella parte
in cui afferma che il lodo arbitrale abbia liquidato interamente il danno complessivo lamentato.
Sostiene che i giudici del merito cadano in contraddizione quando affermano che, pur essendosi
pronunciati gli arbitri solo sulle violazioni contrattuali, abbiano in realtà liquidato l’intero
danno lamentato, incluso quello derivante dalla
concorrenza sleale. Come riconosce la stessa corte
d’appello, non avrebbe potuto avere alcuna rilevanza un’eventuale pronuncia degli arbitri in materia

zialità offensiva tale da includere anche i danni

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di responsabilità extracontrattuale. E dunque è del
tutto carente di motivazione il rigetto della domanda intesa a far valere la responsabilità extracontrattuale della Gruppo Coin s.p.a.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce vizi di

in cui riconosce una inesistente identità tra i
fatti dedotti dinanzi al collegio arbitrale, per
far valere la responsabilità contrattuale della
Gruppo Coin s.p.a., e i fatti dedotti in questo
giudizio per farne valere la responsabilità extracontrattuale da concorrenza sleale.
Ribadisce di aver sempre sostenuto che la Gruppo
Coin s.p.a. l’aveva esclusa dal mercato mediante
interventi sul prezzo di prodotti omogenei forniti
alla controllata Oviesse e il rifiuto di fornirle
prodotti di qualità diversificata. Sicché la violazione del patto di esclusiva era solo una componente di un comportamento illecito inteso a soffocare
la Coin Store s.r.1., imponendole da una parte
prezzi maggiori di quelli praticati a Oviesse e negandole dall’altra la fornitura di prodotti diversi
da quelli forniti a Oviesse.
Su tali deduzioni manca o è comunque insufficiente
la motivazione esibita dai giudici del merito.

motivazione della decisione impugnata nella parte

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Con il terzo motivo la ricorrente deduce violazione
e falsa applicazione degli art. 1218, 2043, 2598,
2599, 2600 c.c., censurando la decisione impugnata
per l’eventualità che abbia inteso affermare
l’incompatibilità tra azione di danno da violazione

renza sleale.
2. Il ricorso è infondato.
La corte d’appello non ha affatto negato il possibile concorso tra azione di danno da inadempimento
contrattuale e azione di danno da concorrenza sleale. Ma ha ritenuto che, «nel contesto della vicenda» in esame, la potenzialità offensiva della violazione del patto di esclusiva sia tale da includere anche i danni derivanti da concorrenza sleale.
Sicché il terzo motivo del ricorso è inammissibile,
in quanto non censura l’effettiva ratio decidendi
della decisione impugnata; mentre i rimanenti due
motivi denunciano insussistenti vizi della motivazione in fatto.
In realtà la corte d’appello, pur ritenendo possibile il concorso delle due azioni di danno, contrattuale ed extracontrattuale, ha ritenuto che la
condanna arbitrale al risarcimento dei danni da inadempimento abbia avuto un effetto ristoratore an-

del patto di esclusiva e azione di danno da concor-

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che dei danni ipotizzabili come possibile conseguenza della dedotta concorrenza sleale, perché la
società attrice non ha fornito la prova di ulteriori danni aggiuntivi rispetto a quelli riconosciuti
dal collegio arbitrale.

fatti lesivi, indicandoli:
a)nell’avere la Gruppo Coin s.p.a. praticato nei
suoi confronti prezzi maggiori di quelli praticati
alla Oviesse;
b) nell’avere la Gruppo Coin s.p.a. rifiutato la
fornitura di merce diversa da quella fornita alla
Oviesse, che le avrebbe consentito di reggere la
concorrenza.
Tuttavia, come risulta dallo stesso ricorso, la ricorrente riconosce che si tratta di due comportamenti leciti e ammessi dagli stessi rapporti contrattuali intercorsi tra le parti. Sostiene che illecita sarebbe stata la strumentalizzazione di tali
pur leciti comportamenti allo scopo di escluderla
dal mercato.
Sennonché i danni ipotizzabili quali conseguenza di
tali pur leciti comportamenti sono evidentemente
quelli già posti a fondamento del lodo arbitrale,
che, come risulta dallo stesso ricorso, li indicò

La ricorrente obietta di avere provato ulteriori

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quali conseguenza dell’inadempimento contrattuale
manifestatosi con la violazione del patto di esclusiva e con il rifiuto di fornire la merce ordinata
per la stagione autunno inverno 2001. La ricorrente
lamenta dunque il mancato riconoscimento di danni

tamenti, sono stati già liquidati dal collegio arbitrale.
Si deve pertanto concludere con il rigetto del ricorso e la condanna della ricorrente alle spese.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese in favore della resistente, liquidandole in complessivi e. 5.200, di
cui E. 5.000 per onorari, oltre spese generali e
accessori come per legge.
Roma, 30 aprile 2015
esi

Il consis.kiere relatore
Nappi)

che, in quanto conseguenti a entrambi tali compor-

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