Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12500 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 21790/2014 R.G. proposto da:

V.C., con l’avv. Ettore Valenti, nel domicilio eletto

presso il suo studio in Roma, via Duilio n. 13;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con

domicilio ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale per la

Campania n. 1425/46/14, pronunciata il 28 gennaio 2014 e depositata

il 11 febbraio 2014, non notificata;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 febbraio

2021 dal Cons. Marcello M. Fracanzani.

 

Fatto

RILEVATO

Con rogito n. 1698 del 26 ottobre 2006 a ministero notaio D.B., il contribuente cedeva un appezzamento di terreno per il quale era attinto da avviso di accertamento con ripresa a tassazione di maggior IRPEF per quell’anno di imposta, in ragione del carattere edificabile del compendio immobiliare. Esperito senza esito il tentativo di accertamento con adesione, adiva il giudice di prossimità lamentando viziato di falsa rappresentazione il provvedimento impositivo, per non aver considerato trattarsi di tre piccoli appezzamenti, pertinenziali ad edifici e privi, in sè, di capacità edificatoria. Allegava perizia tecnica a sostegno del carattere agricolo del compendio ed insisteva per l’annullamento di quanto notificatogli dall’Amministrazione tributaria.

Altresì, segnalava come per l’anno 2006 avesse subito altro accertamento, poi definito con procedura clemenziale (rottamazione cartelle), rappresentando l’ulteriore profilo di illegittimità di un doppio accertamento per il medesimo anno di imposta, in spregio al principio di onnicomprensività dell’accertamento, avendo egli regolarmente esposto i redditi maturati per quel periodo.

I gradi di merito erano sfavorevoli al contribuente che ricorre svolgendo due motivi, cui replica il patrono erariale con tempestivo controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Vengono proposti due motivi di ricorso.

1. Con il primo si formula censura ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 67, lett. b) ed e) nonchè dell’art. 68, n. 2 come modificato dal D.L. n. 138 del 2011, art. 2. Nella sostanza contesta la natura edificabile del terreno, perchè privo di capacità edificatoria nei fatti, trattandosi di tre “ritagli” interclusi ove il rispetto delle distanze tra gli edifici preesistenti non consente l’elevazione di qualsiasi manufatto e perchè privo di capacità edificatoria in diritto, in quanto vocato a terreno edificabile nello strumento di pianificazione generale, ma sottoposto a piano attuativo nel concreto non realizzabile per esiguità di superficie.

Il motivo è infondato.

In particolare l’Ufficio fonda le proprie ragioni sul dettato del D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, poi convertito in legge, secondo cui un’area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico anche solo adottato, indipendentemente dalla sua approvazione.

Il D.L. n. 223 del 2006, art. 36, comma 2, stabilisce che: “Ai fini dell’applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.

Due sono pertanto i principi fondamentali stabiliti dalla disposizione in commento: da un lato un terreno può essere già considerato suscettibile di utilizzazione edificatoria a fini fiscali quando lo strumento urbanistico è stato anche solo adottato, non essendo necessaria la sua approvazione; dall’altro un terreno può essere già considerato suscettibile di utilizzazione edificatoria a fini fiscali quando ancora non è stato approvato lo strumento urbanistico attuativo (piano particolareggiato, piano di lottizzazione o strumenti equivalenti) e anche se non sia possibile in concreto l’edificazione.

La disposizione in commento è stata pertanto interpretata dalle Sezioni Unite di questa Corte nel senso che è irrilevante, ai fini fiscali, che il suolo sia immediatamente ed incondizionatamente edificabile. Ciò che rileva è, infatti, l’inizio della procedura di trasformazione urbanistica di un suolo, implicando quest’ultima anche una “trasformazione economica” dell’area oggetto di accertamento e residuando la sola esigenza di tenere concretamente conto della determinazione della base imponibile (Cass., S.U. n. 25506/2006).

In altri termini, il discrimen per determinare l’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale è determinato dall’inizio – e non dalla conclusione – del procedimento di trasformazione urbanistica nello specifico periodo d’imposta, computato al 1 gennaio di ogni anno, rimanendo impregiudicata la sola necessità di valutare la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie dell’area (v. Cass., V, n. 12384/2016; n. 13263/2017).

Orbene, nel caso di specie è incontestata la circostanza che la compravendita si sia perfezionata nell’ottobre dell’anno 2006, quando la novella (avendo peraltro valore di interpretazione autentica retroattiva) era già in vigore, costituendo – a fini fiscali – come edificabili tutti i terreni ivi qualificati in uno strumento generale anche solo adottato, irrilevante rimanendo ogni prova contraria nel concreto, essendo tassata la potenzialità edificatoria, non l’edificabilità in concreto.

2. Con il secondo motivo si prospetta ancora doglianza ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 38, 39, 41 bis e 43 nonchè del D.Lgs. n. 218 del 1997, art. 6, comma 2, artt. 7 e 8. In concreto, il contribuente lamenta di essere stato oggetto di doppio accertamento nel medesimo anno di imposta, nonchè per aver subito il secondo atto impositivo nell’ottobre del 2011, quando erano già decorsi quattro anni dal 2007, infine per aver comunque definito ogni pendenza fiscale relativa all’anno 2006 con procedura agevolata.

Il motivo, nei suoi diversi profili, è infondato.

2.1 La procedura di definizione agevolata delle pendenze ha carattere circoscritto alla singola lite e non si estende ad altre contestazioni, anche se del medesimo anno di imposta. Altresì, l’aver presentato la dichiarazione dei redditi, ma senza aver compilato il rigo attinente alla plusvalenza de qua equivale a mancata esposizione, donde è legittima sia la proroga di un anno dell’usuale termine di accertamento che rende tempestivo e rituale il provvedimento impositivo avversato, sia una seconda ripresa a tassazione per il medesimo anno già accertato, ove si controverta di redditi non esposti.

In definitiva il ricorso è infondato e dev’essere rigettato.

Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio a favore dell’Agenzia delle entrate che liquida in Euro cinquemilaseicento/00, oltre a spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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