Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12496 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. VI, 08/06/2011, (ud. 28/04/2011, dep. 08/06/2011), n.12496

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. FORTE Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso iscritto al n. 5016 del Ruolo Generale degli affari

civili dell’anno 2010:

T.M.S. e T.N., elettivamente domiciliate in

Roma, alla Via R. Cadorna n. 29, presso l’avv. Lamarra Simone, con

gli avv.ti Torchia Antonio e Arno Vincenzo, che, anche

disgiuntamente, le rappresentano e difendono per procura a margine

del ricorso.

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI CATANZARO, in persona del sindaco in carica, autorizzato a

stare in giudizio con Delib. G.M. 24 febbraio 2010, n. 108 ed

elettivamente domiciliato in Roma alla Via Ovidio n. 10, presso la

dr. Anna Bei – Studio Rosati, unitamente all’avv. Gualtieri Alfredo,

che rappresenta e difende l’ente locale, per procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Catanzaro, prima sezione

civile, n. 558/09 del 2-9 luglio 2009;

Lette le memorie integrative depositate da entrambe le parti, con cui

le ricorrenti insistono per la qualifica di “edificabile” delle aree

in Zona F2 destinate a servizi e il controricorrente eccepisce invece

la inammissibilità dell’impugnazione, che dalla relazione viene

ritenuta solo manifestamente infondata.

Fatto

PREMESSO IN FATTO

1. E’ stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.: “Con citazione notificata il 9 gennaio 2004, le germane T. di cui in epigrafe, comproprietarie di un terreno in Catanzaro Lido di mq. 15980, si opponevano alla liquidazione dell’indennità provvisoria di espropriazione di un terreno sul quale, con Delib. G.M. 4 agosto 2003, n. 391 era stato approvato il progetto di un parcheggio e, dopo la determinazione dell’indennità provvisoria in data 17 ottobre 2003, era stato disposto l’esproprio il 5 dicembre 2003, chiedendo la determinazione dell’indennità sulla base del valore venale delle aree espropriate, da loro ritenute urbanisticamente edificabili e che l’espropriante Comune di Catanzaro qualificava invece non fabbricabili e agricole.

Con sentenza non definitiva del 2-9 luglio 2009, la Corte d’appello di Catanzaro ha accertato e dichiarato la natura agricola dei terreni espropriati, destinati dal P.R.G. e dalle relative Norme tecniche di attuazione a servizi pubblici, cioè a parcheggio e soggetti a vincolo paesaggistico per la sua vicinanza al mare, rinviando la causa per l’ulteriore istruzione e per la successiva liquidazione del dovuto in rapporto ai valori tabellari in concreto applicabili.

La sentenza, in ordine alla natura e alle caratteristiche del terreno espropriato, in contrasto con le conclusioni del c.t.u., che aveva accertato la maggiore estensione dell’area occupata rispetto a quella indicata nel decreto di esproprio (mq. 16.430 invece che mq. 15.980), ha ritenuto il terreno ablato soggetto interamente al vincolo paesaggistico, per essere sito entro i 300 metri dalla battigia (D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 460, art. 146, comma 1, lett. a) e, a prescindere dalla mancanza di un piano che lo regolasse, per cui il c.t.u. ne aveva escluso per tale profilo la inedificabilità, ha rilevato, che nel P.R.G. vigente alla data dell’espropriazione, l’area era parte in “zona destinata a parcheggi”, parte in “zona per la realizzazione di edifici pubblici” e, nel resto, in “zona di spiaggia tipologia edilizia n. 22” e “nuove strade previste dal P.R.G.”. Il terreno era quindi classificabile come sito in zona F.2, in cui sono aree destinate a standard urbanistici (D.L. n. 1444 del 1968) e a spazi pubblici attrezzati, sulla base del Piano di Fabbricazione approvato con D.P.G.R. del 1991, trasformato da delibera dei commissari ad acta, resa esecutiva da decreto di approvazione del Presidente della Giunta regionale in Zona omogenea F2, con la conseguenza che la Corte d’appello ha ritenuto esistere solo una limitata edificabilità a prevalente iniziativa pubblica, incompatibile con la fabbricabilità privata per lo scopo comunque pubblico di ogni iniziativa edilizia, emergente dalla necessità della previa convenzione con l’ente locale, stante la inefficacia del vincolo connesso alla vicinanza del mare ai fini dell’edificabilità, potendosi anche con esso ottenere l’autorizzazione a costruire, e dovendosi escludere la natura edificabile delle aree, solo in base alla destinazione urbanistica delle stesse.

La richiamata sentenza non definitiva è stata impugnata da M. S. e T.N., che hanno proposto i seguenti motivi di ricorso: a) violazione e falsa applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, comma 3, e della L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, in riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il P.R.G. adottato nel 2001, a mezzo delle Norme tecniche di attuazione prevede la edificabilità, dal privato proprietario, di tali aree, se vi sia una previa convenzione con l’ente locale e si riconosca, per la zona parcheggi cui appartiene l’area ablata, una edificabilità del 10% delle superfici, con indice di fabbricabilità, per i parcheggi multipiano, di 3 mc/mq e di 0,10 mc/a mq. per le costruzioni accessorie, e conseguente valore di mercato molto maggiore di quello agricolo, essendo fabbricabile il terreno anche per finalità non esclusivamente pubbliche; b) violazioni delle norme indicate nel capo che precede, per essersi ritenuto che l’area destinata a parcheggio non fosse edificabile a cura dei privati, il cui intervento è invece espressamente previsto dalle N.T.A. del P.R.G., essendo quindi insufficienti le cautele eventuali imposte dall’ente locale per tali costruzioni per escludere la loro concreta edificabilità, c) violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 490 del 1999, art. 146, comma 2, lett. b, essendo sufficiente il richiamo al nulla osta delle autorità competenti che deve fornirsi da queste, prima di ogni costruzione nell’area vincolata perchè vicina al mare, per consentirne l’edificazione, con la conseguenza che il terreno è quindi da qualificare edificabile, anche se ogni costruzione deve essere autorizzata.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Per la qualificazione dell’edificabilità non deve farsi riferimento ratione temporis non alla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis, essendo la vicenda ablativa iniziata dopo il 30 giugno 2003, successivamente all’entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001; invero la pronuncia della Corte Costituzionale n. 347 del 2007 limita la dichiarazione di illegittimità, ai primi due commi della norma citata del 1992, lasciando vigente la necessità che la edificabilità sia accertata in base alle “possibilità legali ed effettive di edificazione” di cui al terzo comma di essa, rimanendo fermo il peculiare rilievo della vocazione edificatoria legale e di fatto cui fa riferimento la Corte di appello, dovendosi escludere che la edificabilità in fatto possa assumere rilievo alcuno, essendo incontestato che vi erano vincoli conformativi previsti nel P.R.G. che destinavano le aree cedute a parcheggio pubblico e a fini sociali.

La destinazione a servizi pubblici e a parcheggio, anche con impianti coperti, richiamati dalle norme di attuazione del P.R.G. che prevedono l’uso di tali aree non solo con interventi diretti della P.A. ma anche su iniziativa dei privati, anche se esse devono destinarsi comunque a servizi pubblici, comporta l’inedificabilità legale delle aree oggetto di espropriazione; indipendentemente dalla circostanza di fatto della eventuale utilizzabilità anche privata di tali aree per fini comunque pubblici, la più recente giurisprudenza della Corte suprema esclude in ogni caso la qualifica di edificabile legalmente delle aree funzionali alla realizzazione di tali scopi solo pubblicistici, quali sono quelli previsti negli strumenti urbanistici citati (così Cass. 13 gennaio 2010 n. 404, 6 agosto 2009 n. 17995, e 20 novembre 2006 n. 24585, tra altre); pertanto il capo a del ricorso è manifestamente infondato.

E’ palesemente infondato anche il capo b dell’impugnazione, che riporta le norme tecniche di attuazione dei piani urbanistici che consentono ai privati l’edificazione, previa convenzione con il comune, denunciando la scorrettezza della sentenza impugnata per tale profilo e la sua inadeguata motivazione, per avere escluso la destinazione edificabile urbanistica delle aree solo perchè questa si realizza per finalità pubbliche, affermando che la destinazione incompatibile con l’edilizia privata, comporta in ogni caso la edificabilità delle aree.

Non ogni manipolazione dei terreni, in mancanza di una espressa previsione di realizzabilità delle strutture a fini pubblici in concessione che nel caso concreto non sussiste, è compatibile con una qualifica “edificabile” delle aree esattamente negata dalla Corte d’appello, con conseguente infondatezza anche del secondo motivo di ricorso.

In ordine al terzo motivo di ricorso, lo stesso resta assorbito dal rilievo che la destinazione urbanistica è sufficiente a far ritenere non edificabile l’area, indipendentemente dal vincolo paesaggistico per la fascia di 300 metri lungo la battigia. Anche a non ritenere sussistente per il vincolo, in assenza di piano attuativo, un divieto assoluto di edificabilità analogo a quello previsto dalla legislazione regionale siciliana (Cass. 20 ottobre 2004 n. 20501), è comunque sufficiente la classificazione urbanistica in Zona F2 a rendere legalmente inedificabile l’area oggetto di causa.

In conclusione, opina il relatore, che il ricorso è manifestamente infondato in tutti i suoi tre motivi e chiede che il presidente della sezione voglia fissare l’adunanza in camera di consiglio per la decisione, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., nn. 1 e 5.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il collegio, esaminati la relazione e gli scritti difensivi in atti, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione da essa proposta.

La memoria delle ricorrenti non supera i principi enunciati in più sentenze di questa Corte in ordine alla Zona F2 che crea un vincolo conformativo di inedificabilità; il controricorrente insiste per la inammissibilità da dichiarare a suo avviso ai sensi dell’art. 369 bis c.p.c., n. 1, che peraltro è la norma per la quale si ritiene manifestamente infondato e da rigettare l’impugnazione delle T..

2. Il ricorso quindi deve essere rigettato e le spese del giudizio di cassazione devono porsi a carico delle ricorrenti nella misura di cui al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti a pagare al controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 3.200,00 (tremiladuecento/00), di cui Euro 200,00 (duecento/00) per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione sesta Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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