Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12494 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/06/2020, (ud. 14/01/2020, dep. 24/06/2020), n.12494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. TORRICE Amelia – rel. Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19763-2014 proposto da:

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– ricorrente –

contro

A.S., + ALTRI OMESSI, tutti elettivamente domiciliati in

ROMA, VIALE TRASTEVERE 244, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO

FASSARI, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 10804/2013 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/03/2014 R.G.N. 9359/2011.

Fatto

RILEVATO

1. con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Roma, dichiarata l’interruzione del processo quanto a G.A., ha confermato, quanto agli altri originari ricorrenti, dipendenti del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca in quadrati nell’area C, posizione economica C2, la sentenza di primo grado che aveva dichiarato il loro diritto all’equiparazione stipendiale del personale appartenente alla medesima area C proveniente dalla carriera di direttore di divisione ad esaurimento ed aveva condannato il Ministero al pagamento delle maturate differenze retributive;

2. avverso tale sentenza il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi, al quale i lavoratori hanno resistito con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

3. il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 748 del 1972, artt. 60 e 61, della L. n. 312 del 1980, art. 155, del D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4, del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 69, comma 3 (primo motivo), del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 (primo e secondo motivo), dell’art. 28 del CCNL del Comparto Ministeri 1998-2001, confermato dal CCNL 2002-2005 e 2006-2009 (terzo motivo);

4. richiamati (primo motivo) il D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, artt. 60 e 61 che aveva previsto la conservazione ad esaurimento delle qualifiche di ispettore generale e di direttore di divisione, o equiparate, e la disciplina transitoria contenuta nel D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 25, comma 4 che aveva soppresso i ruoli ad esaurimento con conservazione delle ad personam delle qualifiche, e descritte le funzioni attribuite a tale personale (funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonchè compiti di studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente) evidenzia che la contrattazione collettiva di comparto del quadriennio 1998-2001, nel rispetto delle prerogative attribuite dalla legge, non aveva introdotto alcuna parificazione tra il personale delle ex VII, VIII, e IX qualifica funzionale e il personale del soppresso ruolo ad esaurimento e sostiene che l’interpretazione sistematica delle disposizioni di legge e della contrattazione collettiva impedisce l’estensione del trattamento stipendiale spettante alle “qualifiche sopravvissute ad personam”(primo e secondo motivo); asserisce (secondo motivo) che il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45 non vieta in assoluto ogni trattamento differenziato e non costituisce parametro per giudicare eventuali differenziazioni operate in sede di negoziazione collettiva; addebita (terzo motivo) alla Corte territoriale di avere disatteso, nell’estendere ai controricorrenti il trattamento economico previsto in favore delle ex categorie ad esaurimento, la disposizione contenuta nell’art. 28 del CCNL di comparto 1998-2001 (confermata nella contrattazione degli anni 2002-2005 e 2006-2009);

5. in via preliminare deve essere accolta, seppur per ragioni diverse da quelle esposte nel controricorso, l’eccezione di inammissibilità del ricorso quanto alla originaria ricorrente G.A.;

6. il Ministero non aveva e non ha alcun interesse ad impugnare la sentenza nei confronti di quest’ultima, in quanto la Corte territoriale, dichiarata l’interruzione del processo quanto alla G., non ha adottato nessuna statuizione in favore della medesima e pregiudizievole degli interessi del Ministero, come emerge anche dalla epigrafe della sentenza oggi impugnata;

7. quanto agli altri controricorrenti, eccezion fatta per I.G., erede di G.A., va osservato che le questioni oggetto del presente ricorso hanno già costituito oggetto di esame da parte di questa Corte che, con numerose sentenze (31274/2019, 28599/2018, 27399/2018, 32157/2018, 29178/2018, 21442/2018, 4434/2018, 19275/2017, 19041/2017, 18300/2017, 17920/2017, 8714/2017, 7350/2017, 24979/2016, 18714/2016, 18578/2016, 13051/2016, 25396/2015, 18096/2015, 3682/2014, 9313/2011, 11982/2010), ha affermato che il trattamento economico differenziato, in favore del personale dei ruoli ad esaurimento – previsti dal D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, artt. 60 e 61 – di ispettore generale e direttore di divisione, rispetto al personale ugualmente inquadrato in area C, previsto dalla tabella B allegata al c.c.n.l. per il comparto Ministeri del 19 febbraio 1999, trova giustificazione nel disposto di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 25, comma 4, che ha conservato, per i ruoli ad esaurimento, le qualifiche “ad personam” ed ha permesso, nonostante la sostanziale equiparazione delle mansioni, una differenziazione stipendiale atteso il carattere necessariamente temporaneo e il diverso percorso professionale dei due gruppi di dipendenti;

8. nelle sentenze innanzi richiamate è stato affermato, in particolare, che il principio di parità di trattamento nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico, sancito dal cit. art. 45, vieta trattamenti individuali migliorativi o peggiorativi rispetto a quelli previsti dal contratto collettivo, ma non costituisce parametro per giudicare delle eventuali differenziazioni operate in quella sede e che non sarebbe ipotizzabile nel caso di specie un contrasto della pattuizione collettiva con il principio di non discriminazione, inidoneo a vietare ogni trattamento differenziato nei confronti delle singole categorie di lavoratori, rilevando sotto tale profilo solo le specifiche previsioni normative contenute nell’ordinamento (Cass. 10105/2013);

9. è stato anche osservato che il principio di parità nasce storicamente non solo e non tanto dall’esigenza di recuperare uguaglianza o, meglio, esatta giustizia distributiva, quanto dalla necessità di regolare l’uso d’un potere privato all’interno d’una comunità organizzata; questo bisogno si manifesta – cioè – per colmare il vuoto di “contraddittorio” ove manchi istituzionalmente la possibilità che il soggetto in posizione subalterna faccia valere le proprie ragioni contro le scelte discrezionali del soggetto in posizione preminente; ciò non si verifica rispetto alla contrattazione collettiva, in cui le parti operano su un piano tendenzialmente paritario e sufficientemente istituzionalizzato ed è stato escluso che sia ravvisabile nella complessiva disciplina, legale e convenzionale, che viene in esame la violazione di disposizioni comunitarie e, segnatamente, della direttiva comunitaria 2000/78 CE, nonchè dei principi di cui alla sentenza 577/08;

10. il Collegio ritiene di dare continuità ai principi affermati nelle sentenze sopra richiamate condividendone le ragioni esposte, da intendersi qui richiamate ex art. 118 disp. att. c.p.c., atteso che il controricorso non apporta argomenti decisivi che impongano la rimeditazione dell’orientamento giurisprudenziale innanzi richiamato;

11. la Corte territoriale ha disatteso i principi innanzi richiamati in quanto ha ritenuto che la differenziazione del trattamento economico tra dipendenti chiamati a svolgere le medesime mansioni non fosse stato ancorato dalla contrattazione collettiva alla anzianità di servizio e, dunque, ad alcun parametro di differenziazione oggettivo;

12. sulla scorta delle considerazioni svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile quanto a G.A. e accolto quanto ai controricorrenti indicati in epigrafe, ad eccezione di I.G. (erede di G.A.) con conseguente cassazione della sentenza stessa;

13. non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la controversia, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2, può essere decisa nel merito, con l’integrale rigetto della domanda proposta con il ricorso introduttivo del giudizio dagli odierni controricorrenti ad eccezione di G.A.;

14. avuto riguardo all’epoca di consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale di legittimità e al tempo in cui sono stati definiti i giudizi di merito, le spese di tali giudizi vanno compensate tra il Ministero ed i controricorrenti eccezion fatta per I.G. (erede di G.A.) in relazione alla quale non è stata adottata alcuna statuizione da parte della Corte territoriale;

15. per le medesime ragioni le spese del giudizio di legittimità, nella misura liquidata in dispositivo, seguono la soccombenza del Ministero quanto al ricorso proposto nei confronti di G.A. e la soccombenza degli altri controricorrenti, eccezion fatta per I.G., erede di G.A..

P.Q.M.

La Corte:

Dichiara l’inammissibilità del ricorso quanto a G.A..

Accoglie nel resto il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta le domande proposte dagli altri originari ricorrenti.

Compensa le spese dei giudizi di merito tra il Ministero ed i controricorrenti eccezion fatta per I.G. (erede di G.A.).

Condanna il Ministero al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali forfetarie oltre IVA e CPA, in favore di I.G. erede di G.A..

Condanna i controricorrenti, ad eccezione di I.G. erede di G.A., al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.000,00, oltre spese prenotate a debito, in favore del Ministero.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 14 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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