Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12494 del 18/05/2017


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Cassazione civile, sez. III, 18/05/2017, (ud. 26/04/2017, dep.18/05/2017),  n. 12494

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 24931 del ruolo generale dell’anno

2015, proposto da:

COMUNE DI CANTALUPO NEL SANNIO (P.I.: (OMISSIS)), in persona del

Sindaco, legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso,

giusta procura a margine del ricorso, dall’avvocato Raffaè Mauro

(C.F.: (OMISSIS));

– ricorrente –

nei confronti di:

M.A. (C.F.: (OMISSIS)) MA.An. (C.F.: (OMISSIS))

rappresentati e difesi, giusta procura allegata al controricorso,

dall’avvocato Adolfo Zini (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrenti –

per la cassazione bella sentenza della Corte di Appello di Campobasso

n. 290/2014, depositata in data 3 ottobre 2014;

udita la relazione sulla causa svolta alla camera di consiglio del 26

aprile 2017 dal Consigliere TATANGELO Augusto.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.A. e Ma.An. hanno agito in giudizio nei confronti del Comune di Cantalupo nel Sannio (IS) per ottenere il risarcimento del danno che assumono di aver subito a causa dell’omesso inserimento di due immobili di loro proprietà nella sesta (anzichè nella settima) categoria di priorità degli interventi destinati a beneficiare dei contributi pubblici per le ristrutturazioni edilizie conseguenti ai movimenti tellurici del maggio 1984.

La domanda è stata rigettata dal Tribunale di Isernia.

La Corte di Appello di Campobasso, in riforma della decisione di primo grado, la ha invece accolta, condannando il comune a pagare agli attori l’importo di Euro 64.466,87, oltre accessori, a titolo risarcitorio.

Ricorre il Comune di Cantalupo nel Sannio, sulla base di quattro motivi.

Resistono con controricorso il M. e la Ma..

Il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in applicazione dell’art. 375 c.p.c., e art. 380 – bis c.p.c., comma 1.

I controricorrenti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., comma 1.

Il collegio ha disposto che sia redatta motivazione in forma semplificata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 363 del 1984, art. 2, comma 11, convertito in L. 26 maggio 1984, e del OM n. 319/FPC/ZA del 1984, art. 7 bis, (art. 360 c.p.c., n. 3)”.

Con il secondo motivo del ricorso si denunzia “Nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, motivazione apparente, contrastante – violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, ed art. 111 Cost., comma 6 (art. 360 c.p.c., n. 4)”.

Con il terzo motivo del ricorso si denunzia “Nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, motivazione apodittica, perplessa ed obbiettivamente incomprensibile – violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 ed art. 111 Cost., comma 6, (art. 360 c.p.c., n. 4)”.

Con il quarto motivo del ricorso (erroneamente rubricato nuovamente con il n. 3) si denunzia “Nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione, motivazione apodittica, perplessa ed obbiettivamente incomprensibile – violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 ed art. 111 Cost., comma 6, (art. 360 c.p.c., n. 4) – in relazione all’artt. 2043 e 1218 c.c.”.

I motivi del ricorso sono connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono fondati, per quanto di ragione.

2. Per quanto riguarda la sussistenza dei presupposti Per l’inserimento dell’intervento di ristrutturazione dell’unità abitativa degli attori nella sesta (invece che nella settima) categoria di priorità,ai fini del conseguimento del contributo Pubblico (questione oggetto, in particolare, dei primi due motivi del ricorso), la corte di appello ha ritenuto, in fatto, che:

a) l’intervento sull’immobile degli attori (e cioè l’unità immobiliare censita in catasto al fol. (OMISSIS), p.lla (OMISSIS)) avrebbe dovuto costituire un autonomo Progetto Edilizio Unitario (P.E.U.) e non essere inserito nel P.E.U. 185 (comprendente sette unità abitative), e in particolare nel sottoprogetto “A” dello stesso (comprendente tre di tali sette unità), in quanto il relativo fabbricato era distante circa 8 metri da quelli vicini; ha richiamato a sostegno di tale conclusione le affermazioni contenute nella relazione del consulente tecnico di ufficio;

b) l’unità immobiliare in questione era di proprietà degli attori ed era abitata dagli stessi, come emergeva dal certificato storico di residenza prodotto in atti, onde non era necessaria in proposito alcuna autocertificazione, in quanto il comune doveva essere ben consapevole del suo stato di fatto e di diritto.

In base a tali premesse ha poi affermato, in diritto, che l’immobile di proprietà degli attori era da ritenersi totalmente utilizzato a fini residenziali, onde l’intervento su di esso andava inserito nella sesta categoria di priorità (riservata “alle unità abitative comprese in edifici totalmente utilizzati come residenza ordinaria dai proprietari o da inquilini che non siano stati oggetto di provvedimento di sgombero”) e non nella settima (riservata “alle unità abitative comprese in edifici parzialmente utilizzati come residenza ordinaria dai proprietari o da inquilini che non siano stati oggetto di provvedimento di sgombero”), ai sensi della normativa regolamentare in materia (Ordinanze Ministeriali n. 230/FPC/ZA del 5 giugno 1984 e n. 310/FPC/ZA del 3 agosto 1984).

2.1 La corte di appello ha in sostanza effettuato il riscontro del requisito della utilizzazione a fini residenziali degli edifici interessati dall’intervento di ristrutturazione prendendo in considerazione la singola unità abitativa degli attori, e non l’intero P.E.U. predisposto dal comune, ovvero il relativo sot-toprogetto in cui era compresa detta unità.

Nella specie, peraltro, come è pacifico tra le parti, si trattava di uno degli interventi previsti dal D.L. 26 maggio 1984, n. 159, art. 2, comma 11, convertito in L. 24 luglio 1984, n. 363, e cioè di un progetto edilizio che il comune aveva ritenuto necessario redigere ed eseguire “in modo unitario per due o più unità immobiliari” (nella specie: sette diverse unità abitative), non di un intervento privato sulla singola unità abitativa.

Il P.E.U., a sua volta, risultava articolato in due distinti sottoprogetti (di cui il primo, indicato con la lettera “A”, comprendente tre unità abitative, tra cui quella degli attori, ed il secondo, indicato con la lettera “B”, comprendente le altre quattro unità), come prescritto dalla Circolare n. 40422 OO.PP. del 20 ottobre 1984 del Dipartimento della Protezione Civile Servizio Opere Pubbliche (circolare prodotta dal comune in sede di merito e richiamata e trascritta nel ricorso), la quale aveva chiarito che “i progetti unitari di cui al D.L. 26 maggio 1984, n. 159, art. 2, comma 11, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 1984, n. 363, devono essere articolati in uno o più sottoprogetti”, che “il sottoprogetto riguarda il singolo edificio – inteso come l’insieme di unità abitative caratterizzato da continuità ed omogeneità delle strutture, che abbia nel contempo interazione trascurabile con le altre unità immobiliari facenti parte dello stesso progetto unitario” e che “la priorità di cui all’art. 2 dell’Ord. 230 va riferita al singolo sotto progetto e, quindi, al singolo edificio” e “le priorità di cui all’art. 2 dell’Ord. 310 vanno riferite ai singoli sotto progetti”.

2.2 Orbene, tanto chiarito, la motivazione della pronuncia impugnata risulta in primo luogo insanabilmente contraddittoria sul piano logico, nella parte in cui richiama la relazione del consulente tecnico di ufficio a sostegno della decisione assunta, travisandone completamente il significato.

In detta relazione, infatti, il consulente ha in realtà affermato che era il sottoprogetto “A” del P.E.U. 185 (comprendente tre distinte unità abitative, tra cui quella degli attori) a dover costituire un autonomo progetto unitario, per poi prendere correttamente – in considerazione, per il riscontro del requisito dell’utilizzazione a fini residenziali, l’intero sottoprogetto (cioè l’intero edificio) e non solo l’unità abitativa degli attori.

La corte di appello, pur richiamando in proposito la relazione di consulenza, ha al contrario effettuato il riscontro del requisito dell’utilizzazione a fini residenziali con riguardo alla sola unità abitativa degli attori e non con riguardo all’intero sotto-progetto, diversamente da quanto ritenuto dal consulente stesso, senza indicare di volersi discostare dalle indicazioni da questo fornite e senza, tanto meno, indicare gli eventuali motivi di una tale diversa soluzione: ciò determina sul punto una insanabile contraddittorietà logica della motivazione.

Non ha invece alcun effettivo e concreto rilievo, in proposito, la questione della necessità di un P.E.U. autonomo per l’edificio di cui al sottoprogetto “A”, dal momento che la priorità degli interventi va comunque – come già visto – riferita al sottoprogetto.

2.3 La decisione della corte di merito, inoltre, non risulta conforme alle previsioni normative regolamentari già richiamate, che regolano l’inserimento dei P.E.U. nelle varie categorie di priorità degli interventi.

Dal momento che, come in precedenza chiarito, i P.E.U. non possono che riferirsi ad interventi su una pluralità di unità abitative, e le priorità vanno stabilite con riguardo ad essi, o ai vari sottoprogetti in cui siano articolati, non vi è dubbio che il requisito dell’utilizzazione degli edifici interessati a fini residenziali avrebbe dovuto essere accertato con riguardo all’intero sottoprogetto “A” e non con riguardo alla singola unità abitativa di ciascun proprietario.

2.4 La sentenza impugnata va dunque cassata, affinchè in sede di rinvio si possa nuovamente valutare, sulla base dei principi fin qui esposti, la effettiva sussistenza dei presupposti per l’inserimento del progetto unitario comprendente l’unità abitativa degli attori, ovvero del relativo sottoprogetto, nella sesta categoria di priorità anzichè nella settima.

In virtù delle considerazioni che precedono restano altresì assorbite le ulteriori questioni poste nel ricorso, riguardanti le modalità di accertamento del requisito della “totale utilizzazione a fini di residenza ordinaria” degli edifici interessati dall’intervento (sia per quanto attiene alla percentuale dell’edificio da considerare, sia per quanto attiene alla necessità di produzione di una autocertificazione in proposito da parte dei proprietari), che dovranno essere anch’esse rivalutate, laddove necessario.

3. Anche in relazione alla concreta determinazione del danno (questione oggetto, in particolare, del terzo e del quarto motivo) il ricorso è fondato.

E’ infatti pacifico che il finanziamento del contributo pubblico non fosse sufficiente a realizzare tutti gli interventi progettati dal comune, e che venne eseguito un sorteggio onde stabilire le priorità, anche nell’ambito delle varie categorie.

Dunque, l’inserimento nella sesta categoria del progetto (o sottoprogetto) relativo all’edificio in cui si trovava la loro unità abitativa non avrebbe garantito agli attori il beneficio concreto del contributo, ma solo la possibilità di partecipare al relativo sorteggio.

Sul punto, la pronuncia impugnata risulta del resto del tutto priva di effettiva motivazione, in quanto si limita a fare un generico richiamo alla relazione di consulenza, nella quale però non è sviluppata alcuna argomentazione in ordine al rapporto causale tra illecito e danno, essendosi a sua volta il consulente limitato ad indicare e rivalutare l’importo del contributo massimo in astratto conseguibile per l’intervento.

Ma nella specie certamente non può ammettersi una liquidazione del danno mediante il riconoscimento di un importo equivalente al massimo contributo in teoria percepibile, difettando del tutto una relazione causale diretta tra la condotta (eventualmente illecita) del comune e il mancato ottenimento del suddetto contributo.

In sede di rinvio, dunque, laddove fosse ritenuto sussistente il diritto degli attori a vedere inserito l’intervento sul proprio immobile nella sesta categoria di priorità, e la conseguente responsabilità del comune, la liquidazione del relativo danno andrebbe comunque operata nuovamente, prendendo in considerazione il pregiudizio concretamente ed effettivamente subito dagli stessi attori, che – in mancanza di prova che siano stati finanziati tutti gli interventi compresi nella sesta categoria – non potrebbe che essere rappresentato dalla perdita della possibilità di partecipare al sorteggio, da valutare in base ai criteri che regolano l’ipotesi del cd. danno da perdita di chance, e da determinare eventualmente in via equitativa.

3. Il ricorso è accolto.

La sentenza impugnata è cassata in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte:

– accoglie il ricorso e cassa in relazione, con rinvio alla Corte di Appello di Campobasso, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2017

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA