Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12493 del 17/06/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 12493 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: AMOROSO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 15443-2009 proposto da:
LAMPIS GIANLUCA C.F. LMPGLC75R08B354Y, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo
studio dell’avvocato SERGIO NATALE EDOARDO GALLEANO,
che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
DANIELE BIAGINI, giusta delega in atti;
– ricorrente-

2015
1074

contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo

Data pubblicazione: 17/06/2015

v

studio

dell’avvocato

FIORILLO

LUIGI,

che

la

rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 191/2008 della CORTE D’APPELLO
di CAGLIARI, depositata il 19/06/2008 r.g.n.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 05/03/2015 dal Consigliere Dott. GIOVANNI
AMOROSO;
udito l’Avvocato GALLEANO SERGIO;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega verbale
FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

210//2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con ricorso 12 febbraio 2005 al giudice unico del tribunale di Cagliari, in
funzione di giudice del lavoro, Gianluca Lampis, premesso di essere stato assunto
alle dipendenze della Poste Italiane S.p.A., con due distinti contratti di lavoro a
tempo determinato siglati il 27 ottobre 1997 ed il 27 febbraio 1998 e di aver lavorato,
presso l’agenzia di Arbus, dal 28 ottobre 1997 al 31 dicembre 1997 e poi dal 3
febbraio. 1998 al 30 aprile 1998 ma prorogato fino al 30 maggio 1998, con la

l’assunzione, effettuata ai sensi della allora vigente disciplina legale ed a norma di
quanto disposto dall’art. 8 del C.C.N.L. del 26 gennaio 1994 e dai successivi accordi
integrativi del medesimo, era stata formalizzata con la sottoscrizione di due contratti
a tempo determinato che avevano previsto l’apposizione del termine per esigenze
eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione degli assetti occupazionali in
corso ed in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di
sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e
completo equilibrio sul territorio delle risorse umane.
Contrariamente all’astratta previsione della clausola, operante riferimento a
distinte causali, il Lampis sostenne di aver lavorato presso l’ufficio postale di Arbus,
che non era interessato da alcuna ristrutturazione o rimodulazione, nella ordinaria
attività di addetta allo sportello in sostituzione di personale assente per malattia,
infortunio ed a copertura di posto vacante.
Il ricorrente, premesso ancora che non risultava rispettata la quota massima
del 10% degli assunti a termine rispetto ai lavoratori impegnati a tempo
indeterminato, sostenne che il termine era illegittimo in quanto il motivo indicato era
non solo generico ma insussistente e che per le stesse ragioni anche la proroga del
secondo contratto doveva essere considerata nulla. Il Lampis precisò, inoltre, di
aver presentato una domanda di assunzione predisposta su un fac-simile della stessa
convenuta e di essere stato inserito in un elenco e/o graduatoria dando espressa
disponibilità per la propria attività lavorativa; soggiunse che la formazione,
l’aggiornamento, la tenuta e la chiamata dalla graduatoria – elenco erano disciplinate
da apposita direttiva della società Poste.
Tutto ciò premesso, il lavoratore convenne in giudizio la Poste Italiane S.p.A.
chiedendo che fosse accertata la nullità del termine apposto ai contratti di lavoro
stipulati tra le parti perché contrario a norme imperative di legge e dichiarata
l’instaurazione, tra le medesime parti, di un contratto di lavoro subordinato a tempo
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ud. 5 marzo 2015

qualifica di addetto all’area operativa e con mansioni di portalettere, espose che

indeterminato sin dalla data del 28 ottobre 1997 ovvero del 3 marzo 1998. Chiese
altresì che la Poste Italiane S.p.a. fosse condannata a riammetterlo in servizio e a
pagargli tutte le mensilità maturate e maturande dalla data del 1° gennaio 1998
ovvero dal 31 maggio 1998 alla data dell’emananda sentenza, con rivalutazione ed
interessi, oltre al versamento della contribuzione per il periodo di mancata
prestazione lavorativa, con vittoria di spese ed onorari del giudizio.
2. La Poste Italiane S. p.A. contestò il fondamento delle avverse pretese ed

consenso giacché il Lampis, omettendo di formulare qualsivoglia contestazione sulla
presunta illegittimità del contratto per un notevole arco di tempo dalla cessazione del
rapporto di lavoro, aveva manifestato, con comportamento concludente, il proprio
disinteresse alla ripresa della funzionalità del rapporto medesimo, realizzando, in tal
modo, una condotta incompatibile con il richiesto accertamento dell’illegittimità del
termine, della conseguente trasformazione del contratto e della sua perdurante
persistenza.
Nel merito, dedusse la legittimità della clausola con la quale era stato apposto
il termine al contratto.
3. Istruita la causa con produzioni documentali, il tribunale, con sentenza 20
aprile 2006, rigettò la domanda e compensò le spese del giudizio.
Il primo giudice, premessa l’infondatezza dell’eccezione di nullità della
procura alle liti della società Poste, ritenne preliminare ed assorbente l’eccezione
relativa allo scioglimento del contratto per mutuo consenso delle parti.
Richiamata la giurisprudenza in tema di risoluzione per mutuo consenso del
rapporto di lavoro, ai sensi dell’ art. 1372, comma primo, c.c., anche in presenza non
di dichiarazioni ma di comportamenti significativi tenuti dalle parti, rilevò che, nel
caso in esame, tra la cessazione del contratto a termine e la contestazione della
legittimità dell’apposizione della clausola erano trascorsi oltre cinque anni, che il
rapporto a termine era durato appena qualche mese, che il lavoratore aveva percepito
il trattamento di fine rapporto senza alcuna riserva: l’insieme di tali circostanze di
fatto, integravano una manifestazione di volontà della lavoratore di disinteresse alla
funzionalità del rapporto e incompatibile con la sua prosecuzione.
4. Avverso tale decisione ha interposto appello il Lampis, con ricorso 18
aprile 2007.
Ha resistito la Poste Italiane S.p.A., con memoria.

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ud. 5 marzo 2015

eccepì, in via pregiudiziale, l’intervenuto scioglimento del rapporto per mutuo

La Corte d’appello di Cagliari con sentenza del 23 aprile 2008 – 19 giugno
2008 ha rigettato l’appello compensando tra le parti le spese di giudizio.
5. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l’originario ricorrente con
tre motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
6. Nella camera di consiglio all’esito dell’odierna udienza il collegio ha deciso
la causa ed ha autorizzato la motivazione semplificata.

1. Il ricorso è articolato in tre motivi con cui il ricorrente denuncia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 1321 e 1362 c.c. nonché vizio di
motivazione. In particolare ricorrente contesta la ritenuta (la corte d’appello)
risoluzione del rapporto per mutuo consenso.
2. Il ricorso — i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente — è
infondato.
La corte d’appello con tipica valutazione di merito, assistita da motivazione
sufficiente e non contraddittoria, ha ritenuto che la prolungata inerzia del lavoratore,
qualificata da ulteriori elementi di fatto, fosse significativa di un comportamento
concludente che esprimeva il consenso alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Secondo l’orientamento di questa Corte di legittimità (cfr., in particolare,
Cass. 24 giugno 2008 n. 17150, e da ultimo Cass., sez.. lav., 13 febbraio 2015, n,
2906), nel giudizio instaurato ai fini del riconoscimento della sussistenza di un unico
rapporto di lavoro a tempo indeterminato, sul presupposto dell’illegittima
apposizione al contratto di un termine finale ormai scaduto, per la configurabilità di
una risoluzione del rapporto per mutuo consenso, è necessario che sia accertata sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell’ultimo contratto a
termine, nonché del comportamento tenuto dalla parti e di eventuali circostanze
significative – una chiara e certa comune volontà delle parti medesime di porre
definitivamente fine ad ogni rapporto lavorativo. Estato altresì precisato (cfr. Cass. 5
giugno 2013 n. 14209; Cass. 6 luglio 2007 n. 15264; Cass. 7 maggio 2009 n.
10526), che è suscettibile di essere sussunto nella fattispecie legale di cui all’art.
1372, primo comma, cod. civ. il comportamento delle parti che determini la
cessazione della funzionalità di fatto del rapporto lavorativo a termine in base a
modalità tali da evidenziare il loro disinteresse alla sua attuazione, trovando siffatta
operazione ermeneutica supporto nella crescente valorizzazione, che attualmente si
registra nel quadro della teoria e della disciplina dei contratti, del piano oggettivo del
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ud. 5 marzo 2015

MOTIVI DELLA DECISIONE

contratto, a discapito del ruolo e della rilevanza della volontà psicologica dei
contraenti, con conseguente attribuzione del valore di dichiarazioni negoziali a
comportamenti sociali valutati in modo tipico. E ciò con particolare riferimento alla
materia lavoristica ove operano, nell’anzidetta prospettiva, principi di settore che non
consentono di considerare esistente un rapporto di lavoro senza esecuzione (cfr.
Cass. 7 maggio 2009 n. 10526; Cass. 6 luglio 2007 n. 15264). Einoltre pacifico
nella giurisprudenza di questa Corte di legittimità (cfr. le sentenze prima citate) che

compete al giudice di merito, le cui conclusioni non sono censurabili in sede di
legittimità se non sussistono vizi logici o errori di diritto.
3. Ciò premesso, ritiene il Collegio che la Corte territoriale abbia, nel caso in
esame, fatto corretta applicazione di tali principi, motivando la propria statuizione
sulla configurabilità, nel caso di specie, di una ipotesi di risoluzione per mutuo
consenso in modo logico, esaustivo ed esente da errori di diritto.
Il convincimento della Corte d’appello è motivatamente fondato sulla
complessiva valutazione di una serie di univoci elementi fattuali: la breve durata dei
contratti a termine: appena due mesi e quattro giorni il primo (dal 28 ottobre al 3 I
dicembre 1997) e due mesi e 27 giorni il secondo; il notevole lasso di tempo, di sei
anni e mesi cinque, intercorso tra la cessazione del secondo contratto (30 maggio
1998) e la prima contestazione formulata dal lavoratore solo con la notificazione
della diffida alla Poste Italiane S.p.A. in data 28 ottobre 2004; la mancata
formulazione di qualsivoglia contestazione e/o riserva da parte del lavoratore al
momento della sottoscrizione della risoluzione del contratto; l’avvenuta restituzione
del libretto di lavoro; l’accettazione incondizionata del trattamento di fine rapporto e
delle altre competenze finali. In altri termini Lampis ha assunto un comportamento
tale da ingenerare nella Poste Italiane s.p.a. il ragionevole convincimento che non gli
interessasse la prosecuzione del rapporto e la società ha fatto affidamento su tale
intenzione manifestata con comportamento concludente.
4. Il ricorso va quindi rigettato.
Sussistono

giustificati

motivi

(in considerazione

dell’evoluzione

giurisprudenziale sulle questioni dibattute e della problematicità delle stesse nel
contesto del progressivo assetto del diritto vivente) per compensare tra le parti le
spese di questo giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI

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ud. 5 marzo 2015

la valutazione del significato e della portata del complesso di tali elementi di fatto

La Corte rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di
cassazione.
Così deciso in Roma il 5 marzo 2015
Il Presidente

Il Consigliere

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