Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12492 del 12/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 12/05/2021, (ud. 12/02/2021, dep. 12/05/2021), n.12492

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12610-2014 proposto da:

OASI S.R.L. (C.F. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante

p.t., rapp. e dif., in virtù di procura speciale in calce al

ricorso, dall’Avv. NICOLA LONGOBARDI, unitamente al quale è

elett.te dom.to in ROMA, alla VIA PARIGI, n. 11, presso lo STUDIO

LEGALE CARNELUTTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., dom.to in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– controricorrente/ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 369/06/13 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE del LAZIO, depositata il 14/11/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/2/2021 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Osservato che l’AGENZIA DELLE ENTRATE notificò alla OASI S.R.L. due avvisi di accertamento con i quali provvide, relativamente agli anni di imposta 2002 e 2003, a riprese IRPEF, IRPEG, IRAP ed IVA per recupero a tassazione di ricavi non fatturati, costi indeducibili e maggior reddito imponibile;

che il contribuente impugnò detti avvisi innanzi alla C.T.P. di Roma che, previa riunione, con sentenza 319/57/11 accolse i ricorsi limitatamente al recupero a tassazione di ricavi non fatturati per l’anno di imposta 2002, compensando le spese di lite;

tale decisione fu appellata, rispettivamente in via principale ed incidentale, dall’OASI e dall’AGENZIA DELLE ENTRATE, innanzi alla C.T.R. del Lazio che, con sentenza n. 369/06/13, depositata il 14.11.2013, li rigettò entrambi, osservando – per quanto in questa sede ancora interessa – da un lato, come (a) l’accertamento con metodo induttivo puro, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 2, per l’anno di imposta 2002 (come anche per il 2003), trovasse giustificazione nella “complessiva inattendiblità della documentazione fiscale (peraltro incompleta e dispersa) prodotta da Oasi srl per (tentare di) dimostrare la deducibilità dei costi sostenuti” (cfr. p. 3) e, dall’altro, che (b) per la medesima annualità non sussistesse alcun obbligo di fatturazione relativamente a somme ricevute per l’esecuzione di un appalto, ma restituite dalla contribuente (per non essere stati i lavori realizzati) e, dunque, non concorrenti – siccome non incassate – a formare la base imponibile;

che avverso tale sentenza l’OASI S.R.L. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, illustrati da memoria ex art. 380-bis.1, c.p.c.. Si è costituita, con controricorso contenente ricorso incidentale, l’AGENZIA DELLE ENTRATE;

Considerato che in via preliminare va osservato che, pur avendo parte ricorrente documentato, in uno alla memoria ex art. 380-bis.1, la propria cessazione e cancellazione dal registro delle imprese (richiesta il 19 dicembre 2019 – e disposta il 21 gennaio 2020), la circostanza è priva di rilievo nel presente giudizio, ai sensi del D.Lgs. n. 175 del 2014, art. 28, comma 4; che differisce l’effetto decorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione.

Con il primo motivo del ricorso principale, la difesa dell’OASI lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 2, per avere la C.T.R. ritenuto legittimo l’accertamento induttivo condotto nei propri confronti, sulla base dell’erroneo presupposto dell’inerzia di essa contribuente nel depositare e mettere a disposizione della Guardia di Finanza, prima e dell’Agenzia delle Entrate, poi, l’intera documentazione contabile, per dimostrare l’esistenza di costi deducibili, laddove, al contrario, tale documentazione era stata fornita in sede di accesso e, comunque, messa a disposizione dell’Ufficio, mediante l’indicazione del luogo ove poterla reperire;

che il motivo è infondato;

che – anche a voler tacere circa il difetto di specificità del mezzo di gravame (cfr. l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), per non essere stato trascritto, in ricorso, il contenuto della documentazione che non sarebbe stata correttamente valutata dall’Ufficio – dalla lettura della decisione impugnata emerge che la C.T.R., nel confermare la legittimità dell’accertamento compiuto nei confronti dell’Oasi con metodo induttivo “puro”, ha fondato tale conclusione sulla “complessiva inattendibilità della documentazione (peraltro incompleta e dispersa) prodotta da Oasi srl per (tentare di) dimostrare la deducibilità dei costi sostenuti” (cfr. p. 3, terzultimo cpv.); in tal modo i giudici di appello si sono correttamente uniformati al principio, costantemente affermato da questa Corte (cfr., da ultimo, Cass., Sez. 5, 8.3.2019, n. 6861, Rv. 653077-01), per cui il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico extracontabile e quello con metodo induttivo sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” risultano tali da inficiare l’attendibilità – e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicchè l’amministrazione finanziaria può “prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c.;

che con il secondo motivo del ricorso principale l’oAsi si duole (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) dell’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, consistente (a) nella mancata valutazione della documentazione prodotta da essa contribuente e (b) del giudicato relativamente alle imposte IRES ed IRAP, nonchè (c) dell’omessa pronunzia su taluni motivi di appello proposti;

che il motivo è, nel suo complesso, inammissibile;

che, ripercorrendo le sottocensure in cui si articola il mezzo di gravame, osserva il Collegio come: a) quanto all’omesso esame della documentazione prodotta da esso contribuente, benchè si tratti di doglianza astrattamente riconducibile al perimetro applicativo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, cionondimeno è consolidato il principio in virtù del quale, qualora il ricorrente, in sede di legittimità, denunci l’omessa valutazione di prove documentali, per il principio di autosufficienza (cfr. l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) ha l’onere non solo di trascrivere il testo integrale, o la parte significativa del documento nel ricorso per cassazione, al fine di consentire il vaglio di decisività, ma anche di specificare gli argomenti, deduzioni o istanze che, in relazione alla pretesa fatta valere, siano state formulate nel giudizio di merito, pena l’irrilevanza giuridica della sola produzione, che non assicura il contraddittorio e non comporta, quindi, per il giudice alcun onere di esame, e ancora meno di considerazione dei documenti stessi ai fini della decisione (cfr., ex multis, Cass., Sez. 5, 21.5.2019, n. 13625, Rv. 653996-01); b) relativamente, poi, all’omessa valutazione “del giudicato relativamente alle imposte IRES ed IRAP”, trattandosi di questione non emergente dalla motivazione della decisione impugnata, anch’essa va dichiarata inammissibile sotto il profilo del difetto di specificità del motivo, per non evincersi dal motivo se, come e quando la questione del giudicato (peraltro neppure chiara, nella formulazione della censura, se riferita ad un giudicato interno ovvero esterno) fu posta nei precedenti gradi di merito (cfr., ex multis, Cass., Sez. L, 8.3.2018, n. 5508, Rv. 647532-01); c) ugualmente inammissibile, per difetto di specificità, infine, è la doglianza relativa all’omesso esame di motivi di appello (cfr. p. 9, prime cinque righe). Premesso che il motivo va correttamente ricondotto sotto l’ambito di operatività dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, lamentandosi con esso un’omessa pronunzia ex art. 112 c.p.c. (arg. da Cass., Sez. 6-3, 20.11.2015, n. 23828, Rv. 637781-01), osserva la Corte come, ancora una volta esso pecchi di specificità ex art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non avendo parte ricorrente trascritto in ricorso come le doglianze in questione furono proposte nei precedenti gradi di merito e, in specie, in grado di appello (arg. da Cass., Sez. 2, 20.8.2015, n. 17049, Rv. 636133-01);

che con il terzo motivo, l’oAsi si duole (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 5, in relazione alla valutazione negativa, ad opera della C.T.R., della documentazione prodotta da essa contribuente, nonostante il “silenzio dell’Ufficio ed in assenza di prove contrarie fornite da quest’ultimo”;

che il motivo è, nel suo complesso, inammissibile;

che ribadito, in via preliminare, come della questione non v’è traccia nella motivazione della sentenza impugnata (sicchè, a cagione della mancata trascrizione, in ricorso, di se, come e quando fu posta nei precedenti gradi di giudizio, essa si appalesa “nuova”), osserva ad ogni modo il Collegio come il mezzo di censura neppure si confronta con la ratio decidendi della impugnata decisione, non avendo la C.T.R. fatto alcun riferimento ad una presunta illeggibilità (cfr. ricorso, ult. p., sub 3) degli atti e documenti prodotti (anch’essi, peraltro, non trascritti in ricorso) ed avendo, piuttosto, i giudici di appello ritenuto la documentazione presente agli atti inattendibile, siccome “frammentaria e dispersa”;

che con l’unico motivo di ricorso incidentale l’AGENZIA DELLE ENTRATE Si duole (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6 per avere la C.T.R. erroneamente escluso dall’imponibile relativo all’anno di imposta 2002 la somma di Euro 8.280,00 – per un’I.V.A. imponibile pari ad Euro 1,.656,00 ripresa a tassazione dall’Ufficio – per avere la società contribuente “documentato di avere restituito tale somma al cliente nello stesso mese in cui l’aveva ricevuta”;

che il motivo è fondato;

che la stipulazione del contratto (nella specie, un appalto di opere), accompagnata dal versamento del corrispettivo, è, infatti, requisito sufficiente a realizzare il presupposto dell’imposizione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 6 (altra e diversa questione – non rilevante, tuttavia, nella specie – è se l’Oasi abbia diritto a portare in detrazione l’importo dell’imposta dovuta, del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 26 quale conseguenza dell’avvenuta risoluzione del rapporto negoziale originante il pagamento medesimo);

Ritenuto, in conclusione, che il ricorso principale vada rigettato e quello incidentale accolto, con la cassazione, nei limiti del motivo accolto, della sentenza impugnata; peraltro, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ben può la Corte decidere la causa nel merito, rigettando il ricorso della società contribuente in relazione alla ripresa a tassazione dell’importo di Euro 8.280,00 relativamente all’anno di imposta 2002;

che le spese delle fasi di merito vanno interamente compensate tra le parti, anche in considerazione della peculiarità della questione sottesa al ricorso incidentale, mentre quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

Rigetta il ricorso principale ed accoglie il ricorso incidentale. Per l’effetto, cassa la decisione impugnata nei limiti del motivo accolto e, decidendo nel merito con riguardo al ricorso incidentale, rigetta l’originario ricorso in relazione alla ripresa a tassazione dell’importo di Euro 8.280,00 relativamente all’anno di imposta 2002. Compensa integralmente tra le parti le spese delle fasi di merito e condanna l’Oasi S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., al pagamento, in favore dell’AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore p.t., delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in complessivi Euro 2.300,00 (duemilatrecento/00), oltre spese prenotate a debito.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’Oasi S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 12 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2021

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