Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12490 del 18/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 18/05/2017, (ud. 26/04/2017, dep.18/05/2017),  n. 12490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16873/2014 proposto da:

G.S., (OMISSIS), G.M., G.L.

(OMISSIS), G.G. (OMISSIS), quali eredi D.D.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ACQUEDOTTO DEL PESCHIERA 96,

presso lo studio dell’avvocato SIMONA PANDOLFINI, rappresentati e

difesi dall’avvocato LUIGI RAIMONDO, giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

AZIENDA SANITARIA PROVINCIALE ASP SIRACUSA, in persona del Direttore

Generale pro tempore Dott. B.S., elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DI SAN SABA 7, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO RANDAZZO, rappresentata e difeso dall’avvocato

BRUNO LEONE giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1098/2013 della CORTE D’APPELLO di CATANIA;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

26/04/2017 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

D.D.G. convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Siracusa – sezione distaccata di Avola l’Azienda U.S.L. n. (OMISSIS) di Siracusa chiedendo il risarcimento del danno subito durante la degenza presso l’Ospedale di (OMISSIS). Espose la parte attrice di essere stata ricoverata presso la struttura ospedaliera di (OMISSIS) perchè affetta da convulsioni e che, ritornata presso tale ospedale dopo il trasporto presso altra struttura per l’effettuazione di TAC, all’esito di radiografia era emersa la presenza di frattura alle spalle. Il Tribunale adito rigettò la domanda. Avverso detta sentenza propose appello la D.D.. Con sentenza di data 29 maggio 2013 la Corte d’appello di Catania rigettò l’appello.

Osservò la corte territoriale che non era stato provato se al momento in cui era avvenuto il ricovero l’apparato osseo dell’appellante fosse integro e che, stante il fatto notorio che le persone affette da crisi convulsive possono provocarsi fratture, era ben possibile che al momento del ricovero le fratture fossero già presenti ma, che versando in stato comatoso, la D.D. non avesse potuto riferire dei dolori che accusava (dei quali, non è inverosimile, ebbe precisa percezione solo al rientro presso l’ospedale di (OMISSIS), una volta superato lo stato comatoso). Aggiunse che il fatto che la D.D. ebbe a manifestare “forti dolori alle spalle” solo il giorno dopo il ricovero non era quindi univocamente sintomatico del fatto che la causa (le fratture) fosse insorta durante la degenza ospedaliera e che in base alle regole dell’ordinaria diligenza si era ritenuto di sottoporre la paziente in primo luogo ad una TAC.

Hanno proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi G.M., G.G., G.L. e G.S. quali eredi di D.D.G. e resiste con controricorso la parte intimata. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 2. E’ stata presentata memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1218 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano le ricorrenti che, essendo stato provato il contratto relativo alla prestazione sanitaria ed il danno, competeva all’ente convenuto provare la mancanza dell’inadempimento e che la decisione impugnata aveva violato le regole in tema di riparto dell’onere della prova.

Il motivo è infondato. Nei giudizi di risarcimento danno da responsabilità medica è onere dell’attore dimostrare l’esistenza del nesso causale tra la condotta del medico e il danno di cui chiede il risarcimento (fra le tante da ultimo Cass. 20 ottobre 2015, n. 21177). Posto che l’onere della prova del nesso eziologico incombe sull’attore, se al termine dell’istruttoria resti incerti la reale causa del danno la domanda di risarcimento deve essere rigettata.

Con il secondo motivo si denuncia omesso esan e del fatto decisivo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano le ricorrenti che era stata fornita la prova della verificazione delle fratture durante la degenza ospedaliera e che errata era la valutazione della Corte d’appello circa l’esistenza di stato comatoso al momento dell’arrivo in ospedale posto che la stessa vi era pervenuta deambulante e cosciente come risultava dalla cartella clinica. Aggiungono che si sarebbero dovute rilevare le fratture, se esistenti, già al momento del ricovero.

Il motivo è ammissibile. La censura, formulata come denuncia di vizio motivazionale, mira ad una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, che è valutazione preclusa nella presente sede di legittimità La denuncia di omesso esame di fatto è limitata alla circostanza che la D.D., diversamente da quanto affermato dal giudice di merito, al momento dell’arrivo in ospedale non si sarebbe trovata in stato comatoso. Il fatto omesso non sarebbe l’esistenza dello stato comatoso, ma l’apparizione di questo in epoca successiva all’ingresso nella struttura ospedaliera. La circostanza non è decisiva. In base alla regola di riparto dell’onere della prova, incombe alla parte attrice dimostrare che le condizioni della D.D. fossero integre dal punto di vista osseo al momento dell’ingresso nella struttura e che le fratture siano imputabili alla condotta dell’esercente la professione sanitaria nell’ambito della struttura ospedaliera. La circostanza è priva di significato in ordine sia al primo che al secondo aspetto dell’onere probatorio.

Rilevare che lo stato comatoso sia subentrato successivamente all’ingresso non esclude che una qualche sintomatologia in ordine all’apparato osseo possa essere stata da subito manifestata dalla D.D. al momento dell’ingresso, posto che ciò che il giudice di merito ha accertato è solo che il giorno dopo sono stati manifestati “forti dolori alle spalle”, e che tale immediata sintomatologia (sia pur non caratterizzata da “forti dolori”) non potette subito essere indagata essendo stata data precedenza alla TAC. Quanto alla condotta cui sarebbe imputabile l’evento dannoso la circostanza dell’apparizione solo successiva dello stato comatoso non è in grado di dire nulla, sicchè resta non definito il rapporto di causalità fra condotta e danno.

Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio, 2013 e viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

 

Rigetta il ricorso. Condanna le ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.400,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 26 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2017

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