Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12488 del 18/05/2017


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Cassazione civile, sez. III, 18/05/2017, (ud. 23/03/2017, dep.18/05/2017),  n. 12488

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18367/2015 proposto da:

PROVINCIA RELIGIOSA DI (OMISSIS), in persona del Legale

rappresentante pro tempore Padre Provinciale Fra P. (al secolo ”

M.”) Dott. C., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

VITTORIO EMANUELE II, 229, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIULIANO MARIA POMPA, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CATTOLICA DI ASSICURAZIONI COOP ARL, in persona del procuratore Dott.

B.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE, 38, presso lo studio dell’avvocato PIERFILIPPO COLETTI, che

la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

ZURICH INSURANCE COMPANY SPA, in persona del procuratore speciale e

legale rappresentante pro tempore, Dott. G.P.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CARLO POMA 4, presso lo

studio dell’avvocato PAOLO GELLI, che la rappresenta e difende

giusta procura a margine del controricorso;

GENERALI ITALIA SPA (OMISSIS) già INA ASSITALIA SPA, in persona dei

suoi procuratori speciali Dott. C.P. e Dott.

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 28,

presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE CILIBERTI, che la

rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

REALE MUTUA DI ASSICURAZIONI SPA, SASA ASSICURAZIONI RIASSICURAZIONI

SPA, FATA FONDO ASSICURATIVO TRA AGRICOLTORI SPA, ITALIANA

ASSICURAZIONI SPA, D.B.K.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 5942/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 30/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

23/03/2017 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Convenuto in giudizio da D.B.K. per il risarcimento dei danni conseguenti a responsabilità professionale dei propri sanitari, l’Ospedale (OMISSIS) chiamò in causa, in manleva, le proprie assicuratrici Assitalia s.p.a. e Cattolica s.p.a. nonchè – successivamente – le coassicuratrici Reale Mutua di Assicurazioni, Sasa s.p.a., FATA s.p.a., Italiana Assicurazioni s.p.a. e Zurich Insurance Company s.a..

Il Tribunale accertò la responsabilità della Provincia Religiosa di (OMISSIS) e la condannò al risarcimento dei danni; dichiarata inammissibile la domanda di manleva nei confronti della Zurich, condannò le altre terze chiamate a tenere indenne la convenuta, nella misura per ciascuna di esse risultante dalle quote di coassicurazione.

In parziale riforma della sentenza, la Corte di Appello ha rigettato la domanda di manleva proposta nei confronti delle terze chiamate.

Ha proposto ricorso per cassazione la Provincia Religiosa di (OMISSIS), affidandosi a sette motivi; hanno resistito, con distinti controricorsi, la Generali Italia (già INA Assitalia), a mezzo della mandataria Generali Business Solutions s.c.p.a., la Società Cattolica di Assicurazioni coop. a r.l. e la Zurich Insurance P.I.c., Rappresentanza Generale per l’Italia (già Zurich Insurance Company s.a.). Hanno depositato memoria la ricorrente e le controricorrenti Generali Italia e Cattolica Assicurazioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Tribunale aveva ritenuto la nullità delle clausole claims made contenute nelle polizze assicurative stipulate con le terze chiamate ed aveva accolto la domanda di manleva in relazione alla polizza n. 12226 ritenendo che la clausola claims made dovesse essere sostituta dalla disposizione di carattere generale di cui all’art. 1917 c.c. e che pertanto detta polizza, scadente il 31.12.1998, fornisse copertura assicurativa al sinistro (avvenuto in data 1.6.1998).

La Corte di Appello ha – viceversa – ritenuto la validità delle clausole claims made, affermando che, “non vertendosi in un’ipotesi di nullità parziale, non trova applicazione la disciplina dettata dal combinato disposto degli artt. 1339 e 1419 c.c. e non è possibile sostituire dette clausole con la norma dell’art. 1917 c.c., comma 1”; che, inoltre, “non viene in rilievo la disciplina dettata dall’art. 1341 c.c., posto che con le clausole in questione (…) si delimita l’oggetto del contratto di assicurazione e il contenuto e i limiti della garanzia assicurativa” e neppure ” trova applicazione l’art. 2965 c.c., perchè la clausola claims made non stabilisce termini di decadenza, ma definisce l’oggetto del contratto”.

Con tali premesse, la Corte ha ritenuto che la Cattolica e le coassicuratrici non fossero tenute alla manleva in base alla polizza n. 12226, in quanto l’illecito si era verificato in data successiva a quella di scadenza dell’assicurazione (individuata nel 31.12.1997), e neppure in base alle ulteriori polizze (n. 11990, n. 276/60/1003200 e n. 3737), in quanto la richiesta di risarcimento era stata presentata “solamente in data 11 aprile 2003, dopo che il periodo di efficacia delle suddette polizze era scaduto, rispettivamente, il 31 dicembre 1998 e il 31 dicembre 2001”.

2. I sette motivi proposti dalla ricorrente investono la clausola claims made e ne deducono, sotto vari profili, l’invalidità.

Il primo motivo deduce la violazione dell’art. 1341 c.c., comma 2 e art. 1917 c.c., comma 1, “in relazione alla negata vessatorietà della condizione claims made” in quanto limitativa della responsabilità dell’assicuratore.

Il secondo motivo denuncia la violazione dell’art. 1341 c.c., comma 2 e art. 1353 c.c. “in relazione alla negata natura “di condizione” della clausola claims made (…) conseguente e connessa all’errata interpretazione della condizione (e della polizza), in violazione anche degli artt. 1362 c.c. e segg.”.

Col terzo motivo, viene nuovamente dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c., comma 2, “in relazione alla negata vessatorietà della condizione claims made (…) e quindi l’inefficacia della stessa per non essere stata specificamente sottoscritta”, nonchè la violazione degli artt. 1353 e 1346 c.c., attesa la “sussistenza della “limitazione di responsabilità” dell’assicuratore nella condizione de qua”.

Il quarto motivo denuncia ancora la violazione e falsa applicazione dell’art. 1341 c.c., comma 2, in relazione ad “altre, plurime, fattispecie di vessatorietà ravvisabili nella condizione, in particolare la restrizione della libertà contrattuale dell’assicurato, alla scadenza della polizza”.

Il quinto motivo ribadisce la violazione dell’art. 1341 c.c., ma con “specifico riferimento all’articolo di polizza (…) che consente alle Compagnie il recesso unilaterale dal rapporto anche prima della scadenza con riferimento alle norme relative (artt. 1362 c.c. e segg.) all’interpretazione del contratto”.

Il sesto motivo censura la Corte per avere affermato che “non trova applicazione l’art. 2965 c.c., perchè la clausola claims made non stabilisce termini di decadenza, ma delimita l’oggetto del contratto”.

Il settimo motivo, infine, deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., sul rilievo che, “con l’inserimento della condizione titolata “inizio e termine della garanzia” (fuorviante rispetto al contenuto della clausola)”, le compagnie avevano tenuto un comportamento del tutto contrario al principio di buona fede.

3. A prescindere dalla dubbia ammissibilità (in quanto, pur trascrivendo – a pag. 9 – il testo della “condizione speciale”, non ottempera all’ulteriore onere imposto art. 366 c.p.c., n. 6), di indicare se, dove e quando siano state prodotte le polizze contenenti le clausole della cui efficacia si tratta e dove esse siano reperibili nell’ambito degli atti processuali), il ricorso è infondato alla luce di Cass., S.U. n. 9140/2016 che, all’esito di un percorso giurisprudenziale che ha dapprima affermato la liceità della clausola claims made, fatta salva la valutazione in concreto della sua eventuale natura vessatoria (cfr. Cass. n. 5624/2005, Cass. n. 7273/2013 e Cass. 22891/2015), è giunta ad escludere la natura vessatoria della clausola claims made mista o impura (come quella ricorrente nel caso in esame).

Il ricorso va pertanto rigettato.

4. La pregressa non univocità del quadro giurisprudenziale in punto di possibile natura vessatoria delle clausole claims made (la pronuncia n. 9140/2016 delle Sezioni Unite è intervenuta successivamente al deposito del ricorso) giustifica la compensazione delle spese di lite, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., nel testo (applicabile ratione temporis) anteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 263 del 2005.

5. Trattandosi di ricorso proposto successivamente al 30.1.2013, sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 maggio 2017

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