Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12487 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/06/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 24/06/2020), n.12487

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 171-2016 proposto da:

N.M.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA EUGENIO

CISTERNA 44, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ALESSIO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

VODAFONE ITALIA S.P.A. (già VODAFONE OMNITEL B.V., già VODAFONE

OMNITEL N. V.), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VIRGILIO 8, presso lo studio

dell’avvocato ENRICO CICCOTTI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CATERINA RUCCI;

FACE2FACE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dagli avvocati PAOLO D’ELETTO e ELISABETTA GIOVANDO;

– controricorrenti –

e contro

T2 ITALIA S.R.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1237/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/06/2015, R.G.N. 2331/2012; Il P.M. ha depositato

conclusioni scritte.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza del 18.6.2015, la Corte di appello di Roma rigettava il gravame proposto da N.M.P. avverso la pronuncia del Tribunale di Velletri, che aveva respinto le domande avanzate dalla predetta, intese all’accertamento della natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra quest’ultima e TELE 2 Italia (poi Teletu, quindi Vodafone s.p.a.) e/o con T2 Italia s.r.l. nel periodo dal 28.10.2004 al 29.1.2005, alla declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatole verbalmente durante lo stato di gravidanza ed al pagamento di differenze retributive;

2. la Corte rilevava che dall’istruttoria espletata non era emerso, sia con riguardo alla volontà espressa dalle parti inizialmente, sia con riguardo al concreto svolgimento del rapporto, alcun assoggettamento della ricorrente al potere direttivo, conformativo della prestazione, di controllo o disciplinare della controparte, che potesse indurre a ritenere qualificabile come subordinato il rapporto intercorso tra le parti. Aggiungeva che le prestazioni dedotte in giudizio dalla ricorrente quale telefonista, addetta a call center in (OMISSIS), erano risultate essere state rese con ampi margini di autonomia, consistendo nelle sola effettuazione di chiamate a potenziali clienti per la promozione di contratti telefonici con Teletu, con articolazione della prestazione in turni orari scelti dalla lavoratrice, senza obbligo di avvertire in caso di assenza, nè di richiedere permessi per assentarsi, con possibilità di interrompere la prestazione anche durante il turno prescelto e senza ingerenze significative idonee all’integrazione del potere direttivo come dimostrato dalla mancanza di ogni indicazione sul lavoro da espletare;

3. la Corte riteneva, poi, che la questione relativa all’impugnativa del licenziamento, non esaminata dal Tribunale una volta esclusa la subordinazione, rimanesse assorbita anche in sede di gravame;

4. infine, quanto alla dedotta sussistenza di un contratto di somministrazione illegittimo, idoneo all’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato con l’utilizzatore, il giudice del gravame riteneva che i contratti intercorsi tra Teletu e la chiamata in causa Face 2 Face appartenessero a diversa tipologia (collaborazione commerciale ed agenzia per la promozione della vendita dei prodotti della prima), e che nessun contratto, men che mai di somministrazione verbale, fosse intercorso tra Teletu e T2 Italia;

5. per la cassazione di tale decisione ricorre la N., affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resistono, con controricorso, Vadofone s.p.a. e Face2 Face; T2 Italia s.r.l. è rimasta intimata;

6. il P.G. ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. viene denunziata, col primo motivo, violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c., in relazione alla ritenuta non sufficienza della prova acquisita nel corso dell’istruttoria ed è dedotta la nullità della sentenza per difetto assoluto di motivazione e violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo la N. che il giudice del gravame abbia omesso di ricostruire la fattispecie concreta a fini di sussunzione in quella astratta, essendosi limitata a richiamare principi giurisprudenziali, asseritamente acquisiti, laddove in numerose sentenze della S. C. (Cass. 4476/2012, Cass. 9812/2008) era stato affermato che, alla stregua dell’organizzazione dei call center, le telefoniste dovessero essere considerate lavoratrici subordinate, posto che le stesse seguivano le direttive impartite dall’azienda in relazione ad ogni telefonata ed utilizzavano materiali di proprietà della società. Si contesta la valutazione delle dichiarazioni testimoniali acquisite, che comprovavano, a dire della N., la messa a disposizione delle società convenute delle energie lavorative, non funzionalizzata al risultato, che non poteva essere raggiunto se non con l’osservanza scrupolosa dei orari, modalità e criteri rigorosamente predeterminati, senza considerare che l’espletamento di un orario fisso presso il call center e la previsione di un compenso fisso costituivano un quadro indiziario già sufficiente ai fini considerati;

2. con il secondo motivo, si deduce omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e mancata motivazione in ordine all’impugnativa del licenziamento, sul rilievo che le modalità e la causa di cessazione del rapporto per gravidanza sarebbero risultate decisive per il giudizio in ordine alla subordinazione;

3. con il terzo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 232 c.p.c. in ordine alla valutazione della mancata risposta all’interrogatorio formale da parte della società resistente T2 Italia;

4. con il quarto motivo (identificato come 3 bis), si ascrive alla decisione impugnata violazione e falsa applicazione delle norme in tema di somministrazione di lavoro e, in particolare, del D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 20 in ordine alla costituzione del rapporto di lavoro subordinato con la Vodafone Italia, essendo emerso che la N. svolgeva la propria attività nell’interesse nonchè sotto la direzione ed il controllo dell’utilizzatrice Tele 2 Italia spa (poi Vadofone). Si sostiene che a nulla rilevi la circostanza che tra la società utilizzatrice e la somministratrice vi fosse stata contrattualmente altra società (Face2Face srl) poichè, in ogni caso, si configurerebbe una forma illecita di somministrazione e che, anche per il caso in cui fosse stato ravvisato un appalto, la tutela della lavoratrice sarebbe stata identica, con obbligazione, in solido con l’appaltatore, del committente, per la corresponsione dei trattamenti retributivi e contributi previdenziali dovuti e costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del secondo;

5. il ricorso è infondato;

6. elemento indefettibile del rapporto di lavoro subordinato – e criterio discretivo, nel contempo, rispetto a quello di lavoro autonomo – è la subordinazione, intesa come vincolo di soggezione personale del prestatore al potere direttivo del datore di lavoro, che inerisce alle intrinseche modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative e non già soltanto al loro risultato, mentre hanno carattere sussidiario e funzione meramente indiziaria altri elementi del rapporto di lavoro (quali, ad esempio, la collaborazione, l’osservanza di un determinato orario, la continuità della prestazione lavorativa, l’inserimento della prestazione medesima nell’organizzazione aziendale e il coordinamento con l’attività imprenditoriale, l’assenza di rischio per il lavoratore e la forma della retribuzione), i quali – lungi dal surrogare la subordinazione o, comunque, dall’assumere valore decisivo ai fini della prospettata qualificazione del rapporto – possono, tuttavia, essere valutati globalmente, appunto, come indizi della subordinazione stessa, tutte le volte che non ne sia agevole l’apprezzamento diretto a causa di peculiarità delle mansioni, che incidano sull’atteggiarsi del rapporto;

6.1. in sede di legittimità è censurabile solo la determinazione dei criteri generali e astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto – incensurabile in tale sede, se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice ad includere il rapporto controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale” (v. fra le altre Cass. 21-11-2001 n. 14664, Cass. 12-92003 n. 13448, Cass. 6-6-2002 n. 8254, Cass. 4-4-2001 n. 5036, Cass.3-4-2000 n. 4036, Cass.16-1-1996 n. 326, Cass.4-5-2011 n. 9808 e, da ultimo Cass. Cass. 23.6.2014 n. 14160);

6.2. va, infatti, evidenziato che la violazione delle norme di diritto viene in rilievo non già in relazione alla ricostruzione del fatto materiale ma rispetto al giudizio di sussunzione, compiuto, secondo l’ordine logico, in un momento successivo dal giudice del merito, consistente nella qualificazione dei fatti accertati e nella individuazione della disciplina giuridica applicabile;

6.3. la Corte di merito ha accertato, con giudizio di fatto censurabile in questa sede nei limiti di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, che le prestazioni dedotte in giudizio dalla ricorrente erano state rese con margini di autonomia secondo quanto già esposto in narrativa e, soprattutto, senza ingerenze da parte di alcuno in sede di controllo della prestazione o disciplinare, essendosi l’amministratrice della T2 Italia s.r.l. (senza alcuna presenza riferibile alla Teletu) limitata alla predisposizione dei turni tra i quali scegliere l’ambito temporale della prestazione ed a fornire gli elenchi dei nominativi tra i quali effettuare le chiamate, senza fornire invece alcuna indicazione sul lavoro da svolgere; correttamente è stata pertanto esclusa ogni rilevanza di elementi indicatori sintomatici di carattere sussidiario quali, ad esempio, le modalità del pagamento, sulle quali è stato rilevata, peraltro, una divergenza tra le dichiarazioni rese dai testi escussi;

6.4. il giudizio di sussunzione così operato non è affetto, dunque, dal vizio di falsa applicazione della norma dell’art. 2094 c.c.. Anche nella materia de qua va, infatti, ribadito l’indirizzo generale consolidato in base al quale “la valutazione delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata” (v. Cass. 94-2001 n. 5231, Cass. 15-4-2004 n. 7201, Cass. 7-8-2003 n. 11933, Cass. 5-10-2006 n. 21412);

6.5. il percorso argomentativo si è sviluppato proprio nella direzione conforme ai parametri indicati dalla ricorrente, secondo un corretto approccio nella valutazione della subordinazione e della valorizzazione del principio secondo cui, qualora vi sia una situazione oggettiva di incertezza probatoria, il giudice deve ritenere che l’onere della prova a carico dell’attore non sia stato assolto e non già propendere per la natura subordinata del rapporto (cfr. Cass. 28.9.2006 n. 21028);

7. il secondo motivo va disatteso in considerazione della evidente connessione della questione dallo stesso posta con quella esaminata in relazione al primo motivo, essendo evidente la correttezza della decisione di ritenere l’assorbimento della domanda relativa alla asserita invalidità del licenziamento, in coerenza con l’aver la Corte d’appello ritenuto che, trattandosi di rapporto di collaborazione a carattere autonomo e non già di lavoro subordinato, il rapporto fosse liberamente recedibile;

8. quanto al terzo motivo, la sua infondatezza discende dal rilievo che l’art. 232 c.p.c. non ricollega, automaticamente, alla mancata risposta all’interrogatorio formale, per quanto ingiustificata, l’effetto della confessione, ma riconosce al giudice soltanto la facoltà di ritenere come ammessi i fatti dedotti con il mezzo istruttorio, purchè concorrano altri elementi di prova;

8.1 la valutazione, ai sensi dell’art. 232 c.p.c., della mancata risposta all’interrogatorio formale rientra, invero, nell’ampia facoltà del giudice di merito di desumere argomenti di prova dal comportamento delle parti nel processo, a norma dell’art. 116 c.p.c. In particolare, il giudice può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell’interrogatorio stesso quando la parte non si presenti a rispondere senza giustificato motivo, valutando ogni altro elemento probatorio, che non deve risultare “ex se” idoneo a fornire la prova del fatto contestato (poichè, in tal caso, sarebbe superflua ogni considerazione circa la mancata risposta all’interrogatorio), ma deve soltanto fornire elementi di giudizio integrativi, idonei a determinare il convincimento del giudice sui fatti dedotti nell’interrogatorio medesimo; l’esercizio di tale potere non può essere censurato in sede di legittimità nè per violazione di legge, nè per vizio di motivazione (cfr. cass. 26.4.2013 n. 10099);

8.2. nella specie, a prescindere dall’assorbente rilievo della mancata riproduzione dei capi di prova oggetto dell’interrogatorio deferito al rappresentante della T2 Italia s.r.l., con riflessi sulla specificità e completezza del motivo di impugnazione, non può non rilevarsi che gli altri elementi probatori esaminati erano stati ritenuti di per sè inidonei a fornire la prova della dedotta subordinazione;

9. infine, deve ritenersi privo di specificità il quarto motivo, che genericamente ritiene configurabile un rapporto di somministrazione, sia pure illegittimo, per effetto di un contratto commerciale asseritamente intercorso, senza la necessaria forma scritta, tra T2 Italia srl e la Vodofone spa (prima Teletu), senza confutare le contrarie osservazioni svolte nella decisione impugnata relative alla esistenza di rapporti contrattuali riconducibili a diverse tipologie contrattuali, anche tra Teletu e Face 2 Face e tra quest’ultima e T2 Italia per la promozione dei prodotti della prima e prospettando, alternativamente, l’esistenza di un appalto non genuino, senza che analoga prospettazione sia rinvenibile nelle difese avanzate nelle fasi di merito;

10. il ricorso va, pertanto, complessivamente respinto;

11. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, in favore di ciascuna delle contro-ricorrenti, nulla dovendo statuirsi nei confronti della T2 Italia, rimasta intimata;

12. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

la Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in favore di ciascuna delle controricorrenti in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2700,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfeitarie in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, citato D.P.R., ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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