Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12486 del 24/06/2020

Cassazione civile sez. lav., 24/06/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 24/06/2020), n.12486

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12622-2016 proposto da:

C.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VICOLO DI PORTA

FURBA, 31, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO GUZZO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TRICOVEF S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CESARE FANI, 98, presso lo

studio dell’avvocato GIUSEPPE NICOLETTI, rappresentata e difesa

dall’avvocato RENATO POTENTE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 196/2015 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 17/11/2015 r.g.n. 6/2015.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. La Corte di appello di Campobasso, con sentenza n. 196/2015, rigettando sia l’appello principale proposto da C.A. , sia l’appello incidentale della società Tricovef s.r.l., confermava la pronuncia del Tribunale di Campobasso che aveva accolto, “per quanto di ragione”, la domanda proposta dalla C..

1.1. La Corte di appello affermava, “molto succintamente e facendo proprie le argomentazioni espresse dal primo giudice nella sentenza de qua, ritenute condivisibili, avendo lo stesso operato una ricostruzione coerente con le risultanze processuali ed il dato normativo e, pertanto, da ritenersi come qui riportate e trascritte” che “non è fondato l’assunto di parte appellante principale relativamente alla illegittimità dell’insufficienza dell’istruttoria espletata”.

1.2. Soggiungeva che “va al riguardo evidenziato che i procuratori delle parti hanno prestato acquiescenza alla limitazione delle prove in primo grado e, pertanto, non possono dolersi nel presente grado perchè vi sarebbe violazione del divieto dello ius novorum”.

1.3. Con riferimento all’appello incidentale proposto dalla Tricovef s.r.l..

affermava che “vanno richiamate… le argomentazioni svolte dal primo giudice della sentenza impugnata, essendo stata operata in siffatto atto una ricostruzione fedele al dato fattuale e normativo, in aderenza alle risultanze processuali correttamente valutate, ragion per cui si reputa sufficiente il richiamo alle stesse, stante l’erroneità di considerazioni aggiuntive”.

1.4. Concludeva che “gli ulteriori motivi di gravame devonsi ritenere assorbiti dalle considerazioni che precedono”.

2. Per la cassazione di tale sentenza C.A. ha proposto ricorso affidato a quattro motivi. Ha resistito Tricovef s.r.l. con controricorso.

3. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia violazione del principio di “imparzialità, congruità e logicità”. Tale motivo viene specificato nei seguenti assunti: 1.1.) “abnormità dei giudizi sull’attendibilità dei testimoni”, come rilevabile dai verbali di udienza del primo grado di giudizio che vengono prodotti e trascritti nelle parti rilevanti; 1.2.) “accertamento del periodo di lavoro al nero”, in quanto per ritenere l’insufficienza della prova il Tribunale aveva ammesso e ritenuto decisive le valutazioni del socio dell’intimata; 1.3.) “violazione di legge e dell’art. 252 c.p.c., comma 2”; 1.4.) “omesso esame di fatti decisivi sull’attendibilità dei testimoni”, in quanto il ricorso in appello era incentrato proprio sulla valutazione delle deposizioni testimoniali; 1.5) “inammissibilità della prova per testi articolata dalla resistente e non specifica contestazione del lavoro irregolare”.

2. Con il secondo motivo si censura “motivazione solo apparente per relationem”. La sentenza di secondo grado non contiene alcun effettivo esame delle censure mosse con il gravame dell’appellante principale, poichè la formula adottata dal giudice di appello nella sua genericità è tale da condurre al rigetto uniforme e automatico di qualsiasi gravame. Essa è priva di riferimenti sostanziali al caso di specie, non essendovi alcun effettiva pronuncia sui motivi di appello concernenti l’erronea valutazione delle deposizioni testimoniali. Si censura la sentenza ai sensi degli artt. 112 e 132 c.p.c., in quanto carente della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione e delle conclusioni delle parti, essendo stata omessa qualsiasi esposizione dello svolgimento dei fatti processuali e degli elementi dell’appello. Si deduce che all’appellante era stato così negato il suo fondamentale diritto, ai sensi degli artt. 24 e 111 Cost., di conoscere i motivi per i quali l’impugnazione e le sue domande erano state rigettate.

3. Con il terzo motivo si denuncia violazione del giudice naturale.

4. Il quarto motivo verte sulla “prova non espletata e non rinnovata”; tale censura si specifica nelle seguenti proposizioni: 4.1) violazione dell’art. 245 c.p.c., comma 1, artt. 257 e 421 c.p.c., in relazione alla riduzione della lista dei testi; 4.2) falsa applicazione e violazione dell’art. 245 c.p.c., comma 2, art. 345 c.p.c., comma 3 e art. 437 c.p.c., comma 2, in relazione al principio di disponibilità delle prove.

5. E’ fondato il secondo motivo, nel cui accoglimento resta assorbito l’esame delle restanti censure.

6. In via generale, va ribadito il principio per cui è nulla, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente, che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame (Cass. n. 27112 del 2018). Più in generale, la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. S.U. n. 22232 del 2016; conf. Cass. n. 13977 del 2019).

6.1. Dunque, se è vero che la sentenza d’appello può essere motivata per relationem alla sentenza di primo grado, occorre pur sempre che il giudice del gravame dia conto delle argomentazioni delle parti e della loro identità con quelle esaminate nella pronuncia impugnata, mentre deve essere cassata la decisione di mera adesione alla decisione di primo grado senza che emerga dalla sentenza di appello che a tale risultato il giudice sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (cfr. Cass. n. 14786 del 2016 e, tra le più recenti, Cass. n. 20883 del 2019 e n. 28139 del 2018).

7. Nel caso in esame, la sentenza non reca la descrizione della vicenda processuale, nè riferisce quale fosse la domanda proposta dalla C.. Neppure si comprende in quali termini tale domanda fosse stata accolta dal primo giudice, sia pure solo in parte (la sentenza si limita a riferire, in parte narrativa, che “con sentenza in data 24.11.2014 il Tribunale di Campobasso accoglieva per quanto di ragione il ricorso proposto da C.A.”).

7.1. Non si comprende quali fossero i motivi di appello svolti dalla odierna ricorrente, nè le conclusioni rassegnate dalla parte in tale sede. La motivazione del provvedimento, a parte il pedissequo rinvio alla sentenza del primo giudice, si risolve nella semplice affermazione di una “acquiescenza” che i difensori avrebbero prestato alla “limitazione delle prove”, affermazione attraverso la quale non è dato comprendere in quali termini essa si ponga in nesso causale con le statuizioni e valutazioni del primo giudice e con le censure svolte nell’atto di appello dalla C..

7.2. La decisione impugnata va dunque cassata per violazione dell’art. 132 c.p.c.. Si designa quale giudice di rinvio la Corte di appello di Campobasso in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Campobasso in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 giugno 2020

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