Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12485 del 21/05/2010

Cassazione civile sez. I, 21/05/2010, (ud. 03/02/2010, dep. 21/05/2010), n.12485

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PROTO Vincenzo – Presidente –

Dott. RORDORF Renato – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.I.F., C.G. (c.f.

(OMISSIS)), CA.GI., D.A., D.

F., quest’ultime due nella qualita’ di eredi di C.

M., elettivamente domiciliate in ROMA, P.LE CLODIO 32, presso

l’avvocato GALLO TIZIANA, che la rapresenta e difende, giusta procura

in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT BANCA S.P.A., nuova denominazione sociale del Credito

Italiano S.p.a. (c.f. (OMISSIS) – P.I. (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA CONDOTTI 91, presso l’avvocato CARABBA TETTAMANTI

FERDINANDO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

PATRIZI FELICE, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

contro

C.E.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4902/2003 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/11/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2010 dal Consigliere Dott. DOGLIOTTI Massimo;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato PATRIZI che ha chiesto il

rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SORRENTINO Federico che ha concluso per l’inammissibilita’, in

subordine per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione, notificata il 03.03 e 15.03.1996, C.M., I.F., G. e Ca.Gi., quali eredi di C.O., convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Roma C.E. e Credito Italiano S.p.a., per sentirli condannare in solido al risarcimento dei danni per l’importo di L. 226.251.661, lamentando che C.E., con il colpevole concorso della Banca, si era indebitamente appropriato del saldo di un “conto” cointestato con C.O.. Costituitosi regolarmente il contraddittorio, C.E. chiedeva il rigetto della domanda, sostenendo che il conto era costituito integralmente da rimesse tratte dal suo patrimonio, il Credito italiano patimenti chiedeva il rigetto della domanda, escludendo ogni responsabilita’ al riguardo.

Il Tribunale di Roma, con sentenza depositata 26.03.1999, condannava i convenuti in solido al pagamento delle somme di spettanza degli attori per l’importo di L. 150.834.440. La sentenza veniva impugnata tanto da C.E. che da Credito italiano S.p.a.. La Corte d’Appello di Roma, con sentenza 16-9 – 20-11-2003, dichiarava il diritto di C.E. alla meta’ della somma costituente il deposito vincolato in questione (pari ad Euro 58.424,62) e condannava C.I.F., G. e Ca.Gi. e le eredi di C.M., D.F., A., An. alla restituzione delle somme verste dalla Banca. Ricorrono per cassazione C.I.F., G., Ca.

G. nonche’ D.A. e F..

Resiste, con controricorso, la Unicredit banca S.p.a., gia’ Credito Italiano S.p.a., che pure ha depositato memoria per l’udienza. Non ha svolto attivita’ difensiva C.E..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con un unico motivo, le ricorrenti lamentano insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata, la’ dove essa ha ritenuto operante la presunzione di uguaglianza delle quote tra i cointestatari del deposito, ai sensi dell’art. 1298 c.c. essendovi obiettiva incertezza sulla proprieta’ delle somme in deposito. Il motivo va rigettato in quanto infondato.

Con motivazione adeguata e non illogica, la sentenza impugnata ha ritenuto che le circostanze dedotte dalle attrici in comparsa conclusionale di primo grado, circa il collocamento a riposo di C.O., con il conseguimento del TFR in periodo prossimo all’apertura del conto, non potevano, come invece affermato dal primo giudice, ritenersi implicitamente riconosciute da C.E. per il solo fatto che nella sua comparsa conclusionale non aveva contestato specificamente l’assunto.

Ne’ puo’ considerarsi contraddittoria la motivazione della sentenza impugnatala dove, a fronte delle affermazioni del C. di essere un benestante imprenditore in Celano, rispetto alle sostanze delle quali poteva disporre la zia C.O., casalinga e priva di reddito, essa precisa che tali deduzioni sono prive di riscontri e allegazioni (cosi’ peraltro come quelle di controparte, contenute nella comparsa conclusionale di primo grado) e che anzi, da visure operate dalla Banca, il C. risultava privo di cespiti utilmente aggredibili. Sulla base di tali argomentazioni, il Giudice a quo giustifica la reiezione dell’appello del C., la’ dove questi chiedeva affermarsi la propria integrale proprieta’ delle somme in deposito, nonche’ l’affermazione dell’operativita’ della presunzione di cui all’art. 1298 c.c..

Ulteriori profili dedotti dalle ricorrenti, la residenza del C. a (OMISSIS) e non (OMISSIS), nonche’ il rifiuto di fornire chiarimenti sulla provenienza delle somme in deposito, costituiscono palesemente profili di fatto, insuscettibili di valutazioni in questa sede. Le spese seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna le ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’, determinate in Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 03 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2010

 

 

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