Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12485 del 08/06/2011

Cassazione civile sez. lav., 08/06/2011, (ud. 12/05/2011, dep. 08/06/2011), n.12485

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE LUCA Michele – Presidente –

Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ZAPPIA Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, LUNGOTEVERE MICHELANGELO

9, presso lo studio dell’avvocato STUDIO TRIFIRO’ &

PARTNERS,

rappresentata e difesa dall’avvocato BERETTA STEFANO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

C.P.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 131/2 006 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 27/05/2006 r.g.n. 206/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12/05/2011 dal Consigliere Dott. PIETRO ZAPPIA;

udito l’Avvocato PAOLO ZUCCHINALI per delega BERETTA STEFANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

Con ricorso al Tribunale, giudice del lavoro, di Brescia, depositato in data 27.6.2003, C.P., assunto dalla società Poste Italiane s.p.a. con diversi contratti a tempo determinato per “esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione e rimodulazione degli assetti occupazionali in corso, in ragione della graduale introduzione di nuovi processi produttivi, di sperimentazione di nuovi servizi ed in attesa dell’attuazione del progressivo e completo equilibrio sul territorio delle risorse umane”, ovvero per sostituzione di lavoratori assenti per ferie, rilevava la illegittimità dell’apposizione del termine ai contratti in questione di talchè, essendo stata l’assunzione illegittima, i contratti si erano convertiti in contratti a tempo indeterminato.

Chiedeva pertanto che, previa dichiarazione di illegittimità del termine apposto, fosse dichiarata l’avvenuta trasformazione dei rapporti di lavoro in rapporto a tempo indeterminato, con condanna della società al risarcimento del danno.

Con sentenza n. 246/04 del 22.3.2004 il Tribunale adito, in parziale accoglimento della domanda, dichiarava la natura a tempo indeterminato dei secondo contratto a termine del 30.3.1999, condannando la società convenuta al ripristino del rapporto ed al pagamento in favore del ricorrente della retribuzione, con accessori.

Avverso tale sentenza proponeva appello la società Poste Italiane s.p.a lamentandone la erroneità sotto diversi profili e chiedendo il rigetto delle domande proposte da controparte con il ricorso introduttivo.

La Corte di Appello di Brescia, con sentenza in data 2.3 / 27.5.2006, nella contumacia dell’appellato, rigettava l’impugnazione.

In particolare la Corte territoriale rilevava che il contratto in questione, stipulato per esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione, non conteneva alcuna indicazione in ordine alla effettiva esistenza di esigenze di carattere straordinario e temporaneo concretamente riferibili alla assunzione predetta.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la Poste Italiane s.p.a con tre motivi di impugnazione.

L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

Col primo motivo di ricorso la società ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in connessione con l’art. 1372 c.c., ex art. 360 c.p.c., n. 3.

In particolare osserva che sebbene avesse rilevato, sia nella memoria difensiva nei giudizio di primo grado che nel ricorso in appello, l’intervenuto scioglimento del rapporto per effetto di mutuo consenso, nessuna statuizione sul punto era stata adottata dalla Corte territoriale nell’impugnata sentenza.

Col secondo motivo di ricorso lamenta contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, ex art. 360 c.p.c., n. 5. In particolare osserva che la Corte territoriale, dopo avere ritenuto che l’accordo sindacale del 25.9.1997 era stato concluso sulla base della delega contenuta nella L. n. 56 del 1987, art. 23 rilevando che quest’ultima norma aveva lasciato “piena autonomia alle parti collettive nella individuazione delle stesse ipotesi”, e dopo aver ritenuto che la pacifica esistenza di un piano di ristrutturazione aziendale di lungo periodo costituiva una legittima causale per la stipulazione di contratti a termine, aveva contraddittoriamente affermato che tale previsione sarebbe invalida qualora non imponesse che ogni assunzione a termine fosse giustificata dalla situazione particolare del singolo ufficio di assegnazione.

Col terzo motivo di ricorso lamenta violazione e falsa applicazione della L. 28 febbraio 1987, n. 56, art. 23 nonchè degli artt. 115 e 116c.p.c. Ed invero la Corte territoriale, dopo aver riconosciuto che il contratto a termine per cui è causa era stato stipulato con riferimento alla previsione dell’art. 8 del CCNL 1994, integrato dall’accordo collettivo 25.9.1997, aveva ritenuto l’illegittimità del contratto in questione sotto il profilo che lo stesso non conteneva alcuna concreta indicazione delle ragioni di stipulazione del termine, sottese alla previsione, astratta e programmatica, dell’accordo collettivo; in tal modo incorrendo in un evidente vizio di violazione e falsa applicazione della normativa legale (L. n. 56 del 1997, art. 23), avuto riguardo alla pienezza della delega conferita dalla L. n. 56 del 1987 e della autonomia delle parti sociali in ordine alla individuazione di ipotesi ulteriori rispetto a quelle legislativamente previste, ed alla conseguente insindacabilità nel merito di tali ipotesi.

Il ricorso è inammissibile.

Osserva il Collegio che ai sensi dell’art. 101 c.p.c. il giudice, salvo che la legge disponga altrimenti, non può statuire sopra alcuna domanda se la parte contro la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa.

Il suddetto principio del contraddittorio, che si collega sul piano costituzionale con il diritto di difesa dichiarato dall’art. 24 Cost., pone al giudice il potere – dovere di controllare d’ufficio l’esistenza e la regolarità della vocatio in ius della parte nei cui confronti è posta la domanda giudiziaria.

Nel caso di specie, essendosi il giudizio di appello svolto nella contumacia dell’appellato, il ricorso per cassazione doveva essere notificato personalmente allo stesso.

Posto ciò rileva il Collegio che dal contenuto della relata di notifica in data 25.5.2007, nei confronti dell’intimato personalmente presso il luogo di residenza, relativa al proposto ricorso per cassazione, risulta che l’Ufficiale giudiziario ha attestato di aver proceduto alla notifica dell’atto a mezzo del servizio postale con raccomandata nella data suddetta.

Ne consegue che, perfezionandosi la notifica nei confronti del destinatario con la ricezione dell’atto, la società ricorrente avrebbe dovuto fornire la prova, mediante deposito dell’avviso di ricevimento, di tale ricezione.

A tale adempimento non ha ottemperato la ricorrente non risultando l’avvenuto deposito di tale avviso di ricevimento, e non riscontrandosene tra l’altro la presenza nel fascicolo.

Da ciò consegue, non risultando la prova dell’avvenuta istaurazione del contraddittorio, che il ricorso proposto va dichiarato inammissibile.

Nessuna statuizione va adottata in materia di spese non avendo l’intimato svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 12 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 8 giugno 2011

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