Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12482 del 16/06/2016


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Cassazione civile sez. II, 16/06/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 16/06/2016), n.12482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2123/2012 proposto da:

N.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA SANT’AGATONE PAPA 50, presso lo studio dell’avvocato

CATERINA MELE, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MAURIZIO FIORE;

– ricorrente –

contro

N.M.T., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAPRANICA 78, presso lo studio dell’avvocato FEDERICO MAZZETTI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANTONINO

BONGIORNO GALLEGRA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 168/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 11/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA;

udito l’Avvocato Mazzetti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SALVATO Luigi, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Chiavari, con sentenza del 20 giugno 2007, nella causa per lo scioglimento di comunione ereditaria promossa con citazione del 3 giugno 2003 dall’attrice N.M.T. nei confronti del convenuto N.M., in relazione ai beni siti in (OMISSIS), disponeva la divisione in due lotti, conformemente al progetto divisorio redatto nella relazione di C.T.U. depositata il 25.5.2006, condannando l’attrice alla corresponsione in favore del convenuto del conguaglio di Euro 1.395,00, mentre compensava tra le parti le spese di lite e ripartiva a metà tra le stesse le spese di C.T.O..

Avverso tale decisione proponeva appello N.M., deducendo essenzialmente; che il primo giudice era incorso in violazione dell’art. 1112 c.c. e art. 112 c.p.c., avendo attribuito beni che erano indivisibili in forza di precedenti accordi tra le parti e per loro natura, nonchè appartenenti pro quota a terzi, senza motivare su tali decisive questioni; che, in particolare, sin dalla costituzione in giudizio, esso convenuto aveva chiesto il rigetto della avversaria domanda divisoria, laddove riferita ai terreni posti in territorio del Comune di (OMISSIS) e catastalmente censiti al Foglio 24, mappali 1009 (striscia di terreno da considerarsi passaggio condominiale comune agli originari condividenti con rogito notaio FERRANDO 4.8.1964), 1010 (strada di accesso a fabbricati che, secondo l’atto notaio GIAMPETRUZZI in data 20.5.1992, doveva restare di uso comune tra i condividenti), 1069 (corte comune dei mappali 1004 e 1005 destinato a restare di uso comune dei condividenti in base all’atto di divisione GIAMPETRUZZI), nonchè ai fabbricati costituenti i mappali 1070 e 1071, indivisibili per espressa volontà delle parti e per la loro natura; – che il Tribunale aveva poi omesso di pronunciarsi sulla domanda di esso convenuto di divisione del terreno mappale 26, solo parzialmente inserito dal c.t.u. del progetto divisorio di cui al supplemento peritale del 23.5.2006; che, mentre esso convenuto sin dalle prime difese aveva in via principale chiesto l’attribuzione in natura dei beni utilizzati in forza della scrittura privata 12.5.1992, il Tribunale sulla questione aveva immotivatamente aderito alla tesi dell’attrice, negando ogni rilevanza a detta scrittura contrattuale inter partes e non tenendo canto delle addizioni e dei miglioramenti apportati da esso N.M. ai beni posseduti conformemente a detta scrittura; che la sentenza del Tribunale non aveva poi preso in considerazione e confutato le specifiche critiche mosse da esso convenuto e dal suo c.t.p. al progetto divisorio contenuto nella C.T.U., osservazioni che giustificavano una rinnovazione della C.T.U. N.M. chiedeva quindi, in riforma della sentenza di primo grado e previa rinnovazione della C.T.U., di procedersi alla divisione secondo i criteri indicati ed escludendo dalla divisione i sopra specificati mappali.

L’appellata N.M.T. chiedeva il rigetto dell’appello avversario e, in via di appello incidentale, la condanna di N. M. al rimborso delle spese del primo grado di giudizio, nonchè al risarcimento dei danni per temerarietà di lite.

Con sentenza n. 168 dell’11 febbraio 2011 la Corte d’Appello di Genova rigettava l’appello principale di N.M. e accoglieva parzialmente l’appello incidentale di N.M.T., dichiarando compensate solo per la metà le spese processuali di primo grado.

N.M. ha proposto ricorso articolato in unico motivo, cui resiste con controricorso N.M.T..

Ricorrente e controricorrente hanno presentato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., rispettivamente in data 19 maggio 2016 e 13 maggio 2016.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’unico motivo di ricorso denuncia omessa insufficiente e contraddittoria motivazione quanto al quarto motivo d’appello formulato avverso la sentenza del Tribunale, circa la mancata considerazione delle specifiche e motivate osservazioni critiche mosse dal convenuto N.M. e dal suo CTP al progetto divisorio predisposto dal CTU. Ci si riferisce alla memoria tecnica del 15 giugno 2006 che N.M. depositò il 23 giugno 2006 avverso il progetto di divisione del 23 maggio 2006. Ivi si segnalavano: il decremento di valore subito dall’appartamento di proprietà del ricorrente sito nel mappale 25 a seguito dell’assegnazione di tutta l’area di parcheggio a N.M. T.; le potenzialità edificatorie della porzione del lotto mappale 1207 assegnata a N.M.T.; l’incremento di valore del fabbricato in mappale 1071; il maggior valore delle aree a parcheggio assegnate a N.M.T.; gli oneri a carico di N.M. per la sistemazione del terreno in mappale 1207;

l’irrealizzabilità della demolizione e dell’accorpamento del mappale 1070 al fabbricato in mappale 25. Si continua richiamando quanto denunciato con l’atto d’appello circa il grave squilibrio fra le parti che il progetto di divisione arrecava con riguardo all’attribuzione dei parcheggi. In ordine alla porzione del mappale 1027, si rammenta come fosse stata prospettata la maggiore opportunità e minore gravosità del riconoscimento della natura comune, invece che dell’attribuzione N.M.T.. Il ricorrente contesta che, a fronte di tali rilievi, la Corte di Genova si sia limitata ad affermazioni generiche e contraddittorie; pone in risalto come egli si fosse limitato a chiedere ai giudici di “tener conto” dell’uso dei beni comuni praticato dal 1992 in forza dell’accordo intercorso tra i comunisti.

Il ricorrente afferma quindi: “La Corte avrebbe dovuto indicare il motivo per cui ha ritenuto di assegnare tutti e quattro i posti auto alla signora N.M.T., che è pensionata, e nessuno a N.M., i cui immobili vengono utilizzati per lo svolgimento dell’attività di maneggio e il circolo ippico; avrebbe dovuto verificare se sia vero o no che l’accorpamento del mapp. 1070 suddiviso in due parti uguali al fabbricato mapp. 25 disposto dal C.T.U. (lotto 1 n 3 supplemento peritale 23 maggio 2006 depositato nel fascicolo di primo grado) non è in concreto effettuabile nè urbanisticamente, vietando gli strumenti edilizi locali il trasporto di volumi, nè civilmente, in carenza di assenso del terzo comproprietario dell’appartamento posto nel fabbricato. Avrebbe dovuto rispondere alle ulteriori osservazioni procedendo a una valutazione comparativa delle opposte opinioni ovvero disporre una nuova consulenza sulle questioni insorte, certamente non limitarsi ad affermare apoditticamente che le doglianze sarebbero concettualmente infondate”. Si evidenzia infine anche l’immotivato rifiuto di rinnovazione della CTU. Ora, a fronte delle censure sul difetto di motivazione della sentenza impugnata, va qui affermato come la Corte di Genova nella sua sentenza abbia affermato:

1)quanto ai mappali 1069, 1070 e 1071 (ricompresi dal c.t.u. nel lotto attribuito a N.M.T.) che il c.t.u. avesse dichiaratamente cercato di predispone un assetto divisorio idoneo ad assicurare condizioni di “buon vicinato” ed a rispettare, per quanto possibile, la soluzione provvisoria di godimento separato delle cose rimaste comuni pattuita dalle parti contemporaneamente alla divisione parziale del 12.5.1992;

2) che, con riguardo a detta soluzione provvisoria pattuita dalle parti, N.M. non potesse fondatamente pretendere che la divisione giudiziale vi si conformasse esattamente, attese le finalità di tale convenzione e le diverse esigenze da soddisfare in presenza di beni che rimanevano in comune ed indivisi;

3) che non meritavano perciò ulteriore risposta le osservazioni critiche mosse dall’originario convenuto e dal suo c.t.p. al progetto divisorio del c.t.u., per la non perfetta coincidenza di questa con la soluzione provvisoria di godimento separato tra comunisti concordata dalle parti nel maggio 1992;

4) che l’adozione da parte del Tribunale del progetto divisorio predisposto con la relazione del 25.5.2006 comportava logicamente il superamento delle osservazioni critiche dell’originario convenuto alla C.T.U. e, dunque, non rendevano ravvisabile un vizio di motivazione;

5) che il progetto divisorio redatto dal CTU risultava equilibrato, in quanto “ispirato dalla finalità di assicurare una razionale ed il più possibile egualitaria (la diseguaglianza tra i due lotti era pari ad Euro 2.790,00) ripartizione in due lotti del compendio immobiliare comune, e teso a non sovvertire radicalmente la situazione di fatto (e di godimento provvisorio separato) provvisoriamente concordata nel 1992 dagli odierni condividenti.

Alle censure mosse dal ricorrente deve, allora, replicarsi, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, che il contenuto del diritto dei condividendi ad una porzione di beni immobili comuni, qualitativamente omogenea all’intero, consiste nella proporzionale divisione degli immobili considerati nel genere e non in un frazionamento quotistico delle singole entità immobiliari (fabbricati, terreni, ecc.) comprese nella massa da dividere, sicchè non è sindacabile in sede di legittimità la decisione con cui il giudice di merito abbia ritenuto che taluni dei beni immobili oggetto di comunione possano essere assegnati per l’intero ad una quota ed altri, sebbene aventi caratteristiche diverse, invece ad altra quota, stimando comunque omogenee tra loro le quote stesse quanto al valore dei singoli cespiti, come attestato dall’esiguità dei conguagli, in relazione al valore dell’intero asse (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27405 del 06/12/2013). Pertanto, nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, nel patrimonio comune vi siano più immobili da dividere, spetta al giudice del merito accertare se il diritto del condividente ad una porzione in natura dei beni in comunione sia meglio soddisfatto attraverso il frazionamento delle singole entità immobiliari oppure attraverso l’assegnazione di interi immobili ad ogni condividente, salvo conguaglio. Non è quindi decisivo rimarcare che tutti e quattro i posti auto compresi nella massa siano stati assegnati a N.M.T., in quanto l’indicato diritto non osta alla formazione di porzioni che contengano rispettivamente solo cespiti provvisti o sprovvisti di posti auto, salvo l’incidenza di tale qualità al diverso fine della determinazione del valore. Nè, in tema di scioglimento delle comunioni e formazione delle porzioni dei condividenti, assumono rilievo le esigenze della programmazione del territorio in ragione del possibile contrasto del frazionamento del fondo con gli strumenti edilizi, non essendo l’amministrazione vincolata o condizionata dalle situazione di dominio dei suoli (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8743 del 16/08/1993). D’altro canto, quanto allo scioglimento della comunione relativa a immobili comodamente divisibili, il giudice di merito gode di un’ampia discrezionalità nell’esercizio del potere di attribuzione delle porzioni ai condividenti, salvo l’obbligo di darne conto in motivazione;

nell’esercizio di tale potere discrezionale, egli può considerare anche gli interessi individuali delle parti aventi ad oggetto beni estranei alla comunione – confrontandoli con gli altri interessi rilevanti nella specie – allo scopo di compiere la scelta più appropriata (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21319 del 15/10/2010). Circa, invece, l’esercizio del potere di attribuzione di immobile ritenuto non comodamente divisibile, il giudice non trova alcun limite nelle disposizioni dettate dall’art. 720 c.c., da cui gli deriva, al contrario, un potere prettamente discrezionale nella scelta del condividente cui assegnarlo, potere che trova il suo temperamento esclusivamente nell’obbligo di indicare i motivi in base ai quali abbia ritenuto di dover dare la preferenza all’uno piuttosto che all’altro degli aspiranti all’assegnazione (così esaminando i contrapposti interessi dei condividenti in proposito), e si risolve in un tipico apprezzamento di fatto, sottratto come tale al sindacato di legittimità, a condizione che sia adeguatamente e logicamente motivato, potendo essere oggetto di controllo in questa sede soltanto la logicità intrinseca e la sufficienza del ragionamento operato dal giudice di merito (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 11641 del 13/05/2010).

Lo stesso principio stabilito dall’art. 727 c.p.c., in virtù del quale nello scioglimento della comunione il giudice deve formare lotti comprensivi di eguali quantità di beni mobili, immobili e crediti, non ha natura assoluta e vincolante, ma costituisce un mero criterio di massima. Ne consegue che resta in facoltà del giudice della divisione formare i lotti anche in maniera diversa, là dove ritenga che l’interesse dei condividenti sia meglio soddisfatto attraverso l’attribuzione di un intero immobile, piuttosto che attraverso il suo frazionamento, ed il relativo giudizio è incensurabile in cassazione, se adeguatamente motivato (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 16219 del 16/06/2008).

Deve pure affermarsi che il mancato esame dell’istanza di rinnovazione della consulenza tecnica, al fine di predispone un altro progetto di divisione, e della richiesta di adozione di un diverso progetto, non è di per sè idoneo a determinare il vizio di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, qualora il giudice di merito abbia adottato il progetto predisposto dal consulente tecnico d’ufficio, dopo di avere esaminato e confutato le critiche ad esso rivolte dalle parti, dovendo la motivazione del rigetto delle deduzioni non esaminate ritenersi implicita nella contraria decisione adottata (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1559 del 18/05/1968). Il giudice di merito non è tenuto, neppure a fronte di un’esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice stesso, sicchè non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto.

Consegue il rigetto del ricorso. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, vengono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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