Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12480 del 17/06/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 12480 Anno 2015
Presidente: BIANCHINI BRUNO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

ORDINANZA
sul ricorso 27996-2013 proposto da:
L’ELITE SRL 03401000231, in persona del legale rappresentante ed
Amministratore Unico, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
BUCCARI 3, presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO PROIETTI,
che la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro
BELLOTTI ANNAMARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
GERMANICO 168, presso lo studio dell’avvocato LUCA
TANTALO, che la rappresenta e difende giusta mandato a margine del
controricorso;

controricorrente

avyrso la sentenza n. 7698/2013 del TRIBUNALE di MILANO,
de’positata il 31/05/2013;

Q2,1

Data pubblicazione: 17/06/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
21/05/2015 dal Relatore Dott. BRUNO BIANCHINI;
udito l’Avvocato Fabrizio Proietti difensore della ricorrente che ha

chiesto l’ammissibilità del ricorso. ,

Ric. 2013 n. 27996 sez. M2 – ud. 21-05-2015
-2-

PREMESSO
che — la srl Elite ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 7698/2013 del
Tribunale di Milano con la quale è stata riformata la pronuncia del Giudice di Pace di
Milano di accoglimento della opposizione dalla medesima proposta avverso il decreto
ingiuntivo notificatole su ricorso di Annamaria Bellotti che così aveva inteso far valere
un credito di euro 2070 per prestazioni professionali — consulenza grafologica- rese, in

che la società Elite espone che l’ingiunzione di pagare euro 2070,00 fu oggetto di
opposizione per due motivi: a — perché l’obbligazione era stata già estinta, mediante
versamento della somma richiesta unilateralmente dalla Bellotti ( euro 1.470 + 1.560:
rispettivamente: per il primo incarico e per le controdeduzioni alle conclusioni del CTU)
, detratto un acconto di curo 1.800 già versato; b — perché il “parere di congruità” a
corredo del ricorso per ingiunzione, era stato rilasciato da un organismo ( Collegio
lombardo periti ed esperti) non ricompreso in uno di quelli previsti dal decreto
legislativo luogotenenziale 383/1944;
che il Giudice di Pace aveva accolto la opposizione ritenendo non giustificata la maggior
somma — rispetto a quella portata da precedenti fatture- richiesta dalla professionista;
Che il Tribunale di Milano, decidendo sull’appello della Bellotti con sentenza emessa a’
sensi dell’art. 281 s”1″ cpc ( mancante di ogni descrizione dei fatti di causa e dei motivi di
gravame), era andato invece di contrario avviso assumendo: che la materia del
contendere sarebbe stata limitata all’accertamento se dovesse essere computato a titolo
di corrispettivo l’acconto di euro 1.800,00 , fatturato dalla Bellotti a titolo di “fondo
spese”; che in senso negativo deponeva la espressa imputazione contabile a tal titolo;
che la somma ingiunta trovava riscontro nel parere dell’ordine professionale il quale, pur
non essendo di per sé vincolante, tuttavia era idoneo a fornire una presunzione di
congruità tra quanto esposto come esecuzione di incarico e quanto richiesto a titolo di
corrispettivo;.
che la sentenza di appello viene ad essere censurata sotto tre profili: con il primo è
denunciata la sussistenza di un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che
avrebbe formato oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dalla esistenza di un

qualità di consulente di parte, nell’ambito di separato procedimento;

accordo circa la determinazione del corrispettivo ; con il secondo -strettamente
connesso al primo, di cui costituisce sviluppo argomentativo- si assume la violazione
dell’art. 115 cpc e 2233 cod. civ., per esser stato determinato giudizialmente il
compenso, pur in presenza di un accordo tra le parti; con il terzo, viene censurata la
violazione degli artt. 115, 116, 636 cpc; art 12 preleggi; dell’art. 2729 cod. civ. e dell’art.
1d.lgs ltn. 382/1944 , per aver, il Tribunale, attribuito valore di parere di congruità ad un

cheè stata depositata e ritualmente notificata alle parti relazione ex art 380 bh cpc ,
contenente le seguenti considerazioni:
1 “Ritiene il relatore che il ricorso difetti di specificità — nell’ accezione della
autosufficienza- non riportando: il tenore del ricorso per ingiunzione; le difese svolte
in sede di opposizione né la comparsa di risposta in appello né tampoco il contenuto
dei vari documenti contabili oggetto di diversa interpretazione.
2 Invero solo attraverso l’analisi critica delle difese svolte dalle parti si potrebbe
innanzi tutto inquadrare l’affermazione , contenuta nella sentenza del Tribunale,
secondo la quale la res controversa sarebbe costituita dalla computabilità a titolo di
“fondo spese” e non invece di acconto, dell’importo di euro 1.800 e solo attraverso
l’analisi delle difese svolte in sede di opposizione si sarebbe potuto dare un
significato all’argomentazione, pure richiamata nel ricorso, secondo la quale
l’opposizione sarebbe stata ferma nel dichiarare la estinzione dell’obbligazione; in
secondo luogo l’analisi dei documenti contabili — messa in relazione con le
argomentazioni svolte dalle parti- avrebbe consentito, nella presente sede , di
valutare l’affermazione che vi sarebbe stato un accordo ( risultante da una
determinazione unilaterale della professionista, accettata dal ricorrente) sulla misura
del corrispettivo e se in esso fosse stato compreso anche l’importo delle spese
pretesamente sostenute , alla luce del quale si sarebbero potute inquadrare le
intestazioni delle fatture.
3 Non può dunque dirsi validamente censurato il percorso argomentativo del giudice
dell’appello in mancanza del medium conrparationis rappresentato dalle emergenze
negoziali e processuali che si assumono neglette; ne consegue la non decisività

ente privato privo di potestà regolamentare

dell’erroneità dell’affermazione del Tribunale, -censurata, a ragione, con il terzo
motivo — atteso che il Collegio regionale dei periti ed esperti, per il suo carattere
comprensivo di varie professionalità, si poneva come associazione priva di quei
poteri ordinamentali e di accertamento che invece sono riconosciuti agli Ordini ed ai
Collegi indicati nell’art. 1 del decreto legislativo luogotenenziale n. 382/1944 — dal
momento che essa rivestiva un rilievo sub valente rispetto alla sopra indicata
valutazione della non ricomprensione della somma fatturata come anticipo spese,
negli importi versati a titolo di compenso.
4 Appare infine rilevante, a giudizio del relatore, osservare che il ricomprenderc o
meno il fondo spese nella somma da versare presupponeva pur sempre il
riconoscimento che tra le parti fosse intervenuto un accordo sul compenso
professionale , risolvendosi allora la censura in una non condivisione dei termini — in
questa sede non potuti delibare per quanto sopra osservato — in cui esso si sarebbe
posto.
5 Ritiene dunque il relatore che il ricorso possa esser trattato in camera di consiglio”
RITENUTO
che le considerazioni sopra esposte sono condivisibili né la parte, all’adunanza camerale,
ha addotto argomenti critici alla suestesa relazione , tali da porne in dubbio la coerenza
logica ed argomentativa;
che pertanto il ricorso va rigettato, con onere di spese sulla parte soccombente, secondo
la liquidazione indicata in dispositivo;
che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso , a norma del
comma 1 bis dell’art 13 del d.P.R. 115 del 2002

P.Q.M.
La Corte
Rigetta il ricorso e condanna la società ricorrente al pagamento delle spese di lite che
liquida in euro 1.200,00 di cui 200,00 per esborsi; ai sensi dell’art. 13, comma 1 ga”ter del
d.P.R. n. 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della

e

medesima ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello
dovuto per il ricorso , a norma del comma 1 6′ dello stesso art 13.
Così deciso il 21 maggio 2015 nella camera di consiglio della sezione VI-2 della

Cassazione

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