Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1248 del 22/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 1248 Anno 2014
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: SAMBITO MARIA GIOVANNA C.

SENTENZA

sul ricorso 13412-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3224

ALBERTARIO GIOVANNI;
– intimato –

sul ricorso 16931-2008 proposto da:
ALBERTARIO GIOVANNI, elettivamente domiciliato in
ROMA VIA DELLE BALENIERE 98, presso lo studio

Data pubblicazione: 22/01/2014

dell’avvocato BOSCHETTI GIULIANO, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato RIVELLESE NICOLA
giusta delega a margine;
– controri corrente e ricorrente incidentale contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

avverso la sentenza n. 217/2007 della COMM.TRIB.REG.
di ROMA, depositata il 18/02/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/11/2013 dal Consigliere Dott. MARIA
GIOVANNA C. SAMBITO;
udito per il ricorrente l’Avvocato URBANI NERI che si
riporta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale, assorbito
l’incidentale.

– intimato –

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Giovanni Albertario ha impugnato l’avviso di rettifica del
valore di un terreno edificabile, da lui venduto nel 2001,

di decadenza di cui all’art 76, co 1 bis, del dPR n. 131 del 1986,
la sua illegittimità, per difetto di motivazione, e l’infondatezza
nel merito della rettifica. I giudici aditi hanno accolto il ricorso e
la decisione è stata confermata, con sentenza n. 217/28/07,
depositata il 18 febbraio 2008, dalla CTR del Lazio, che, dopo
aver affermato la tempestività della notifica, per effetto della
proroga dei termini di cui all’art. 11 della 1 n. 289 del 2002, ha
ritenuto che l’accertamento era nullo, per violazione degli artt. 7
dello Statuto del contribuente e 51, co 3, del dPR n. 131 del
1986.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per la
cassazione della sentenza con quattro motivi. Il contribuente
resiste con controricorso, con cui ha proposto ricorso incidentale
condizionato, ed ha successivamente depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Va, anzitutto, disattesa l’eccezione d’inammissibilità del
ricorso, sollevata dal controricorrente, tenuto conto del principio
espresso da questa Corte, secondo cui stante la rappresentanza
legale dell’Agenzia delle Entrate in capo al suo direttore generale
ed il difetto di personalità giuridica delle rispettive articolazioni
territoriali, non occorre necessariamente indicare nel ricorso per

i

lamentando la tardività dell’atto, perché notificato oltre i termini

cassazione il nome della persona fisica preposta a tale carica, che
è, per tale ragione, individuato, in modo incontrovertibile, ai
sensi degli artt. 67 e 68 del d.lgs. n. 300 del 1999, quale unico

questa Corte (cfr. da ultimo Cass. n. 5875 del 2013).
2. Va, ancora, disattesa l’eccezione d’inammissibilità del
ricorso per carenza d’interesse, tenuto conto che le statuizioni
della sentenza d’appello sono state, tutte, impugnate e che sono
inammissibili in sede di legittimità censure che non siano dirette
contro la sentenza di appello, ma riguardino questioni sulle quali
questa non si è pronunciata ritenendole assorbite (nella specie la
contestazione relativa alla fondatezza della rettifica), atteso che
le stesse, in caso di accoglimento del ricorso per cassazione,
possono essere nuovamente riproposte al giudice di rinvio (Cass.
n. 8817 del 2012).
3. L’eccezione di giudicato, sollevata dal controricorrente
in seno alla memoria, in riferimento all’ordinanza n. 23373 del
2011 emessa da questa Corte nel giudizio avverso il medesimo
avviso d’accertamento, promosso dalla Società compratrice, è
infondata: l’invocata ordinanza, com’è evidente dal suo esame,
ha ritenuto inammissibili i primi tre motivi, ed ha cassato con
rinvio la sentenza in accoglimento del vizio di motivazione
(superficiale esame della stima dell’UTE allegata alla rettifica)
denunciato col quarto motivo, di tal chè non può dirsi
intervenuto alcun giudicato sull’infondatezza della rettifica del

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rappresentante autorizzato “ex lege” a stare in giudizio davanti a

valore finale, che costituisce proprio l’oggetto del disposto
giudizio di rinvio.
4. Con i primi due motivi, la ricorrente deduce,

applicazione dell’art. 7 della 1 n. 212 del 2000, in relazione
all’art 360, 1° co, nn. 5 e 3 cpc, per avere la CTR affermato la
nullità dell’avviso di rettifica per la mancata allegazione di atti in
esso richiamati, senza considerare che la ricostruzione del
maggior valore ‘s era stata fondata su una stima dell’UTE, che
era stata allegata. 5. I motivi, che, per la loro connessione, vanno
congiuntamente esaminati, sono fondati. 6. Premesso, anzitutto,
che, come riferisce la ricorrente ed è confermato nel
controricorso, all’avviso impugnato è stata allegata la stima
dell’UTE, sulla quale l’atto si fondava, che, a sua volta,
richiamava tre precedenti valutazioni, che non sono state
allegate, va osservato che, secondo la condivisibile
giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 26683 del 2009; n.
22118 del 2010; n. 7654 del 2012), la disposizione di cui all’art.
7, co 1, ultimo periodo dello Statuto del contribuente, secondo
cui “se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto,
questo deve essere allegato all’atto che lo richiama” va intesa nel
senso tale “altro atto” deve essere individuato, solo, in quello al
quale “nella motivazione si fa riferimento”, ossia in quello dal
quale quello impositivo dipende “strutturalmente” (cfr. Cass. n.
729 del 2010). 7. In conseguenza, il requisito motivazionale

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rispettivamente, vizio di motivazione e violazione e falsa

della rettifica risulta soddisfatto con l’allegazione della stima
dell’UTE -che costituisce, da sola, idoneo elemento di
valutazione ex art. 51, co 3, del dPR n. 131 del 1986- senza che

occorrendo, in proposito, distinguere tra i requisiti di validità
dell’atto impositivo riferiti alla motivazione -ai cui fini è
sufficiente l’enunciazione del “petitum” da parte dell’Ufficio e
l’indicazione delle relative ragioni in termini idonei a consentire
il pieno esercizio del diritto di difesa (cfr. Cass. n. 9582 del
2013)- e la fondatezza della pretesa fiscale la cui prova, in caso
d’impugnazione, grava sull’Ufficio e va data in giudizio. 8. Tale
distinzione è coerente con la natura del processo tributario, che
non è annoverabile tra quelli di “impugnazione-annullamento”,
ma tra quelli di “impugnazione-merito”, in quanto non è diretto
alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla
pronuncia di una decisione di merito sostitutiva
dell’accertamento dell’ufficio (Cass. n. 6918 del 2013).
8. Il terzo ed il quarto motivo, con cui si deduce, ex art
360, 1° co, n. 3 e n. 5 cpc: a) la violazione e falsa applicazione
degli artt. 7, co 1 e 22 del d.lgs, n. 546 del 1992 per non avere la
CTR ritenuto di acquisire gli atti richiamati nella stima
dell’UTE, e b) per aver incongruamente affermato che le
valutazioni richiamate erano antecedenti al triennio restano, in
conseguenza, assorbite, attenendo tali questioni al merito della
pretesa.

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fosse necessaria l’allegazione anche degli atti in essa richiamati,

9. L’accoglimento dei primi due motivi comporta la
cassazione della sentenza e rende attuale l’interesse del
controricorrente all’esame del ricoso incidentale condizionato.

360, 1° co, n. 3 cpc, la violazione e falsa applicazione degli artt
3, co 3, della 1 n. 212 del 2000 e 76 co ibis del dPR n. 131 del
1986 sottopone alla Corte il seguente quesito di diritto: “accerti e
verifichi la Corte di Cassazione se la proroga dei termini di cui
all’art 76, comma ibis Dpr 131/1986, operata dall’art 11 L.
289/2002, sia contraria ai principi di cui allo Statuto del
contribuente e, in particolare alla norma di cui all’art 3, comma
3, L 212/2000, con conseguente necessità di sua
disapplicazione”. 11. A tale quesito va data risposta negativa. La
proroga di due anni dei termini per la rettifica e la liquidazione
della maggiore imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle
successioni e donazioni e sull’incremento dì valore degli
immobili, prevista dall’art. 11, comma 1, della 1. 289 del 2002
non è preclusa dalle disposizioni dello Statuto del contribuente,
in quanto tali norme costituiscono, bensì, criteri guida per il
giudice, in sede di applicazione ed interpretazione delle norme
tributarie (anche anteriormente vigenti), per risolvere eventuali
dubbi ermeneutici (cfr., ex plurimis, Cass. nn. 17576 del 2002,
7080 del 2004, 9407 del 2005), ma non hanno, nella gerarchia
delle fonti, rango superiore alla legge ordinaria, tanto che ne è
ammessa la modifica o la deroga, purché espressa, proprio come

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10. Con questo, il contribuente deducendo, in relazione all’art.

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nella specie, e non ad opera di leggi speciali. Ne consegue che la
chiesta disapplicazione non potrebbe disporsi neppure se
ricorresse la diversa ipotesi di norma contrastante con le

(cfr. Cass. n. 8254/2009).
12. In conclusione, la sentenza va cassata in relazione ai
motivi accolti, con rinvio ad altra sezione della CTR del Lazio,
che provvederà, anche, a liquidare le spese del presente giudizio
di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, accoglie il primo ed il secondo
motivo del ricorso principale, assorbiti terzo e quarto, rigetta il
ricorso incidentale, cassa e rinvia, anche per le spese, ad altra
sezione della CTR del Lazio.
Così deciso in Roma, il 20 novembre 2013/
Il Consigliere estensore

Il P i .ident

disposizioni dello Statuto, in assenza delle predette condizioni

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