Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1248 del 21/01/2020

Cassazione civile sez. trib., 21/01/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 21/01/2020), n.1248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5068/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi 12, presso

l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.C., difesa e rappresentata, per procura speciale in

atti, dall’Avv. La Penna Maria Vittoria con studio in Latina, via

Monti, n. 18, sc. B, domiciliata presso la Cancelleria della Corte

di Cassazione Roma;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Lazio-sezione staccata di Latina, n. 309/39/12, depositata in data

28 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 novembre

2019 dal Consigliere Dott. Cataldi Michele.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. L’Agenzia delle Entrate, annullando e contestualmente sostituendo un precedente avviso, ha emesso accertamento, relativo all’anno d’imposta 2004, nei confronti di T.C., recuperando gli utili che le avrebbe presuntivamente distribuito la I.C.E.M. s.r.l., al cui capitale sociale la stessa contribuente partecipava nella misura dell’ottanta per cento.

2. La contribuente ha impugnato l’accertamento innanzi la Commissione tributaria provinciale di Latina, lamentando che l’atto impositivo avesse il medesimo contenuto di quello già emesso dall’ufficio ed impugnato dalla stessa contribuente, essendosi l’Amministrazione limitata ad emendare, in autotutela, il nuovo accertamento dai vizi del primo, che ne avevano determinato l’originaria impugnazione.

Riteneva la contribuente che l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva fosse precluso dalla contemporanea pendenza dell’impugnazione avverso l’atto sostituito, solo successivamente definita con decreto presidenziale che dichiarava cessata la materia del contendere.

L’adita CTP ha rigettato il ricorso.

3.La contribuente ha quindi proposto appello avverso la sentenza di primo grado, e l’adita Commissione tributaria regionale del Lazio-sezione staccata di Latina, con la sentenza n. 309/39/12, depositata in data 28 giugno 2012, lo ha accolto.

La CTR ha infatti ritenuto che l’esercizio del potere di autotutela sostitutiva, di per sè legittimo, risultasse, nei caso di specie, precluso dalla circostanza che l’Ufficio aveva emesso il secondo atto solo dopo che era stato impugnato dalla contribuente il primo.

Inoltre, secondo il giudice d’appello, l’Amministrazione aveva pregiudicato il diritto di difesa della contribuente, poichè non aveva preavvertito quest’ultima dell’annullamento in autotutela del primo accertamento.

Infine, la CTR rilevava che, avendo la contribuente impugnato anche il nuovo accertamento, i due giudizi avrebbero essere dovuto essere riuniti, ma ciò non era avvenuto, atteso che il primo era stato definito con il decreto presidenziale che aveva dichiarato cessata la materia del contendere.

4.L’Ufficio propone ora ricorso, affidato a cinque motivi, per la cassazione della sentenza d’appello.

5. La contribuente ha depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo, l’Ufficio ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 29 e 46, e dei principi generali in tema di natura impugnatoria del processo tributario.

2. Con il secondo motivo, l’Ufficio ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.L. 30 settembre 1994, n. 564, art. 2-quater, convertito dalla L. 30 novembre 1994, n. 656 e del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, artt. 42 e 43, in relazione all’esercizio del potere di autotutela.

3.Con i terzo motivo, l’Ufficio ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il giudizio, costituito dalla circostanza che il secondo accertamento conteneva nella motivazione la premessa che esso annullava e sostituiva quello precedente, già notificato alla medesima contribuente. Pertanto, la notifica dell’atto sostitutivo era idonea a rendere edotta la contribuente dell’esercizio del potere di autotutela da parte dell’ufficio.

4.Con il quarto motivo, l’Ufficio ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 24 Cost.; del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 42; dell’art. 101 c.p.c.; nonchè dei principi desumibili dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 18 e ss. in tema di natura impugnatoria del processo tributario.

5. Con il quinto motivo, l’Ufficio ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 27 e 28, e degli artt. 159 e 161 c.p.c., rilevando che ogni eventuale vizio del giudizio àv%’ersc) l’accertamento sostituito, concluso cor.1 il Gi c.c.reto presidenziale che ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, avrebbe dovuto essere oggetto dell’apposito rimedio di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 28, e comunque non potrebbe riverberarsi nè sull’atto di accertamento sostitutivo, nè sul giudizio d’impugnazione avverso quest’ultimo, del tutto autonomo.

6.1 motivi rappresentano in maniera sommaria, ma adeguata, i fatti di causa (peraltro sostanzialmente incontestati), il contenuto delle censure ed i parametri normativi dei vizi denunciati, e sono quindi autosufficienti ed ammissibili, per cui va respinta la relativa eccezione d’inammissibilità sollevata dalla controricorrente.

Tanto premesso, per la loro stretta connessione, tutti i motivi vanno trattati congiuntamente.

Il ricorso è fondato.

Infatti, costituisce un principio consolidato, già espresso da questa Corte, che ” Il potere di autotutela cd. sostitutiva – in forza del quale l’Amministrazione può annullare l’atto illegittimo e sostituirlo con un altro di contenuto sostanzialmente identico, ma privo dei vizi originari – può essè e e-sei ci lato, ai sensi del D.L. n. 564 dei 1994, art. 2-quater, conv. in L. n. 656 del 1994, anche durante il giudizio di impugnazione proposto contro detto atto, trovando il suo fondamento nel cd. “principio di perennità” della potestà amministrativa, che; tuttavia, incontra i limiti dell’eventuale giudicato sul merito dell’impugnazione dell’atto, del decorso del termine di decadenza per l’attività di accertamento o riscossione e del diritto di difesa del contribuente.” (Cass. 20/03/2019, n. 7751; conformi Cass. 08/10/2019, n. 25055 e Cass. 21/03/2018, n. 7033, ex plurimis).

Premessa quindi la legittimità, in genere, dell’esercizio, da parte dell’Amministrazione, dell’autotutela sostitutiva anche quando l’atto sostituito è impugnato, deve darsi atto che, nel caso di specie, non risultano eccepiti, quale impedimento all’esplicarsi di tale potere, nè la sussistenza di un giudicato sul merito dell’impugnazione dell’atto sostituito; nè il decorso, al momento dell’emissione dell’atto sostitutivo, del termine di decadenza per l’attività di accertamento in questione.

Quanto poi alla pretesa violazione del diritto di difesa della contribuente, va premesso (in conformità alla citata Cass. 20/03/2019, n. 7751, in motivazione) che lo stesso D.L. n. 564 del 1994, art. 2-quater consente che il potere di ritirare l’atto possa essere esercitato anche in pendenza dell’impugnazione di quest’ultimo, per cui non esiste un diritto del contribuente alla cristallizzazione della materia dei contendere (anche perchè l’Amministrazione non ha ii potere di rinunciare all’azione volta al recupero del credito erariale: Cass. n. 23675/2018).

Tanto premesso, il diritto di difesa della contribuente può quindi esplicarsi senza pregiudizio attraverso l’impugnazione dell’atto sostitutivo, come è infatti accaduto nel caso di specie.

Pertanto, la questione della plurima emanazione di atti d’imposizione non si pone in contrasto con i principi di imparzialità o di buon andamento dell’azione amministrativa, o del giusto processo, o della buona fede nei rapporti col contribuente, o dell’eccesso di potere, potendo al più, eventualmente, rilevare ai fini del regolamento delle spese di lite del giudizio di merito – una volta dichiarata la cessazione della materia del contendere nel procedimento concernente l’atto annullato in autotutela – secondo il criterio della soccombenza virtuale (così la citata Cass. 20/03/2019, n. 7751, in motivazione).

Deve poi aggiungersi, con specifico riferimento al caso sub iudice, che nessuna violazione del diritto di difesa della contribuente nel giudizio avverso l’atto sostituito (ovvero nel procedimento che si è concluso con la sentenza qui impugnata, unico che interessa in questa sede) può ricondursi all’asserita mancata comunicazione alla contribuente del ritiro e della sostituzione dell’originario accertamento, atteso che la motivazione dell’atto sostitutivo (riprodotto, senza contestazioni, nel ricorso per cui si procede) si apre proprio con tale esplicita premessa.

6.1. Va quindi accolto il ricorso e la sentenza impugnata va cassata.

Deve peraltro darsi atto che, nel ricorso di primo grado avverso l’atto sostitutivo (riprodotto, senza contestazioni, nel ricorso per cui si procede), la contribuente ha espressamente escluso di trattare il merito della pretesa tributaria, limitando le sue censure all’asserita illegittimità dell’esercizio, da parte dell’Amministrazione, del potere di autotutela sostitutiva, in costanza della pendenza del giudizio avverso l’atto sostituito.

In conseguenza di tale espressa limitazione della materia del contendere, conseguente a scelta della contribuente e non necessitata, per le ragioni già esposte, dall’esercizio legittimo dell’autotutela, non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto e la causa può essere decisa in questa sede con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

5. Le spese del merito si compensano per le ragioni ante già esposte.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente;

compensa le spese dei giudizi di merito;

condanna la controricorrente a rifondere alla ricorrente le spese di lite del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2020

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