Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 12478 del 16/06/2016

Cassazione civile sez. II, 16/06/2016, (ud. 11/05/2016, dep. 16/06/2016), n.12478

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29528-2011 proposto da:

F.G., (OMISSIS), B.N.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI

SCIPIONI 132, presso lo studio dell’avvocato GIANDOMENICO RIGGIO,

che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5,

presso lo studio dell’avvocato LAURA TRICERRI, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato ARONNE BONA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 841/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 07/07/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/05/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato RIGGIO Giandomenico, difensore dei ricorrenti che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per l’accoglimento del primo gruppo di

motivi che riguardano la questione procedurale, assorbiti restanti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 B.N. e F.G., proprietari di un appartamento in (OMISSIS), con atto 13.12.1990 convennero in giudizio davanti al Tribunale di Bergamo Fa.Em., lamentando la realizzazione, da parte della convenuta, di una sopraelevazione a distanza illegale dalle vedute degli attori, nonchè la realizzazione di un piano mansardato, di stillicidio nella soffitta e nel ripostiglio degli istanti con pregiudizio per la statica e ancora infiltrazioni d’acqua.

Domandarono pertanto la riduzione in pristino e il risarcimento dei danni.

La convenuta eccepì il difetto di legittimazione passiva dichiarando di non essere proprietaria dell’immobile.

Chiamato in causa, si costituì anche M.G., coniuge della Fa., contestando le pretese degli attori.

2 I1 Tribunale di Bergamo, con sentenza depositata il 9.10.2007 rigettò la domanda nei confronti della Fa. per difetto di legittimazione passiva, condannando invece il M. alla riduzione in pristino e al risarcimento dei danni.

La Corte d’Appello di Brescia con sentenza depositata il 7.7.2011, nella contumacia degli appellati accolse parzialmente l’impugnazione del M..

3 I1 B. e la F. ricorrono per cassazione con nove motivi a cui resiste con controricorso il M..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1 Col primo motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 170, 291 e 330 c.p.c.. Inesistenza dell’atto di appello e del giudizio di appello. Rilevano in proposito che l’impugnazione venne notificata presso l’avv. Luigi Ferrajoli il quale però non era più il difensore domiciliatario, avendo rinunziato all’incarico e alla domiciliazione, come risulta dall’atto di rinunzia e dal verbale di udienza in cui venne comunicata anche la nomina, in sostituzione, dell’avv. Giancarlo Greco anche come domiciliatario. Ritengono che la notifica eseguita presso l’avv. Ferrajoli sia affetta da inesistenza e che di conseguenza la Corte d’Appello avrebbe dovuto dichiarare l’inesistenza della notifica e dell’intero giudizio di appello, con conseguente formazione del giudicato con riferimento alla sentenza di primo grado.

2 Col secondo motivo i ricorrenti denunziano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4 la nullità della sentenza o del procedimento in relazione agli artt. 171, 291 e 330 c.p.c.. In caso di mancato accoglimento del primo motivo, i ricorrenti chiedono dichiararsi la nullità della sentenza o del procedimento di appello, disponendo che l’appellante notifichi nuovamente l’atto di citazione in appello agli appellati (qualora non decaduto).

3 Col terzo motivo i ricorrenti denunziano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 contraddittoria motivazione su fatti decisivi in relazione agli artt. 170, 291 e 330 c.p.c. determinata da due passaggi illogici decisivi nel ragionamento della Corte d’Appello.

Sempre in via subordinata, i ricorrenti osservano che l’erronea dichiarazione di contumacia degli appellati si è riflettuta sulla falsa convinzione che gli stessi non abbiano inteso difendersi (con riferimento alla discriminazione tra luce e veduta e al tema dell’extra e ultrapetizione riferita alla gronda del tetto e alla copertura secondo il progetto approvato).

4 Col quarto motivo i ricorrenti denunziano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 contraddittoria o illogica motivazione su fatti decisivi in relazione agli artt. 170, 291 e 330 c.p.c. determinata da due passaggi illogici decisivi nel ragionamento del giudice di appello.

Si sostiene che la Corte d’Appello ha deciso la causa senza avere nel fascicolo di ufficio documenti decisivi, quali il supplemento di CTU svolto in primo grado e le conclusioni rassegnate sempre in primo grado degli odierni ricorrenti, allora appellati, come risulta da certificazione di cancelleria.

5 Col quinto motivo i ricorrenti denunziano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 violazione o falsa applicazione degli artt. 156, 157, 160, 161, 162, 170, 291, 294 e 330 c.p.c.: chiedono in sostanza di essere rimessi intermini per espletare le loro difese in grado di appello e quindi domandano la regressione del procedimento in grado di appello e l’ordine all’appellante di notificare nuovamente l’atto di citazione in appello agli appellati odierni ricorrenti.

6 Col sesto motivo si denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 falsa applicazione dell’art. 904 invece dell’art. 907 c.c..

7 Col settimo motivo i ricorrenti denunziano, violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3 in relazione alla ritenuta il vizio di extra e ultrapetizione riguardo alla gronda del tetto e alla copertura secondo il progetto approvato con condono (salvo diritti dei terzi) della conc. edilizia 1131/1980 con eliminazione delle due gronde intermedie realizzate tra il colmo del tetto e le gronde del fabbricato.

8 Con l’ottavo motivo i ricorrenti denunziano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della sentenza in relazione agli artt. 904 e 907 c.c., artt. 101, 160, 161, 162, 170, 291 e 330 c.p.c..

9 Col nono motivo, infine i ricorrenti denunziano, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5 contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo della sentenza in relazione agli artt. 99, 101, 112, 160, 161, 162, 170, 291 e 330 c.p.c..

10 Il primo motivo è fondato.

Come costantemente affermato da questa Corte, la notifica eseguita presso il procuratore cui sia stato revocato il mandato e sostituito da un altro è inesistente – come tale insuscettibile di sanatoria ai sensi dell’art. 291 c.p.c. – una volta che nel giudizio la controparte abbia avuto conoscenza legale della sostituzione (v. tra le varie, Sez. 3, Sentenza n. 759 del 19/01/2016 Rv. 638542; Sez. 5, Sentenza n. 13477 del 27/07/2012 Rv. 623663; Sez. 3, Sentenza n. 3338 del 11/02/2009 (Rv. 606541; Sez. 2, Sentenza n. 3964 del 18/02/2008 Rv. 601834). Infatti, la notifica effettuata al precedente difensore si compie presso persona ed in luogo non aventi alcun riferimento con il destinatario dell’atto, giacchè, una volta intervenuta la sostituzione del difensore revocato, si interrompe ogni rapporto tra la parte ed il procuratore cessato, e questi non è più gravato da alcun obbligo, non operando la proroga che si accompagna alla semplice revoca del mandato senza la nomina di nuovo difensore (v.

sentenze citt.).

Tale principio vale logicamente anche nel caso (come quello in esame) di rinunzia al mandato da parte del difensore domiciliatario, essendo le due ipotesi perfettamente sovrapponibili quanto agli effetti della notifica dell’impugnazione.

Il caso di specie presenta anche un’ulteriore peculiarità: gli attori erano assistiti anche da un altro difensore di fiducia, l’avv. Di Giovine (circostanza assolutamente pacifica in atti) e quindi la rinunzia al mandato dell’avv. Ferrajoli, anche in caso di mancanza di una formale sostituzione, non avrebbe comunque lasciato sguarnita la difesa della parte.

Orbene, dagli atti del giudizio di primo grado – che la Corte di Cassazione è abilitata a consultare in ragione della natura procedurale della censura in esame – risulta che il 14.10.2003 l’avv. Luigi Ferrajoli, domiciliatario degli attori e difensore degli stessi unitamente all’avv. Daniela Di Giovine depositò rinunzia all’incarico professionale (v. atto di rinunzia).

Dal verbale di udienza in cui la causa venne introitata in decisione, risulta che il nuovo domiciliatario era l’avvocato Giancarlo Greco, “come da delega depositata in atti” e che gli attori avevano un difensore di fiducia.

Ciò dimostra – in mancanza di querela di falso contro il predetto verbale – che il difensore del convenuto aveva avuto piena conoscenza legale della rinunzia all’incarico di uno dei due difensori degli attori e del mutamento della domiciliazione.

L’atto di appello, invece, venne ugualmente notificato dal M. presso l’avvocato Ferrajoli in via Locatelli 25, Bergamo, cioè presso il difensore che aveva rinunziato al mandato e alla domiciliazione affidata ad altro difensore (l’avv. Greco, appunto).

Eppure, una semplice consultazione degli atti di causa, avrebbe sicuramente permesso all’appellante di rilevare l’intervenuto mutamento della domiciliazione, ma ciò non è avvenuto, essendosi l’appellante affidato unicamente all’indicazione del domiciliatario risultante dalla intestazione erronea della sentenza di primo grado, classico errore materiale che però non vale certamente a rimediare alla inesistenza della notificazione dell’impugnazione, disciplinata da regole ben precise contenute nell’art. 330 c.p.c. a norma del quale l’impugnazione si notifica nel luogo indicato nell’atto di notificazione della sentenza, oppure presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto per il giudizio (ipotesi, quest’ultima, ricorrente nel caso di specie, posto che la sentenza di primo grado non venne notificata ai sensi dell’art. 285 c.p.c.). Del resto, questa Corte da lungo tempo ha affermato che in caso di mutamento del domicilio eletto, per la notifica degli atti successivi (nella specie, l’atto di appello), si deve fare riferimento al domicilio eletto per ultimo, anche se nell’intestazione della sentenza sia stato erroneamente indicato il domicilio originariamente eletto (v. sez. 3, sentenza n. 852/1950 Rv 881447).

La giurisprudenza citata dal controricorrente a pag. 16 non coglie nel segno perchè si scontra col consolidato orientamento sopra riportato.

Per quanto esposto, deve cassarsi senza rinvio la sentenza impugnata ai sensi dell’art. 382, u.c. con conseguente declaratoria di inammissibilità dell’appello proposto da M.G..

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti gli altri;

cassa la sentenza impugnata senza rinvio in relazione al motivo accolto e dichiara inammissibile l’appello proposto da M. G. nei confronti di B.N. e F.G..

Condanna il controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in complessivi Euro 3,200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 16 giugno 2016

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